di Gianfilippo Maiga
10 DOMANDE + 1 A….RICCARDO GHEDIN
In questi giorni Kim Clijsters ha rilasciato un’intervista al Guardian, parlando tra l’altro del suo rapporto, vissuto positivamente, con un padre sportivo famoso. Il pensiero è corso a Riccardo Ghedin, tennista romano e, a sua volta, figlio di tanto padre (Pietro, ex- giocatore della Lazio). Ne è nata un’intervista a più vasto raggio, dove sono emerse le difficoltà che un giovane professionista oggi deve superare per imporsi.
1) Innanzitutto facciamo il punto. Come stai, tennisticamente parlando? Cosa ti ha fatto perdere terreno nel ranking mondiale, (scendendo da 220 Atp a circa 340)?.
Purtroppo lo scorso anno ho giocato poco, complice principalmente un infortunio alla spalla che mi ha tenuto fuori dai campi per 3 mesi e mezzo, ma, poiché le disgrazie non vengono mai da sole, sono incorso anche in altri acciacchi, che mi hanno obbligato a soste da 2 settimane ognuno, con inevitabili riflessi sulla mia condizione. Per quel poco che ho giocato, comunque, ho sempre giocato bene raccogliendo punti che mi permettono di ricominciare quest’anno in una buona posizione in classifica.
2) Sei cresciuto tennisticamente con Tellini e per qualche tempo ti sei allenato al Forum di Roma, in una struttura che faceva riferimento a Pistolesi, (quando seguiva Simone Bolelli). Poi quel gruppo si è disgregato, per le note vicende, e hai deciso di continuare con Fabrizio Falciani. Come mai questa decisione e cosa è cambiato?
Falciani e Tellini hanno sempre fatto entrambi parte del mio team. La mia stima per Tellini è alta: lo reputo un ottimo allenatore, anche perché in fondo gran parte della mia crescita è anche opera sua. Non ci sono quindi motivi tecnici particolari che mi hanno indotto a cambiare e la decisione di separarci non è nata da me. Purtroppo tra loro si è sciolto il sodalizio professionale e io ho dovuto fare una scelta, che è caduta su Falciani. Fabrizio è d’altronde a sua volta molto competente e aperto, e conosce le problematiche che un giocatore deve affrontare nel suo percorso professionistico.
3) Ti senti e sei un giocatore da veloce e, in effetti, la tua programmazione del 2011 è essenzialmente imperniata su tornei su superficie “hard”. È complicato scegliere un percorso così “specialistico”? Ripeterai l’esperienza nel 2012? Come ti trovi sulle superfici sintetiche odierne, che rispetto al passato sono più lente (slow hard courts)?
Premetto che mi sento un giocatore completo, che gioca a tutto campo e ha tante frecce nel suo arco a disposizione. Fatta questa premessa è vero che mi esprimo meglio sul veloce, e in particolare sul cemento. Non nascondo che, specie a livello di tornei Challenger, seguire una programmazione imperniata su tornei con quella superficie non è agevole: occorre viaggiare molto e spesso fuori Europa. Probabilmente per chi gioca i Futures ci sono meno problemi, poiché il numero degli eventi è maggiore. Viaggiare, però, per chi è “professionista” è una variabile messa in conto al momento di intraprendere l’attività. Per il 2012 vedrò il da farsi sulla base del calendario completo. Quanto ai nuovi campi in duro, è effettivamente vero che i campi sono più lenti e ne nascono scambi alcune volte più lunghi e faticosi persino di quanto succede sulla terra. Queste superfici non mi entusiasmano sinceramente, ma provo ad abituarmici il più possibile. Purtroppo questo è uno sport fatto di mille variabili e bisogna adattarsi continuamente a nuove situazioni, non sempre congeniali.
4) La tua formazione tennistica da junior ha previsto una limitata partecipazione a tornei internazionali juniores. Perché? Li ritenevi poco interessanti o c’erano altre motivazioni?
Ho incominciato a giocare a tennis a 12 anni: un’attività junior internazionale quindi all’inizio mi era preclusa, poiché dovevo colmare un gap significativo con gli altri. A 16 anni avrei avuto il livello per giocare, ma a quel punto ho preferito disputare open nazionali invece che itf under 18. Ritenevo i primi più formativi, perché mi permettevano di confrontarmi già con persone più grandi e tennisticamente formate di me.
5) Hai come padre uno sportivo famoso. Kim Clijsters, anche lei figlia di un famoso calciatore, ha appena rilasciato un’intervista nella quale, pur ammettendo di aver compreso appieno l’importanza del ruolo di suo padre, fa capire l’influenza che il suo genitore ha avuto su di lei e come continui ad essere un punto di riferimento. È lo stesso anche per te? In che modo tuo padre ha seguito la tua carriera sportiva? Che dire. È stato un grande atleta e professionista. Ho seguito il suo esempio fin da piccolo, quando mi era molto vicino. Adesso che sono adulto, naturalmente, mi lascia libero di andare per la mia strada. Chi mi segue ancora tanto e mi fa, mi si passi il termine scherzoso, (anche se poi in fondo è così), da”segretaria”, è mamma. Quando mi trovo in paesi un po’ strani o quando sono già in volo è devo arrivare alle 2 di notte in un posto lei mi aiuta da un punto di vista organizzativo. Per le situazioni un po’ più semplici ci penso io, invece. Tengo a dire che sarò sempre grato alla mia famiglia per tutto l’appoggio che mi ha dato. Senza di loro sarebbe stato tutto più difficile.
6) Con chi usciresti tra
– Carolina Wozniacki
– Venus Williams
– Maria Sharapova?
Non ho dubbi: con la Wozniacki
7) Roma o Lazio?
Lazio, sennò mi cacciano di casa!
8) Quali sono i tuoi programmi e obiettivi per il 2012? Continuerai ad alternare Challengers a qualificazioni di tornei del circuito maggiore? Cosa pensi dell’attuale distribuzione di punti fra Challengers e tornei più alti? La trovi equilibrata? Che impatto avrà sulla tua programmazione, se ne avrà, l’attuale crisi, che riduce il numero di tornei e quindi di opportunità per fare punti? Parla delle difficoltà o di situazioni particolari che illustrano la vita di un tennista che gioca al di fuori del circuito più alto.
Incomincerò con tornei tranquilli, (dei Futures in Turchia), dopodichè solo Challenger e Atp . Mi sento pronto e ci voglio provare. Quanto alla suddivisione dei punti, mi sembra equilibrata, anche se sinceramente cerco di pensarci il meno possibile. Penso banalmente che se giochi bene i punti arrivano. La crisi che falcidia i tornei mi sembra più interessare l’Italia che altri Paesi. Gioco tornei prevalentemente all’estero e per il momento non ho notato nessuna diminuzione dei tornei sul calendario .E’ invece senz’altro vero che chi oggi ci vuole provare, partendo dal gradino più basso, deve essere consapevole che esistono difficoltà sempre maggiori. I Futures non sono certo rose e fiori, anzi. Sono una bolgia infernale piena di giocatori che vogliono sfondare. Con organizzazioni precarie (pochi campi di allenamento, hotel spesso lontani dal circolo, cibo indecente, spogliatoi con acqua fredda e sporchi). Non sempre è cosi ma capita spesso. E bisogna essere pronti a tutto..
9) Hai partecipato alle qualificazioni di Tornei del Grande Slam. Qual è la tua esperienza in merito?
I tornei dello slam sono naturalmente tutt’altra cosa. Campi perfetti, organizzazione pazzesca e tanto altro. E poi la gente … Tanta gente… Un fiume di gente che rende difficile persino il passaggio dallo spogliatoio ai campi di allenamento! Io sono stato bravo nel 2009 a raggiungere il Main Draw a Wimbledon. Semplicemente: un’esperienza che non scorderò mai.
10) Hai un sogno nel cassetto?
Battere Federer, il piu forte di tutti i tempi.
+ 1
Elenca i fattori che secondo te sono più importanti per la crescita di un tennista che affronta il circuito professionistico, commentando le tue scelte.
Passione. Devozione. Impegno. Professionalità.
Passione: ti deve piacere il gioco del tennis. Se lo fai con frustrazione lascia stare, non fa per te.
Devozione: alzarsi la mattina, sapere che giocherai a tennis ogni giorno e farlo con la stessa passione del primo.
Impegno: il talento non basta più al giorno d’oggi. Bisogna allenarsi duro per raggiungere gli obbiettivi.
Professionalità: essere pronti a fare delle rinunce. E parlo di bevute con amici tardi la sera e donne. Tutto ciò va limitato molto o gestito molto bene..
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