(Daniele Garbo e Adriano Panatta)
di Adamo Recchia
Abbiamo avuto la fortuna di intervistare Daniele Garbo, noto giornalista di Mediaset. Ci ha raccontato di quando, dopo la laurea conseguita in Economia, ebbe l’occasione nel mondo del tennis e di come, da lì, nacque la sua splendida carriera. Fu proprio il “nostro” sport a permettere a Daniele di spiccare il volo portandolo alla direzione di due giornali del settore.
Quando hai capito che il giornalismo sarebbe diventata la tua professione?
“Da tennista mancato per totale assenza di talento, cominciai a fare il dirigente nel circolo dove giocavo, la Canottieri Padova. Lì entrari in contatto con la rivista “Match Ball” con la quale cominciai a collaborare come corrispondente dal Veneto. Nel frattempo mi avviavo verso la laurea in Economia all’università di Venezia Ca’ Foscari e mentre preparavo la tesi mi resi conto che non avrei mai messo in pratica quello che avevo studiato, ma avrei cercato di fare il giornalista. Mi affascinava tutto di quel mondo che conoscevo ancora poco, soprattutto la possibilità di viaggiare. Sono stato fortunato a trovare gente che ha creduto in me e ho fatto il mestiere più bello del mondo”.
Hai diretto la rivista “Tennis”. Cosa puoi raccontarci di quella esperienza?
“Era l’autunno del 1977 e stavo prestando servizio militare a Bologna, quando la Federazione Italiana Tennis mi prospettò la possibilità di creare dal nulla una rivista con periodicità mensile. In poche settimane mettemmo in piedi la struttura, trovammo la tipografia e ricordo con emozione quando a febbraio del 1978 mi trovai tra le mani il primo numero, del quale ero direttore responsabile. In un certo senso era il coronamento di un sogno”.
In seguito hai diretto anche la rivista MatchBall…
“Fu la naturale prosecuzione dell’esperienza di “Tennis”. Quando l’editore di Match Ball mi propose di assumerne la direzione mi sembrò di tornare a casa, perchè era proprio lì che era cominciato tutto. Si chiudeva il cerchio: da lettore a collaboratore a direttore. Era la dimostrazione che con determinazione e un pizzico di fortuna anche i traguardi più impensabili possono essere raggiunti”.
Quale evento tennistico ricordi con maggiore emozione?
“Ho visto tanto tennis in tutto il mondo. Ricordo la prima volta che misi piede nella tribuna stampa del mitico centrale di Wimbledon, che vedevo in tv in bianco e nero quand’ero bambino. Fu un emozione grandissima. Ma sicuramente il ricordo che ancor oggi è vivo nella mia mente è la finale della Coppa Davis del 1976 a Santiago del Cile, che l’Italia conquistò per la prima (e unica) volta. Fu un’esperienza indimenticabile per un sacco di motivi. E consideriamo che allora le distanze erano davvero enormi, eravamo dall’altra parte del mondo e le comunicazioni non erano così facili come oggi, dato che i cellulari non esistevamo neppure nella testa di chi li avrebbe inventati”.
Tra i giocatori di un tempo per chi tifavi e perché?
“Ho visto giocare Rod Laver, che a mio avviso è uno dei più grandi della storia del tennis. E’ stato vedendo i suoi trionfi in televisione a Wimbledon che ho cominciato ad amare questo sport. Ma poi ho visto giocare negli anni tutti i migliori: da Borg a Vilas a Sampras, a McEnroe a Edberg a Becker. Senza dimenticare naturalmente Adriano Panatta, col quale i rapporti non sono stati sempre facili, anche se abbiamo finito per diventare amici”.
Qual è l’intervista che è rimasta nel tuo cuore?
“Un’intervista a Panatta, fatta a Reggio Emilia a casa di un comune amico che non c’è più, Chiarino Cimurri. Eravamo io e lui da soli, dormimmo lì e Adriano cucinò. Lui si aprì veramente e solo allora capii veramente il campione e l’uomo”.
Tra gli attuali tennisti del circuito Atp e Wta chi ammiri maggiormente?
“Troppo facile rispondere Federer. Non so se sia il più grande di sempre, ma senza dubbio la sua classe, la sua eleganza, il suo modo di stare in campo sono unici. Tra le donne non esiste un personaggio come Roger. Diciamo che la mia preferita è Ana Ivanovic. I motivi ? Basta guardarla”.
Hai mai giocato? Qual era il tuo colpo migliore?
“Giocare è una parola grossa. Diciamo che ho usato la racchetta con risultati inesistenti. Non avevo un colpo migliore. Non avevo proprio un colpo”.
Nella tua lunga e prestigiosa carriera ti sei occupato di calcio. Quali differenze trovi tra questi due sport?
“Sono due sport agli antipodi: uno individuale, l’altro di squadra. Diciamo che nel tennis è più facile trovare personaggi intetressanti, mentre i calciatori sono piuttosto irregimentati e controllati da società, allenatori, procuratori. E poi è più facile intervistare Federer o Djokovic che Cristiano Ronaldo e Messi”.
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