di Giulia Rossi
Francesco Borgo si è tolto una grande soddisfazione staccando il pass per il torneo di prequalificazione agli Internazionali BNL d’Italia, in programma a Roma dal 30 aprile al 5 maggio. Il tennista di Verona, a quasi 31 anni, arriva in finale all’Open BNL di Rovereto e respirerà per la seconda volta in carriera l’aria frizzante del Foro Italico, cercando di assaporare il più possibile da questa nuova, preziosa esperienza. La sua storia tennistica è tutta racchiusa in soli 5 anni: ottimo a livello under 14, dopo la laurea in Biologia Molecolare si dedica al professionismo e conquista 14 titoli ITF, tutti in doppio, disciplina in cui raggiunge il best ranking alla posizione 275 nel 2014.
Ascolto Francesco e subito la cadenza tipica delle mie parti mi strappa un sorriso, mentre mi racconta della sua carriera divisa a metà, tra la passione per il tennis e gli studi universitari.
Com’è andato il torneo a Rovereto e quali sono stati gli avversari che hai affrontato?
Ho deciso di iscrivermi a Rovereto perché si giocava sul veloce, che a me piace molto. Sono partito dagli ottavi, ho fatto molta fatica alla prima giornata e ho rischiato anche di perdere contro un ragazzo che gioca bene (Lorenzo Di Maro, 2.4) ma l’ho scampata per un pelo, 6-7, 6-3, 6-4 al terzo. Poi sono entrato in palla e ho cominciato a giocare molto bene. Ho vinto ai quarti con Marco Pedrini e in semifinale ho giocato una bella partita contro Giacomo Oradini, che era numero 1 del tabellone, lui ha giocato meglio di me ma io sono stato più concentrato nei momenti chiave. Purtroppo l’organizzazione del torneo ha previsto un doppio turno: ho giocato semifinale e finale nello stesso giorno, è il problema di questi tornei. In finale con Davide Della Tommasina ero avanti 7-5, 4-3 con palla per il 5-3 ma ho perso il secondo set; al terzo mi è comparso un dolore alla gamba che già avevo e mi sono dovuto ritirare. Ho giocato anche a Vicenza questa settimana e anche lì erano previsti doppi turni e se giochi anche il torneo di doppio diventano tripli. Quest’anno non mi sto più allenando tanto perché sto lavorando a tempo pieno quindi accuso abbastanza i turni molteplici.
È il primo anno che ti qualifichi per il Foro o hai già fatto questa esperienza?
No, il primo anno che avevano organizzato questi tornei di prequalificazione avevo vinto un torneo a Verona e mi ero qualificato. Il mio desiderio era qualificarmi per far parte degli Internazionali, anche se nel torneo di prequalificazioni, comunque fa piacere avere la possibilità di parlare con dei coach importanti, di giocare contro qualcuno più forte di te e poi dai, c’è sempre la chance di qualificarti! Si respira un’aria totalmente diversa e si sente la differenza abissale di un torneo ATP. Ci tenevo davvero tanto, infatti a Vicenza ho provato a qualificarmi anche in doppio col mio amico Nicola Ghedin.
Cosa ne pensi di questi tornei Open BNL e di come sono organizzati?
L’iniziativa mi piace molto, probabilmente anche se non ci fosse stato il montepremi almeno un torneo l’avrei giocato; col fatto che c’è anche il montepremi ne gioco cinque in tutto. Se vinci il torneo guadagni più di qualsiasi altro torneo Open che si gioca in Italia e il livello infatti è saltato tantissimo. A Rovereto era molto alto, a Vicenza ancora di più: questo garantisce che a Roma ci arrivino giocatori di alto livello mentre prima poteva arrivare qualcuno che magari non aveva i numeri per giocarlo. Per quanto riguarda l’organizzazione alla fine sono sempre tornei Open, quindi si va a finire col fare doppi turni, c’è sempre un po’ di confusione ma è la struttura stessa degli Open che è così, non si tiene conto di quanti campi ha il circolo, spesso ci si può iscrivere anche a torneo iniziato, quindi dovendo poi rispettare delle date di fine torneo si arriva come a Vicenza a giocare addirittura dei tripli turni. Questo avvantaggia chi gioca a livello professionistico, ma non è il massimo perché può portare anche a degli squilibri tra le partite. Nel mio caso non è affatto vantaggioso!
Quali sono i tuoi prossimi impegni dopo le prequali di Roma?
Da quest’anno ho cominciato a pensare più come allenatore, fino allo scorso anno ho sempre messo il giocatore in primo piano rispetto all’allenatore. Sto seguendo due ragazzi di 18 anni e insegno in alcuni circoli. Per ora il mio obiettivo più vicino è il campionato a squadre che gioco col CT Vicenza, poi la mia attività agonistica è subordinata alla programmazione che faccio per i miei ragazzi, nel senso che andremo a fare dei tornei in cui proverò a mettermi in gioco anche io. Il passaggio da giocatore ad allenatore non è così immediato, ogni volta che scendo in campo cerco sempre di dare il massimo e ci rimango ancora male quando perdo. Giocherò altri due BNL a Bologna e a Brescia, finita la gara a squadre gireremo per Futures in Italia e all’estero con un gruppetto di ragazzi abbastanza numeroso per cercare di raccogliere i primi punti ATP. Quest’anno alleno i ragazzi al CT Vicenza, poi lavoro a Verona e a Bardolino ma giro anche altri circoli. Dall’anno prossimo però cercherò una base dove allenare i ragazzi stabilmente, anche perché attualmente mi faccio 180 km al giorno.
Tutti i tuoi 14 titoli sono arrivati in doppio. Quali sono i pregi e difetti di avere due carriere parallele?
A livello tecnico sicuramente giocare in doppio ti fa migliorare anche nel singolo, infatti sto obbligando i miei ragazzi a giocarlo! Capisci molte cose a livello tecnico e tattico, impari a giocare bene al volo e ad anticipare le mosse dell’avversario, a capire dove risponde meglio, che colpo gioca meglio di un altro. Ovviamente a livello di programmazione può essere svantaggioso ma questo è un problema che si pone a carriera già ben avviata, quando devi decidere se specializzarti o no; nel mio caso ho giocato molti doppi anche per la mia personalità, mi piace condividere le emozioni con qualcun altro. Forse ero più adatto per uno sport di squadra! In singolo non ho mai vinto un titolo, un po’ perché l’impegno fisico è decisamente diverso, un po’ forse per la mia attitudine mentale più portata a una competizione a squadre, infatti rendo molto meglio nella gara a squadre.
La soddisfazione più grande che ti sei tolto in carriera.
L’anno scorso ho giocato molto bene in Sardegna a Santa Margherita di Pula, dove ho raggiunto la semifinale in singolo, traguardo che ho sempre cercato in maniera quasi, come dire…ossessiva! Tantissime volte ho perso ai quarti di finale contro chi poi vinceva il torneo, invece l’anno scorso ho battuto la testa di serie numero uno a trent’anni. È stato un traguardo che mi ha appagato parecchio.
Quando un giocatore arriva a trent’anni c’è ancora margine di miglioramento tecnico o è tutta una questione di preparazione atletica?
Il miglioramento tecnico c’è sempre, io gioco onestamente meglio adesso rispetto a qualche anno fa. Sarebbe perfetto se avessi la testa e il tennis di adesso ma l’energia di qualche anno fa. Purtroppo pago il fatto che ho cominciato a giocare molto tardi perché prima ho fatto l’Università, il mio primo Future l’ho disputato a 25 anni quindi ho solo 5 anni d’esperienza. Al di là della componente fisica anche le scelte di vita che si fanno a questa età sono diverse. Se avessi iniziato a 18 anni, come i ragazzi che sto seguendo, dopo 5 anni avrei avuto 23 anni e sarei comunque nel pieno delle mie forze.
Un tennista dottore! In cosa ti sei laureato?
Io sono laureato in Biologia Molecolare a Padova e il 7 aprile mi laureo in Scienze Motorie. Mi sono iscritto non tanto per il titolo ma quando ho capito che volevo seguire questi ragazzi in modo professionistico volevo avere delle basi scientifiche per sapere come allenarli.
Per te il tennis è ancora un divertimento o è totalmente un lavoro?
Tutti e due, è un lavoro ed è anche un divertimento. Ho la fortuna di poter lavorare seguendo la mia passione. Dopo la Laurea in Biologia avevo provato a lavorare in quel settore ma mi mancava qualcosa. Mi è piaciuto molto studiare ma in quell’ambito lavorativo non mi sentivo nel posto giusto. Invece in mezzo al tennis mi sento competente, pieno di entusiasmo e di energia. Ho sempre giocato a tennis fin da quando ero piccolo, mio papà è maestro, da under 14 ero anche forte ma ho avuto uno sviluppo molto tardivo, a 16 anni fisicamente ero ancora un bambino e ho perso il treno dei più forti. Sono sempre rimasto attaccato al tennis ma non ho mai pensato prima che potesse diventare il mio lavoro. Poi finita l’Università ho passato un anno molto duro lavorando in una ditta farmaceutica, così ho deciso di prendermi un anno sabbatico e invece di girare il mondo ho fatto un anno da tennista. In un attimo ho capito cosa mi rendeva davvero felice.
In bocca al lupo a Francesco, per il suo torneo romano, per la prossima laurea e per il suo viaggio alla ricerca della felicità.
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