di Luca Fiorino (@LucaFiorino24)
Il serve and volley è uno stile di gioco ormai superato o in realtà potrebbe ancora oggi portare qualche beneficio? Quali sono le caratteristiche tecniche e non solo che vengono maggiormente premiate sui prati verdi? Com’è cambiato il tennis su erba negli ultimi 15-20 anni? Abbiamo chiesto questo e molto altro ancora a due ex specialisti dei campi in erba come Mosè Navarra, oggi responsabile FIT under 18 maschile, e Massimo Dell’Acqua, tecnico nazionale attualmente all’interno del team dell’Arezzo Tennis Accademy.
La fine dei tornei sulla terra battuta coincide con l’inizio della stagione sull’erba. Spesso ci si chiede quanto tempo occorra per una adeguata preparazione e ciò comporta in genere problemi d’adattamento che possono variare a seconda dei soggetti coinvolti.
“Il problema dell’adattamento non è un problema di tempo ma di caratteristiche – ci spiega Mosé Navarra-. E’ ovvio che uno con caratteristiche che non si adattano a quel tipo di superficie ha bisogno di più tempo ma magari dopo un po’ di allenamento e di partite si inizia ad avvertire sin da subito buone sensazioni. Poi c’è chi va a giocare sull’erba e dopo un giorno ha già trovato il feeling giusto e chi riscontra maggiori intoppi. Ritengo che sia un aspetto molto soggettivo. Non c’è dunque una regola specifica sull’adattarsi o meno all’erba e credo che valga per tutte le superfici in generale. Molti pensano che giocare sull’erba sia come andare sulla luna, io penso che chi gioca bene a tennis poi riesce bene o male ad adattarsi da qualsiasi parte e la prova più lampante è Rafael Nadal, fresco vincitore di Stoccarda e di Wimbledon negli anni passati”.
E’ dello stesso avviso Massimo Dell’Acqua che ci spiega inoltre nel dettaglio cosa cambi tecnicamente nel passaggio dalla terra ai manti erbosi.
“Ciò che cambia maggiormente nel passaggio dalla terra all’erba è il rimbalzo, sull’erba tende a scendere e ti schizza velocemente addosso. Sull’erba inoltre più movimenti fai brevi e decisi più questi sono efficaci, al contrario della terra dove serve più spinta ed un movimento un pochino più ampio. Si utilizzano quelle scarpe con quei tacchetti che in teoria hanno un pochino più di presa. Ricordo che anni fa uscirono delle scarpe comode anche sulla terra ma che vennero immediatamente vietate, avevano più aderenza con tacchetti piccoli di gomma. Sono inoltre del parere che un giocatore ormai evoluto si adatta all’erba così come si adatta ad un fuso orario. Non credo che sia necessaria una preparazione specifica per l’erba, io personalmente non ho mai avuto problemi di questo tipo. Credo basti un match per trovare subito gli adattamenti ideali, ognuno poi ha i suoi tempi ed inoltre non tutti i campi in erba sono tra loro uguali”.
Spesso però ciò che è giusto fare sulla terra o sul cemento ha delle controindicazioni di una certa rilevanza sull’erba. E’ giusto dire che un giocatore debba in un certo qual modo snaturare il proprio tipo di gioco?
Ogni giocatore deve essere bravo ad adattare le proprie caratteristiche alla superficie cercando di ottenere il massimo dal proprio bagaglio tecnico e tattico – sottolinea il responsabile FIT under 18 maschile -. Faccio l’esempio di Gianluigi Quinzi visto che ero con lui quando vinse Wimbledon juniores. Gianluigi aveva le caratteristiche perfette per giocare sull’erba. Si muoveva benissimo riuscendo a stare molto basso nonostante l’altezza e nei colpi di rimbalzo aveva una penetrazione incredibile, specialmente dal lato del rovescio, eppure a rete ci andava davvero poco. Bisogna abituarsi mentalmente a giocare in maniera diversa. La volèe è preferibile giocarla più corta che non a 10 cm dalla riga di fondo campo, questo perché rimbalza meno e per l’avversario correre in avanti diventa estremamente difficile.
Note ai più sono le caratteristiche tecniche e tattiche che meglio si prestano ad un gioco su erba quali una buona abilità a rete, bravura nelle variazioni a servizio e da fondo campo e una buona predisposizione offensiva. Cos’altro potremmo aggiungere?
“Viene premiato chi ha una ottima solidità di avambraccio, chi riesce dunque a fare movimenti molto brevi ed ha una grande forza nel riuscire a colpire la palla ed a frenare il movimento. Un gesto molto rapido e bloccato è molto efficace su questo tipo di superficie – ci chiarisce Max -. A parte Federer, chi ha un rovescio a due mani da questo punto di vista è avvantaggiato su questa superficie. Un’altra qualità importante è saper variare il servizio, special modo lo slice, e i tagli in generale. Un altro aspetto che spesso si sottovaluta è il posizionamento a rete e il come si deve giocare la volée: sull’erba una volèe corta e lenta è più efficace di una lunga e veloce, poiché tende a morire. A fare la differenza al servizio sono il taglio e le rotazioni che si imprimono alla palla in modo che questa “scivoli” via. Ci sono giocatori che servono prevalentemente piatto ma che si trovano spesso in difficoltà perché poi trovano chi riesce ad impattare e trovare la risposta perfettamente”.
Stesso pensiero di Mosè Navarra, il quale rimarca le differenze che ci sono tra i campi in erba di oggi e quella di qualche anno fa.
“Si esprime bene sull’erba chi predilige un gioco offensivo ma soprattutto chi si sa muovere. Si scivola anche sull’erba, per cui chi riesce a capire bene ad acquisire la perfetta tecnica di spostamento ed a trovare i giusti appoggi ne trae sicuramente beneficio. L’erba può essere leggermente umida e di conseguenza gli appoggi sono più precari, diverso quando ovviamente è un po’ più secca. Altre considerazioni tecniche da fare riguardano una palla più penetrante, per cui una palla in top spin fa meno male ed avrà un rimbalzo meno alto, bisogna giocare di più andando verso la palla più che giocare di forza e utilizzare maggiori variazioni. Rispetto ad una volta è cambiata molto l’erba. Prima i campi erano più morbidi mentre adesso sono estremamente duri. Il taglio dell’erba è molto basso e basta guardare il colore dei campi per capire che oggi si scambia molto più da dietro. La ricerca della rete deve essere fatta in maniera diversa rispetto ad una volta, il servizio e volèe puro ormai è desueto, sono cambiate d’altronde le caratteristiche di quasi tutti i giocatori. Oggi sono tutti grandi ribattitori, battendo così forte la palla torna indietro anche molto velocemente per cui bisognerebbe servire con molti più tagli, cosa che su questa superficie paga eccome. Alla mia epoca utilizzavo molto i tagli, anche se mi rendo conto che come si giocava 10-15 anni fa è diverso da oggi. Le velocità erano inferiori ma a livello tecnico si giocava meglio perché avevamo più varietà di gioco ma allo stesso tempo eravamo meno potenti. Si interpretava dunque meglio dal punto di vista tecnico la superficie. Oggi i tennisti non snaturano più di tanto il loro stile di gioco e sembra che giocare sul cemento, sulla terra o sull’erba non faccia poi così tanta differenza, cambiano poco. Sono i dettagli che fanno la differenza su questa superficie.
Non si esime a fare un confronto tra il tennis moderno su erba e quello di un decennio fa neanche Max Dell’Acqua.
“Oggi l’erba è più lenta e le palle sono più grandi rispetto al passato. Le racchette con un piatto corde un po’ più piccolo stanno sparendo. Ciò significa che il gioco sta diventando più fisico e c’è bisogno dunque di racchette che ti aiutino di più nella difesa. Si è evoluto il gioco perché sono cambiati gli attrezzi e le palle, di conseguenza i giocatori sono più fisici e meno d’attacco rispetto ad una volta. Da Sampras si è un po’ perso questo tipo di giocatore, lo stesso Federer rimane un fenomeno ma che gioca a tutto campo, non è un giocatore d’attacco puro. Detto questo il serve and volley è uno stile di gioco ancora redditizio se usato con criterio perché conserva sempre un suo effetto sorpresa. Fare risultati ad alto livello giocando solamente serve and volley è pressoché impossibile, oggi si difende troppo bene e trovano delle soluzioni in risposta incredibili, dovute anche all’attrezzo.
Una domanda mi sorge spontanea da fare a Max. Sono i giocatori che si sono adattati all’attrezzo o viceversa?
“Bella domanda. E’ diventata un’esigenza dovuta in primis a campi più lenti e alle palle più lente. A quel punto il giocatore per avere più spinta necessitava di un attrezzo che gli desse più maneggevolezza e più capacità di riuscire a dare rotazione alla palla. Questo non vuol dire che la racchetta con piatto corde più piccola non ti dia spinta, anzi, il problema è che ci devi arrivare sempre bene con le gambe e diventa molto più faticoso. Per questo motivo un piatto corde più largo aiuta in questo senso, anche per ciò che riguarda la profondità e la traiettoria della palla. Chi è un giocatore a tutto campo è sicuramente agevolato da una racchetta di questo tipo”.
Wimbledon è ormai alle porte. In campo maschile Simone Bolelli è quello che più di tutti gli altri per caratteristiche tecniche dovrebbe ben figurare. La pensa in questo modo anche Mosè che però non vuole escludere dal lotto anche Fabio Fognini.
“A livello tecnico Simone Bolelli è quello che per caratteristiche meglio si adatta all’erba, poi dipende come si adatterà a livello di velocità negli spostamenti. Faccio riferimento all’esplosività della parte inferiore perché so che questo è un punto cruciale su cui sta lavorando molto. Questa sarà la chiave per ben figurare sull’erba. Se guardiamo a Roger Federer, il giocatore prototipo su questa superficie, sembra che danzi. Uno che se fosse convinto di poter giocare bene anche sull’erba e che se supportato da due settimane di buon servizio potrebbe disputare un buon Wimbledon è Fabio Fognini. Fabio ha una velocità di piedi e negli appoggi incredibile ed una mano educatissima. Tutto sta nella sua testa. Ci sono dei giocatori che hanno una chiusura mentale alla superficie, in particolar modo all’erba e Fabio è uno di questi. Ricordo ad esempio Safin che pensava di non potersi esprimere a buon livello fino a quando non colse la semifinale a Wimbledon. Bisogna credere nelle proprie capacità perché la forza di un giocatore sta proprio lì, adattare il proprio gioco a qualsiasi superficie. L’unico problema è che sull’erba si gioca poco rispetto le altre superfici.
Anche secondo Max è Simone Bolelli il principale candidato fra gli italiani a ben figurare nel torneo londinese.
“Tennisticamente Bolelli è quello che ha maggiori possibilità tra gli italiani di ben figurare a Wimbledon. Lo stesso Seppi si adatta bene, in fase di risposta è molto bravo ed incontra bene la palla. Il fatto che sia in fase di ripresa e quindi non ancora al top potrebbe un pochino penalizzarlo. Fabio non è propriamente il giocatore ideale per giocare sull’erba anche se può giocare bene ovunque e lui lo sa”.
Tra le donne l’ultima vittoria di Camila Giorgi a ‘s-Hertogenbosch lascia più di qualche speranza in vista dello Slam londinese. Che questo titolo possa dare una marcia in più e maggior fiducia nei suoi mezzi?
“Camila Giorgi a livello di potenziale è una giocatrice da top 10 – ci rivela Mosè -. Purtroppo combatte ancora con i suoi alti e bassi e deve migliorare nella lettura del gioco, ma di sicuro ha un potenziale enorme e le avversarie non sono mai felici di giocarci contro. Oltre a questi aspetti deve limitare i doppi falli, capisco il voler essere aggressivi ma regalare 5 game di doppi falli può costare caro, non solo a livello di gioco ma anche nervoso, soprattutto contro avversarie di una certa caratura”.
Positivo anche il parere di Max che aggiunge come il successo di Camila non sia affatto frutto del caso.
“Riflettevo sul fatto che Camila Giorgi avesse vinto il primo torneo su erba e questo ritengo non sia assolutamente un caso. Lei è una giocatrice potente che deve agire d’istinto, l’erba ti dà l’opportunità di non pensare molto e e ti leva pressione perché hai la possibilità di giocare su 2-3 colpi secchi. Su questo tipo di superficie accumuli meno stress durante lo scambio e credo che sia la superficie a lei congeniale. A volte vincere un torneo ti dà la fiducia e la consapevolezza che tu ci sei. Da lì tutto può accadere e la ragazza se lo merita perché gioca davvero bene a tennis”.
Il progetto campi veloci dovrebbe portare in futuro notevoli benefici. E’ forse un’esasperazione pensare di poter allestire anche qualche campo di erba sintetica in più?
“Sì, già il progetto che la federazione ha avuto sui campi veloci è ottimo – ci dice Max -. L’erba è un qualcosa in più, ci si adatta quando si è più grandi per cui per me non avrebbe senso. Detto questo io ho iniziato sull’erba sintetica a giocare (ride, ndr). Sarebbe bello però che in futuro questi ragazzi iniziassero a giocare ed ottenere più risultati sul veloce, visto che la maggior parte dei tornei si giocano su questo tipo di superfici. Confido molto sul progetto campi veloci…”
Dello stesso parere Mosè Navarra che però ci tiene a sottolineare come i ragazzi debbano crescere guardando meno al risultato ma più al miglioramento.
“L’erba è sicuramente utile per migliorarsi tecnicamente ma non è necessario nascerci e crescerci per vincere su questo tipo di superficie. Bisogna cercare di insegnare a giocare bene a tennis e basta, senza inculcare ai ragazzi che sia fondamentale vincere i tornei under 10. E’ preferibile perdere qualche partita perché si sta provando a variare qualcosa nel proprio gioco, perché per l’appunto si sta imparando, piuttosto che vincere tornei senza volersi migliorare. Magari non vinci alcuni punti o esci prima dai tornei ma poi qualche anno dopo ti ritrovi avvantaggiato da questo lavoro. Ci vuole più pazienza, bisogna insegnare tennis a questi ragazzi. Io dico sempre che il risultato arriva attraverso il miglioramento, mai il contrario.
Ringraziamo Mosè Navarra e Massimo Dell’Acqua per la grande disponibilità mostrataci e per la bella chiacchierata.
Leggi anche:
- None Found