(Giulia Remondina – Foto Nizegorodcew)
di Mario Polidori
Mi sto appassionando molto a questa mia avventura, mi piace raccogliere queste storie, perché oltre a tenermi ancorato al mio modo di sognare, mi arricchiscono di cose che puoi avere in regalo solo da chi ti racconta, in tutta semplicità, le proprie esperienze.
Senza fronzoli da palcoscenico.
Ed è questo, più di tutto, che mi ha colpito della storia di Giulia, la semplicità.
La sua soprattutto, straordinaria, quasi ipnotizzante mentre le parlavo.
Quello che lei ha ottenuto finora è un risultato che riempirebbe di boria molti personaggi che, per molto meno, hanno venduto meriti mirabolanti e, soprattutto, genio assoluto, che poi è quello che distingue un campione che entra nella storia di questo sport da un atleta, seppur straordinario.
Lei, no.
Misurata, timida, pacata ed in difficoltà quasi, quando io tentavo un’esplorazione intellettuale e cervellotica tipica di chi fa il mio mestiere.
Non mi accade sempre, per fortuna, ma tante volte, nel tentativo di spiegare il perché o il per come di un percorso fenomenale, ci casco, come un bambino.
Il modo di porsi e di raccontare di Giulia mi ha “costretto” a stabilire che la semplicità è un suo talento assoluto, che si riflette in tutto quello che fa e che le ha certamente permesso di disciplinare e dare qualità anche al suo tennis.
Qualche numero.
Anna Giulia Remondina, è nata a Massa, l’ 1 giugno del 1989, ha 21 anni.
Best ranking l’attuale, n° 240, e n° 582 nel 2006, primo ranking ottenuto a 17 anni.
Superficie preferita Hard, che farà felice qualcuno, dal momento che tanto si sta facendo a livello nazionale per “schiodarci” dalla terra rossa.
Il peso e l’altezza non si chiedono ad una signora ☺.
“Ho iniziato a giocare a 4 anni, a Massa, la città di origine di mia mamma, in cui sono nata, papà è bresciano.
Entrambi sportivi praticanti ed appassionati, e grazie a loro ho sempre respirato “aria pulita, sana”.
Lui faceva il calciatore e mamma giocava a tennis.
Non era l’unica in famiglia, c’erano anche altre due zie, ed una di loro, zia Cristina, faceva anche la maestra in un circolo a Marina di Carrara.
E’ lei che mi ha fatto provare la prima volta, così, per gioco, e l’ho trovato subito molto divertente, e poi mi piaceva perché si poteva “colpire forte”.
Intanto mi divertivo molto anche ad andare a ginnastica artistica, l’ho fatto per un bel po’ di tempo, finché non ho scelto di dedicarmi interamente al tennis.
Vivevamo a Cossirano e per continuare a giocare andai al Tennis Club di Castrezzato, sempre lì in provincia di Brescia, dove ho mosso i primi passi con il Maestro Valex.
Era sempre e ancora un gioco, poi a 7 anni arrivò un nuovo Maestro, Mauro Pezzi, che sostituì il primo e con il quale iniziai ad impegnarmi di più, a fare più seriamente, e cominciò a prendere forma la mia avventura, pur mantenendo la ginnastica artistica, il tennis non era ancora la mia unica attività.
A 10 anni, però, il lavoro svolto con Mauro e la mia passione sempre crescente, mi fecero decidere di smettere con la ginnastica artistica per dedicarmi completamente al tennis e di seguire lui a Cividino, dove allora era l’Accademia Vavassori, che poi si è spostata nella nuova sede di Palazzolo sull’Oglio, lì vicino comunque.
Mauro Pezzi, è stato, si può dire, il mio primo maestro ed oggi è il mio Coach, il nostro rapporto non si è mai interrotto, e questo mi ha dato la possibilità di fare un percorso lineare, senza intoppi, ed anche vicino casa.
Fino ai 13/14 anni il mio allenamento era di tre o quattro volte a settimana e le ore sono andate crescendo fino a diventare 3 per ogni seduta, tra tennis e preparazione atletica.
Dopo i 14 è andata aumentando fino ad impegnarmi tutti i giorni, almeno 3/4 ore, poi dipende su cosa mi serve lavorare in quel momento.
Credo di essere stata molto fortunata, per i genitori sportivi, per non aver dovuto fare grandi spostamenti, come residenza per esempio, di aver avuto da subito una struttura con tutto ciò che mi serviva per crescere.
Niente “sbattimenti”, come capita a moltissimi miei colleghi.
Persino la mia adolescenza non ha avuto colpi.
I miei amici hanno sempre condiviso con me le scelte, ne ho sempre avuti, e tutti mi vogliono bene.
Gli unici intoppi sono stati gli infortuni: a 14 anni una colite ulcerosa mi ha costretta ad uno stop di 4 mesi, a 19 poi è stato l’anno più difficile, protusioni alla schiena 1 mese di stop e mononucleosi 3 mesi di stop, tra l’altro d’estate, momento dei tornei, e mi ha fatto perdere un sacco di posizioni in classifica.
Doveva essere un anno importante, avevo chiuso il 2007, a 18 anni, con la posizione 419, e nel 2008 sono “piombata” alla numero 700.
Non è stato per niente facile, dopo tanti anni di lavoro, dover digerire una batosta del genere proprio nel momento più importante, perché iniziare il 19esimo anno alla posizione 419 era davvero una grande chance.
Ma io sono “tosta”, ed ho recuperato, non solo ritornando su, ma migliorando il mio best ranking, che attualmente è 240.
Ed è un buon momento, mi sento bene. Ed ho tutto il tempo per recuperare.”
Che dire.
Nonostante gli infortuni, che restano una variabile incontrollabile, per il resto tutto in linea, tutto regolare nel percorso, nell’apprendimento, nell’approvvigionamento delle armi, per usare una metafora.
Una storia semplice, e meglio di così non ne ricordo, soprattutto se pensiamo ai costi/benefici.
E sono assolutamente convinto che è la SUA semplicità che ha permesso tutto questo, che ha messo in fila indiana tutte le sue variabili.
Quante volte si fanno i conti con atleti la cui complessità rischia di impedirne la crescita.
E quanti esperti ci servono in quei casi.
Ma la semplicità è un dono di natura o si può ottenere, magari cambiando qualcosa nel nostro modo di prospettare la vita futura ai nostri figli?
E’ solo una questione di cultura sportiva?
Quanto la complessità, spesso, è ereditaria?
O è solo questione di fortuna?
A questo punto dovrei intervistare anche i genitori di Giulia ☺
Le ho chiesto: “….qual è il tuo sogno/obbiettivo?
Lei: “Entrare nelle prime 10…”
Io: “Dimmi la verità, in cuor tuo, pensi di potercela fare?…”
Ci pensa un attimo….:“….beh… è difficilissimo….,….ma niente è impossibile!!.”
Grazie Giulia…
….“Grazie a te!”