(Claudio Grassi – Foto Nizegorodcew)
di Alessandro Nizegorodcew (articolo tratto dall’ultimo numero di “Matchpoint“)
Avete mai visto un tennista servire con la sinistra e giocare lo scambio con la destra? Vi siete mai fermati scorgendo un giocatore colpire la volè con la destra e chiudere il punto smashando con la sinistra? Se niente del genere si è mai palesato ai vostri occhi, non avete ancora avuto la fortuna di vedere all’opera Claudio Grassi. Atipico, il primo aggettivo che verrebbe in mente nel descrivere il ventitreenne di Massa Carrara, risulta essere un aggettivo comunque eufemistico. Nessuno al mondo gioca come lui. Grassi è unico e difficilmente imitabile. Claudio, classe ‘85 e numero 450 delle ultime classifiche Atp, sta rincorrendo un sogno con tutte le sue forze: raggiungere i primi 100 giocatori del mondo.
Come e quando hai iniziato a giocare a tennis?
“Ho cominciato a giocare grazie a mio padre. Avrò avuto all’incirca 6 anni. Io avrei voluto praticare il calcio, ma mio padre ha preferito portartmi sulla strada del tennis; non finirò mai di ringraziarlo per questo. Fino ai 13 anni ho giocato solo per divertirmi, fin quando non mi è venuta voglia di fare più sul serio; ho iniziato a competere a livello regionale, per poi passare alle competizioni nazionali. La scintilla, dentro di me, è scoccata al momento della convocazioni per la Coppa delle Regioni. In quella circostanza sono stato premiato come miglior giocatore da Adriano Panatta, proprio mentre sul campo centrale del Foro Italico, a pochi passi da me, si stava disputando la finale tra Kuerten e Rafter. In quel preciso istante ho provato un’emozione indescrivibile.”
Il tuo stile di gioco è quantomeno particolare. Come è nato e come lo hai sviluppato?
“Io nasco fondamentalmente mancino; per fare un esempio, scrivo con la sinistra. Da piccolo sono stato forzato a giocare con la destra, ma ho sempre continuato ad utilizzare l’altro mano. In questo modo ho sviluppato una grande bilateralità, elemento che ha convinto Alberto Castellani a prendermi con sé all’età di 16 anni. Alberto ha creduto in me sin da subito, esaltando quelle qualità che molti ritenevano un difetto. Non smetterò mai di ringraziarlo per questo.”
La tua avventura con Castellani è iniziata a Todi, ma da qualche settimana le cose sono cambiate..
“Si, ci siamo trasferiti a Roma, al circolo La Madonnetta. Castellani supervisiona il tutto, ma in questo periodo mi sta seguendo da vicino l’ex tennista professionista Adrian Voinea, con il quale mi trovo benissimo. Io sono molto affezionato a Todi, ma devo dire che per il tennis, Roma è tutta un’altra cosa. Il tempo è sensibilmente migliore e in più c’è modo di potersi allenare con alcuni tra i più forti tennisti italiani. Per adesso sono ancora un po’ spaesato, perché per me è una realtà completamente nuova.”
Quali sono le tue caratteristiche di gioco e su cosa stai lavorando maggiormente?
“Il mio colpo migliore è certamente il diritto, ma negli ultimi mesi anche il rovescio a due mani sta divenendo un’arma importante. Voinea mi sta aiutando molto nell’aumentare la velocità di palla. La strada è quella giusta.”
Qual è la partita che ti ha fatto capire di poter diventare un tennista professionista?
“La partita della svolta credo sia stata durante il torneo challenger di Puebla nel 2008. Dopo aver superato tre turni di qualificazione, ho vinto anche il primo turno del tabellone principale. Molti si sarebbero sentiti appagati, soprattutto dovendo affrontare Estrella, che è intorno al numero 200 Atp. Ho perso il primo set 64, ma le sensazioni erano buone e avevo la consapevolezza di potermela giocare alla pari. Nel secondo e terzo parziale ho messo in mostra un tennis spettacolare, vincendo 63 61. A fine partita mi sono messo anche a piangere, appena resomi conto di come avevo giocato..”
Quanto è dura la vita del tennista?
“E’ molto dura, ma anche molto stimolante. L’importante è capire ed accettare che i tuoi soli compagni di viaggio sono le tue valigie e le tue racchette. Gli amici sono quelli che trovi sui campi da tennis. Avere un rapporto con una ragazza è molto difficile; da qualche settimana ho iniziato una relazione con una ragazza di Todi, alla quale tengo molto. Sto cercando di spiegarle la vita che faccio, perché capisco che è abbastanza fuori dal comune. Ho scelto questo vita e non ho alcun rimpianto. Non ho ancora compiuto 24 anni e credo di avere ancora tantissimo da dare in questo sport.”
Hai viaggiato molto in questi primi anni di professionismo. Sei legato in particolari ad alcuni luoghi?
“Mi prendono tutti in giro perché io vado sempre a giocare in Centro America. Credo di aver lasciato una parte del mio cuore in Messico. La gente è socievole e c’è sempre una famiglia che mi ospita; niente a che vedere con l’Europa, dove la gente è certamente più chiusa. Da quando ho 18 anni che mi reco in Centro America ogni stagione e non ho intenzione di smettere.”
C’è invece un luogo in cui non torneresti mai?
“Sicuramente l’Africa Centrale, dove mi sono recato per conquistare i primi punti Atp. Le condizioni di vita sono davvero precarie e spero di non doverci tornare più.”
Hai delle scaramanzie in campo?
“In campo direi di no. Però ho un mio rituale per quanto riguarda il pre-partita: mezzora prima dell’incontro mi chiudo nello spogliatoio e controllo che tutto sia pronto nei minimi dettagli; preferisco non rivelare tutto, ogni giocatore ha delle piccole manie.”
Qual è la tua superficie preferita?
“Mi trovo bene su tutte le superfici. Ultimamente anche sulla terra sto ottendendo dei discreti risultati. Credo di essere un tennista polivalente. Sono curioso di vedere come me la caverò sull’erba, superficie sulla quale ho giocato solo un paio di tornei in carriera.”
Quali sono i tuoi obiettivi per il 2009?
“L’obiettivo prinicpale è quello di innalzare il mio livello di gioco. Devo insistere in quello che sto facendo, perché so di avere ottime potenzialità. In carriera, spero di arrivare tra i primi 100 del mondo. A fine 2009 vorrei arrivare intorno al numero 250-300 Atp, così da poter disputare le qualificazioni degli Australian Open ad inizio 2010.”
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