“Oh, io parto”. La voce di Bianca Turati è un misto di entusiasmo e determinazione con una buona percentuale di sollievo. Perché gli sforzi e i sacrifici di una (ancora giovane) vita non la porteranno esattamente dove sognava, ma le consegnano tra le mani una nuova chance di brillare nel mondo dello sport. Nel mondo del suo tennis.
La venticinquenne di Como annuncia ai microfoni di Spazio Tennis il ritiro dall’attività agonistica. Oggi numero 487 del mondo, ad aprile dello scorso anno ha raggiunto il best ranking di numero 259 WTA. Bianca, che sin da bambina ha condiviso gioie e dolori sul campo e fuori con la gemella Anna (attuale numero 425 del mondo), è stata una “peperina” ben voluta da tutti nel circuito, una delle giocatrici più grintose e coriacee d’Italia. Vincitrice di 8 titoli ITF da professionista in singolare, con il suo coraggio, una tenuta fisica spaventosa ed un armonioso rovescio a una mano si è tolta anche la soddisfazione di superare le qualificazioni in un torneo WTA, quello di Abu Dhabi a gennaio 2021, in cui al primo turno del tabellone principale ha anche spazzato via (6-1 6-2) l’ex top 30 kazaka Yaroslava Shvedova prima di arrendersi alla russa Veronika Kudermetova, oggi numero 13 del mondo.
“Ho già firmato il contratto di lavoro e ora sono in contatto con un avvocato per preparare i documenti e fare richiesta per il visto. Se tutto va bene, tra un mesetto parto – ci racconta –. Lavorerò alla University of Missouri come assistant coach della squadra femminile di tennis”. Perché il primo amore non si scorda mai, ma a volte non tutto va come avresti voluto: “L’ultimo anno è stato molto difficile. Ho ottenuto pochi risultati nonostante mi allenassi in un posto ideale, la Horizon Tennis Home di Vicenza, in cui sono stata seguita molto bene sin dall’inizio. Mi sono resa conto che probabilmente anche se fossi entrata tra le prime 150 giocatrici della classifica mondiale non sarei stata felice. Non sarebbe stato abbastanza per me”.
Di conseguenza la decisione di fare le valigie un’altra volta direzione Stati Uniti d’America: “C’era qualcosa in me che non andava. Non avevo più tante motivazioni, sentivo di dover cambiare percorso. In mancanza di stimoli avevo bisogno di un cambiamento. Poi magari dopo un anno fuori mi tornerà la voglia di giocare, non si sa mai. Ma per ora sono molto decisa sulla mia scelta”. Nel 2016 Bianca si è trasferita alla University of Texas at Austin in cui è rimasta fino al 2020, anno in cui si è laureata in Sport Management discutendo la tesi da remoto, in call dall’Italia a causa della pandemia. Quella avventura le è rimasta dentro: “L’esperienza al college da giocatrice e studentessa ha cambiato le mie prospettive. Mi è piaciuto soprattutto l’ambiente, tanto che diverse volte ho pensato: ‘Se un giorno farò l’allenatrice tornerò qui in America’. Non credevo che quel momento sarebbe arrivato così presto, e invece”.
“Ho valutato diverse opzioni, compreso il ritorno in America per continuare gli studi – ammette la Turati –. Nel frattempo avrei potuto fare la volontaria per l’università: facendo la graduate assistant avrei lavorato al servizio della squadra di tennis in cambio della possibilità di fare un master gratuitamente. Ci ho pensato, anche perché essendomi attivata poche settimane fa non credevo di trovare lavoro come assistant coach. Invece ho fatto qualche colloquio ed è andata bene. Voglio capire se l’esperienza da allenatrice negli Stati Uniti mi piace come penso. L’unico modo per capirlo veramente è viverla in prima persona, non da giocatrice e studentessa”.
Quello di Bianca Turati è l’ennesimo caso di giovane che dedica anima e corpo al sogno di diventare un campione: l’allenamento, la routine, i viaggi, le notti a studiare, il dovere di non mollare, il carico di responsabilità di cui ti fai carico sin da bambino spesso non bastano per arrivare lassù, eppure il tennis una nuova chance te la sa dare. Sul campo come in questo caso o su altri palcoscenici, con la consapevolezza che un test da superare o una arringa da pronunciare davanti ad un giudice non saranno più complicati del tirare in campo la risposta ad un servizio a 200 chilometri orari o spingere un dritto lungolinea sul 5 pari al tie-break di un terzo set: “Mi sento fortunata. Mia sorella e i miei genitori mi spinsero a provare l’avventura al college, quell’avventura che adesso mi apre una nuova strada. In ogni caso, penso che vivendo la vita del tennista si imparino tante cose. Impari a viaggiare, ad essere indipendente, a cavartela in situazioni non comode e tutt’altro che facili anche quando sei relativamente piccolo. Tutto ti aiuta a crescere e ad essere pronto per un futuro anche lontano dal tennis”.
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