Croazia – Argentina: 2 a 3. Il miracolo di Del Potro.
È questo il riassunto che emerge dall’ultima finale di Coppa Davis: un’edizione che ha visto una finale inedita e molto equilibrata dove la favola del ritorno di Del Potro nel tennis che conta, iniziata con la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Rio, è culminata in un lieto fine con la vittoria dell’ “insalatiera” che tanto mancava alla nazionale argentina dopo 4 finali perse.
Questo tipo di approccio nel raccontare la Coppa Davis è dovuto soprattutto alla tendenza delle ultime edizioni: vince chi ha il top player in squadra, dalla vittoria di un Murray trascinante alle accoppiate vincenti di Svizzera (Federer/Wawrinka) e Repubblica Ceca (Stepanek/Berdych), passando anche per le edizioni portate a casa da Serbia e Spagna con Djokovic e Nadal tra i protagonisti. Il problema frequente sta nel dimenticare quelli che sono i cosiddetti “numeri 2” chiamati a non sprecare il lavoro dei “numeri 1” o spesso salvare una situazione che rischia di precipitare.
La storia della Coppa Davis è piena di outsider che sono stati decisivi al quinto match della finale, e quest’anno Federico Delbonis è entrato di diritto in questa categoria di nicchia. Il suo rapporto con la Davis non è stato particolarmente felice, in Argentina tremavano al pensiero di vederlo quinto singolarista contro la Croazia dopo l’esperienza della passata edizione: nella semifinale contro il Belgio, infatti, toccò a lui giocare il match decisivo che avrebbe potuto riportare la “Celeste” in finale, ma fu battuto da Steve Darcis. Richiamato quest’anno contro l’Italia, Delbonis ha invertito la tendenza con due pesanti vittorie su Fognini e Seppi, ma nella semifinale contro la Gran Bretagna capitan Orsanic preferì Pella. Non una garanzia, insomma.
A Zagabria, però, Delbonis è apparso molto centrato già dal primo singolare perso con Cilic (ma in cinque lunghi set) e nel match decisivo contro Karlovic non c’è mai stata storia, sempre in controllo per tutti e tre i set.
Ed è grazie ai gregari che questa competizione aumenta il proprio fascino.
Il miglior esempio viene dall’edizione del 2001 e parla francese. Ai quarti di finale la Francia è chiamata ad una temibile trasferta in Svizzera, casa del giovane Federer e di Rosset. Nel primo singolare Clement vince grazie ad un rocambolesco 15 a 13 set decisivo e successivamente Escudé riesce a sorprendere Federer in quattro set. Ma il futuro campione svizzero riesce a ribaltare la situazione guidando il doppio alla vittoria (9/7 al quinto) e battendo Clement nel quarto singolare. Nel match decisivo è la volta di Bastl-Escudé e si arriva ancora una volta al quinto set dove, sul 6-5 gli elvetici hanno un match point: un dritto lungolinea di Escudé viene chiamato “out” dal pubblico, Bastl si distrae, perde il punto e il francese porta a casa l’incontro per 8 a 6. Nella semifinale con l’Olanda a lui tocca nuovamente il secondo singolare contro Schalken, anche questo portato a casa per 8/6 al quinto, permettendo così alla Francia di chiudere la pratica già con il doppio. Ma è nella finale alla Rod Laver Arena contro l’Australia che Escudé entra definitivamente nel mito. Il primo singolare lo vede opposto al numero 1 del mondo Lleyton Hewitt accompagnato da un clima da stadio: Escudè, che prima di quella partita vantava solo 2 tornei ATP e un best ranking al 17esimo posto, riesce a fare il capolavoro e, contro tutti, vince 6/4 al quinto set. La reazione di Rafter e di Hewitt non si fa attendere e il match torna in parità sul 2-2: nel match finale è ancora Escudé a dover salvare la Francia dopo la rovinosa sconfitta di Grosjean e ad attenderlo c’è Wayne Arthurs. Ma quello è il territorio di Escudé che ancora una volta riesce a vincere e a regalare una delle più belle Davis vinte dalla Francia, probabilmente in concorrenza con quella del 1996.
Sì, perché la storia della nazionale francese di tennis passa soprattutto da imprese di questo tipo. Nel 1996 la Francia, capitanata da Noah, si gioca la finale in casa della Svezia di Edberg-Enqvist-Bjorkman. I transalpini si aggiudicano subito il primo singolare con una netta vittoria di Pioline su Edberg a cui segue la pronta risposta dei padroni di casa con la vittoria di Enqvist contro Boetsch. Ma dopo il doppio vinto dalla Francia e la vittoria per 9/7 al quinto set di Enqvist su Pioline, tocca ancora a Boetsch in singolare contro l’outsider Kulti. Il francese vince il primo set al tie break, perde clamorosamente gli altri due e riesce, ancora una volta grazie ad un tie break a salvare la partita portandola al quinto set. Sul 7/6 Kulti ha due match point consecutivi in risposta ma non riesce ad approfittarne e cede alla distanza: 10-8 per la Francia.
La bellezza di queste storie sta proprio nel fatto che vengono all’interno di squadre dove i protagonisti attesi sono altri, le imprese di Escudé e Boetsch sono figlie delle sconfitte di Grosjean e Pioline. Ma quando si parla di Francia e outsider non sempre c’è una vittoria di mezzo, infatti l’altra faccia della medaglia sono state le Davis perse da favoriti.
La storia più recente ha visto la Serbia affermarsi per la prima volta in questa competizione grazie al protagonista meno atteso. Con Djokovic e Tipsarevic per i singolari e un ottimo doppio guidato da Zimonijc a cui veniva spesso affiancato Tipsarevic, Troicki era la riserva naturale che, nell’edizione 2010 ha anche rischiato di essere causa di possibili eliminazioni: sia ai quarti che in semifinali aveva perso i suoi due singolari e nella finale di Belgrado era molto probabile il suo impiego viste le precarie condizioni di Tipsarevic. Dopo aver perso il doppio in cinque set con Zimonijc e assistito dalla panchina al pareggio di Djokovic nel quarto match, tocca proprio a lui sfidarsi con Llodra: il pronostico è tutto per il francese, molto più imprevedibile e ricco di soluzioni rispetto al discontinuo Troicki che, all’ultimo atto, si trasforma in Djokovic e prende a pallate Llodra. Quella Davis rappresenterà poi la spinta necessaria per portarlo nella top 15 l’anno successivo.
Ma ritornando indietro nel tempo, subito dopo quel famoso 2001 la Francia era chiamata a difendere il titolo nella finale con la Russia di Safin e Kafelnkinov a Parigi-Bercy. Nel primo giorno allo squillo di Safin risponde subito Grosjean riportando la situazione in pareggio e nel doppio “Mr. Davis Escudé” e Santoro conducono la Francia in vantaggio. Safin riesce nuovamente a pareggiare i conti battendo Grosjean nella sfida tra i numeri 1, ma nel match decisivo Kafelnikov dà forfait e lascia spazio al giovane 20enne Youzhny, portato a Parigi come rimpiazzo insieme a Stoliarov. Nella sfida contro Mathieu, venerato in patria come futuro top 10, il russo fa tanta fatica ad entrare in partita perdendo i primi due set. Nel terzo inizia a cambiare completamente gioco costringendo l’avversario a numerosi cambi di direzione e rasoiate di rovescio da ammaestrare: dopo essersi sbloccato, Youzhny riesce a rispondere colpo su colpo e a completare una clamorosa rimonta che porterà la prima Coppa Davis alla Russia.
A causa di quella sconfitta i francesi bollarono il prodigio Mathieu come “perdente” per il resto della sua carriera, soprattutto dopo aver ancora scolpita in testa l’immagine di Escudé che l’anno prima espugnava la Rod Laver Arena. E c’è anche chi, ripensando a quel 2002, dà le maggiori responsabilità della sconfitta a capitan Forget colpevole di aver schierato Mathieu, nonostante avesse Escudé pronto all’ennesimo miracolo.
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