di Sergio Pastena
Canto VI – L’antro del gigante
In fondo a lo girone de serventi
m’accolse uno profilo da gigante
sparandomi una prima in mezzo ai denti
“Voglia scusarmi, caro buon passante-
mi disse lentamente, con dolcezza-
son Isner1, mi dispiace, è desolante”.
Sconvolto da cotanta gentilezza
dissi: “Laverio, che fè lui all’inferno?
Non c’è soltanto gente al male avvezza?”
Ei mi rispose “Il foco e il vile scherno
lo guadagnò facendo un solo morto.
Il tennis lui mandò al riposo eterno”.
Trovavo il suo parlare sì contorto
che chiesi ancor motivo del suo pegno
com’è che istava lì, qual fu suo torto.
“Del paradiso non fu visto degno-
rispose lo Laverio assai paziente-
ma nulla è caso nel divin disegno.
Sua colpa fu peggior de l’altra gente
che vinse pur avendo poche doti
perché lui non sapea far proprio niente.
Battendo lui lasciava li altri immoti
e immoto stava quando altri batteva.
Fu nono de lo mondo: giorni vuoti”.
Per punizione Longo Gion2 doveva
tenere uno servizio, solo quello
se lo tenea lo Cielo l’accoglieva.
Ma quando andava con lo suo martello
rete salia fino a due metri e dieci
e lupo non potea sbranar l’agnello.
“Qual patimento! Quale male feci!-
gridava il perticon nella tormenta-
Andate via! Non merito le preci!”.
E chi come lui fa presto si penta.
Le Note
1 John Isner, tennista alto come un giocatore di basket dal servizio devastante. Ogni volta che va al quinto set negli Slam, il pubblico si prepara per la notte
2 Long John, uno dei soprannomi di Isner. Altri soprannomi: Big John, la Pertica di Greensboro, Granpa (per la sua velocità di spostamento)
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