di Enrico Carrossino
La notizia del giorno. Anche ieri per il secondo giorno consecutivo la pioggia ha costretto gli organizzatori a cancellare il programma, eccezion fatta per un paio di giochi verso l’ora di pranzo locale (in tempo per vedere però Muller scattare sul 3-0 con Nadal e quest’ultimo lamentarsi per un filo d’umidiccio sulle righe quando
ancora il cielo reggeva).
Lo scandalo del giorno. Che gli americani, fanatici e spasmodici estremisti del marketing, le cui tv letteralmente costrinsero l’organizzazione a introdurre il 5th set tie-break, inesistente altrove, per ragioni commerciali e di contenimento della durata dei match, si siano clamorosamente dimenticati di trovare un rimedio, in tutti questi anni, al clima piovoso newyorkese che ormai sempre più pedissequamente stravolge le giornate dello slam statunitense, in particolar modo danneggiando articolazioni e muscolatura dei giocatori, portafogli degli spettatori paganti (e rispettive parti corporee di ogni appassionato). Ora, ammesso che questi ultimi siano un po’ troppo pretenziosi (ammesso che si colleghino abusivamente dallo streaming, perché Eurosport NON è gratis ), i giocatori, seppur pagati lautamente, non possono essere trattati come carne da macello per la pura incompetenza di progettisti e addetti ai lavori del torneo. Perché già è pesante di per se giocare una singola partita sui 3 set, e ancor di più lo è sui 5. Al limite della sopportazione lo è poi giocare su distanze cosi lunghe ogni due giorni, diventando totalmente impossibile farlo quotidianamente. Evento che ormai risulta quasi inevitabile data la cancellazione di fatto degli ultimi due giorni di gioco, e che non fa che mettere a rischio serio l’incolumità dei giocatori, già provati da una settimana di tennis e costretti agli straordinari in un ambiente umidissimo e una superficie durissima, fattori che non aiutano certo fiato e arti inferiori dei tennisti.
Capitolo spettatori. Se gli attori ci rimettono da una parte, gli appassionati da tre: primo, perché (in particolare chi s’è recato in loco per seguire live il torneo) si trovano pure i loro programmi sfasati, in particolare chi s’è prenotato le ferie. Secondo, perché quando il tempo darà tregua si troverà una concentrazione tale delle partite che farà sovrapporre quelle più interessanti costringendo a perdersi dei momenti migliori del torneo, per poi doversi subire quelli peggiori successivamente, coi giocatori stremati dalla mancanza di riposo e costretti a scialbe prestazioni se non ritiri. Terzo, di denaro, per ovvi motivi i possessori del biglietto, meno plausibili ma non meno validi i telespettatori, spesso e volentieri costretti al pay per view per seguire il tennis che non vedono adempiuta a dovere la controprestazione al pagamento del canone. E’ evidente dunque quanto sia necessario garantire almeno un tetto per permettere uno svolgimento minimo della giornata tennistica anche a New York come a Londra e Melbourne, con Parigi che prevede di adattarsi per il 2014. E non trovino scuse “tecniche ed economiche”: perché tecnicamente non ci siamo: le prime con un buon architetto e un’impresa competente si possono ovviare, e se non fosse davvero possibile sull’Ashe per dimensioni (e non è vero, perché altrimenti a Sapporo non avrebbero MAI costruito lo stadio di calcio per i mondiali 2002 con la copertura), lo si può fare sempre sull’Armstrong. Economicamente, nemmeno: perché un uovo oggi vale la gallina domani, e se continuano questi disagi la richiesta di rimborsi ticket (e abbonamenti tv, perché no) potrebbe causare danni fatali all’ultimo slam stagionale, con anche il rischio dell’estrema conseguenza dello spostamento altrove del major a stelle e strisce. In definitiva la copertura conviene a tennisti, spettatori, appassionati e pure a voi organizzatori. A tutti