di Alessandro Nizegorodcew
In questi giorni il tennis italiano sta ricordando Federico Luzzi, che proprio un anno fa ha lasciato un vuoto incolmabile nel tennis italiano, a prescindere da quali sarebbero potuti essere o meno i suoi risultati sul campo. Su molti altri siti specializzati viene giustamente pubblicizzata (nel senso stretto di rendere pubblica) la due giorni in memoria di Luzzi; bellissima la notizia dell’inaugurazione della sezione AIL “Federico Luzzi” Onlus Arezzo. Ma io vorrei soffermarmi su altro, senza pensare al ruolo di giornalista, senza pensare a scrivere ciò che sarebbe giusto scrivere in questi situazioni. Semplicemente vi parlo di quello che in questi giorni, pensando a Federico, mi è venuto in mente..
Il primo ricordo è legato all’ultima partita di Fede alla quale ho assistito, che è anche stato il suo ultimo match giocato (e vinto!). Giornata di Serie A al Parioli, arrivo insieme al compagno di trasferte Nicola Corrente e sua sorella (sono entrambi miei cugini) Carlotta, che da quando ha visto giocare Luzzi al Foro, ci ha seguito in tutti tornei nei quali giocava Federico. Luzzi entra in campo e lotta, lotta, lotta, contro un Alessandro Accardo in giornata di grazia. Durante il match in evidenza tutte le caratteristiche di Federico: grande talento, fisicamente sempre qualche acciacco, voglia di fare “numeri” su “numeri” in particolare sotto rete, estrema correttezza nei confronti dell’avversario, nervosismo nei momenti in cui non riesce a fare quello che vorrebbe. Ricordo un passante incredibile di Accardo con il rovescio ad una mano (lui che è bimane), al quale Federico ha esclamato: “No vabbè non ci credo, bravissimo!”.. Da una parte rosicava (come si dice a Roma), dall’altra però sembrava quasi contento di aver visto un tale colpo, quelli che in genere metteva in mostra lui. Alla fine, come spesso gli accadeva in questo genere di match, Fede vince al terzo dopo più di tre ore di battaglia.. Sono andato a recuperare le parole che avevo usato per descrivere il match di Luzzi quel giorno ed eccole qua: “Luzzi non sembra al meglio dal punto di vista fisico (ma quando mai lo è stato?) ma lotta come un forsennato su tutti i punti. Tutto si può dire di Luzzi, tranne che non riesca a trovare le motivazioni qualsiasi cosa faccia; che sia giocare a tennis o altro.” Questa è la caratteristica dei vincenti, di quelli che non vogliono perdere mai, neanche a carte nel pre-partita con qualche altro tennista. Non era un momento facile per lui, con poche vittorie e la sensazione di trovarsi in una posizione di classifica Atp che di certo non sentiva sua. All’uscita del campo ci incrociamo e gli faccio, ironicamente: “Sempre partite tranquille tu eh!?” e lui, sorridendo mi risponde: “Che vita da mediano..”
Parlavo di correttezza prima. Federico era un giocatore che, per un appassionato, si poteva solo amare od odiare. In campo poteva essere davvero fastidioso, prendendosela con raccattapalle, arbitri, col campo, con le ombre che gli alberi proiettavano sul campo (come una volta al G2, mi sono dovuto trattenere dal ridere più volte..) fastidiose alternanze di luce e buio.. Poteva essere davvero indisponente, ma mi sento dire che era anche estremamente corretto. In quella stessa partita con Accardo, ricordo un pallonetto del partenopeo, con Federico che ha rincorso la palla, finita (io ero proprio lì) sulla riga. Federico mi guarda e fa: “Com’era? com’era?“, speranzoso in un mio dito indice alzato. Io non rispondo nemmeno, lo guardo, e prima che io possa dire qualsiasi cosa, aveva già capito. “Bravo! Buona!”.. Sul campo, davvero brutto, non c’era alcun segno, nè dentro nè fuori..
In tante interviste mi è stato chiesto chi fossero i miei amici tra i tennisti e tra gli addetti ai lavori.. Io rispondo sempre citando Fabio Colangelo e Flavio Cipolla, perché non credo di poter definire un amico Federico Luzzi. Mi ha sempre colpito però il suo atteggiamento nei miei confronti (parlando era palese che intendevamo il tennis, le su difficoltà e tutto il resto, nello stesso identico modo… e questo forse lo aveva colpito, visto che non andava d’accordo poi con tutti, anzi…). Mi salutava sempre come se fossimo stati amici da anni, quando in realtà nessuno dei due conosceva nulla della vita prettamente privata dell’altro.. Questa è una cosa che mi ha sempre reso felice..
All’inizio della mia avventura radiofonica con Spazio Tennis, ho ricordato quanto fosse stato difficile, all’inizio, entrare nell’ambiente, farsi conoscere, avere la fiducia degli addetti ai lavori.. Ho ricordato come nei primi tornei seguiti “sul campo”, Federico fosse stato davvero di un’altra categoria (così come Francesco Aldi..), addirittura aiutandomi durante alcune interviste..
Sarebbe fuori luogo dire che Federico mi manca come persona, perché non l’ho davvero mai conosciuto profondamente.. sarebbe fuori luogo parlare, per me, di profonda tristezza in questi giorni (che “spetta” alla sua famiglia e ai suoi amici più cari), sarebbe fuori luogo per me anche parlarne in termini di cronaca, perché non riesco a scriverne in maniera “professionale”, senza alcun tipo di emozione.
Però.. però… però..
Quello che posso scrivere, quello di cui voglio parlare, quello che mi sento di dirvi.. è che ogni volta che vado a vedere un torneo dal vivo, quando vedo che in tabellone non compare il nome Federico Luzzi.. ebbene ogni volta penso: “chissà quanti numeri avrebbe potuto fare ancora… e quante volte, con quelle sue proverbiali “luzzate”, mi avrebbe potuto far emozionare ed appassionare ancora di più.. a questo stupendo sport che è il tennis..
In un modo o nell’altro, caro Federico, manchi a tutti noi..
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