(Mentre la squadra di Davis perdeva in Brasile, Robredo batteva Lopez in finale di Copa del Rey)
di Paolo Silvestri
La luccicante vetrina del tennis internazionale non è altro che la punta dell’iceberg del professionismo, ed in tutti i paesi esiste una fitta realtà tennistica nazionale, meno nota al grande pubblico, ma che per molti onesti lavoratori della racchetta rappresenta un prezioso contributo per sbarcare il lunario. Vediamo insieme come questa realtà si articola in Spagna.
I campionati a squadre, da più parti criticati per formato e concezione, permettono a molti giocatori di integrare i guadagni dell’attività internazionale, se non addirittura di finanziarla. Anche in Spagna ce n’è uno, con un formato abbastanza semplice e con molte meno restrizioni rispetto a quello italiano, fonte di tante polemiche negli ultimi tempi. Le squadre possono schierare in formazione i giocatori che desiderano, ordinati in base al ranking nazionale, e gli incontri, che si svolgono durante i week-end, constano di 5 singoli e 2 doppi. Ci sono tre categorie e, naturalmente, un sistema di play-off per promozione e retrocessione. A differenza di altri casi come la Bundesliga tedesca -in cui i diversi club acquistano giocatori a destra e a manca con campagne quasi dal sapore calcistico- qui i giocatori difendono i colori del proprio circolo, ed i pochi stranieri presenti sono in realtà tennisticamente ispanizzati, cioè federati e inseriti nel ranking nazionale. È quindi una manifestazione piuttosto sentita e che suscita una sana rivalità fra alcuni circoli storici, in particolare il Real Club de Tenis Barcelona 1899 (che ha vinto ben 22 titoli sui 33 finora concessi), ed il Club de Tenis Barcino (pure di Barcellona), con qualche puntuale incursione delle squadre di Valencia e del CT Chamartín di Madrid, attuale campione in carica. Naturalmente non si vede l’ombra dei “galácticos” del tennis iberico, il che probabilmente non è un male, perché consente ai giocatori di seconda o terza fascia di dire la loro. Non troverete in campo Nadal o Ferrer, ma forse, almeno nei turni decisivi, Andujar, Granollers o Montañés, e poi giù giù verso nomi sempre meno noti, alcuni dei quali ormai lontani da tempo dagli scenari internazionali.
Nadal non lo troverete neanche nell’albo d’Oro del Campionato di Spagna individuale, il cui livello cala sempre più, schiacciato da un sempre più esigente calendario internazionale. Vari tentativi di cambi di data non sono serviti a mantenere alto il livello della partecipazione, con picchi a dir poco soprendenti se pensiamo, tanto per fare un paio di esempi, che il titolo del 2009 è stato vinto da David Marrero (poi felicemente riciclato come doppista a tempo pieno), e quello del 2010 addirittura da Daniel Monedero, che era fuori da tempo dal ranking ATP, dove aveva raggiunto come miglior posizione la 423. Sono certo casi estremi, ma l’anno dopo vinse Montañés, poi Andujar, e il campione 2013 è stato un Rubén Ramírez quasi in pensione. Tutti ottimi professionisti, ma la crème del tennis iberico latita. E dire che, come succedeva anche in Italia ai tempi d’oro, una volta il campionato nazionale era un appuntamento da non perdere. Spulciando negli annali troviamo 8 titoli per il mitico Santana, oppure 6 per Orantes, ma ci imbattiamo anche con molti nomi noti del passato più recente, come Emilio e Javier Sánchez, Corretja, Costa, Clavet, Casal, Carbonell, Bruguera, Berasategui o Moyá, e altri ancora in attività, come Robredo, Verdasco o López, che vinse l’edizione 2003 battendo un giovanissimo Nadal.
Un manifestazione più recente è il Master Nazionale, nato nel 1994 e che prevede lo scontro fra le otto migliori racchette di Spagna (o almeno delle prime otto disponibili) in un mini torneo ad eliminazione diretta. Non inteferisce con il calendario ATP, dato che si svolge di solito in un week-end a ridosso di Natale e quindi ha visto, almeno nelle prime edizioni, un buona partecipazione dei big. L’appuntamento non è però fisso, nel senso che, per diversi motivi, non si è riuscito a svolgere con continuità e si sono saltate alcune edizioni. Anche in questo caso nell’elenco dei maestri non troviamo Nadal, ma ritroviamo nomi ben noti come Bruguera Corretja, Carbonell, Mantilla, Ferrero, Clavet, Moyá, Ferrer, Robredo e Verdasco, “maestro nacional” in carica.
Il citato Master ha un “sottotitolo”, cioè Copa de su Majestad el Rey, che in realtà interferisce in modo ambiguo con un altro appuntamento del tennis nazionale spagnolo, vale a dire la Copa del Rey, storico torneo che si svolge annualmente dal 1912 nella città andalusa di Huelva, e concretamente nel Real Club Recreativo de Tenis che, fondato nel 1889 da una colonia di inglesi, vanta il titolo di circolo più antico di Spagna. Ripercorrere l’elenco di vincitori e finalisti vuol dire ripercorrere la storia del tennis spagnolo. Ci sono proprio tutti. Tutti tranne…Nadal! La finale della copa del Rey di quest’anno l’ha vinta Tommy Robredo su Feliciano López, in un momento a dir poco inopportuno, tant’è che i media ne hano data scarsissima diffusione. Proprio mentre stavano giocando e contribuendo a commemorare la storia del tennis in Spagna, dall’altra parte dell’oceano una squadra di Davis raffazzonta rimediava infatti quella nota e bruciante sconfitta contro il Brasile che l’ha relegata in serie B. D’accordo, un professionista è libero di fare le sue scelte, ma ci dovrebbero essere, credo, dei limiti, soprattutto per rispetto verso i compagni di squadra.
Per concludere questo breve panorama sul tennis nazionale spagnolo, non vanno dimenticati i tornei open. Anche in Spagna ce ne sono moltissimi disseminati su tutto il territorio e, oltre ad essere una palestra utilissima per i giovani, sono per molti giocatori professionisti un’importante fonte di entrate che, per quanto limitate, possono contribuire a far quadrare i bilanci. Tati Rascón, ex top 150 ATP, racconta che a un certo scelse di dedicarsi a tempo pieno ai tornei di questa categoria (vincendone un’infinità), il che gli consentiva di guadagnare di più rispetto ad una troppo dispendiosa attività internazionale.
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