di Alessandro Nizegorodcew
Le sconfitte di Filippo Volandri e Potito Starace in quel di Madrid hanno riportato alla luce l’annosa discussione sulla scarsa propensione alle superfici veloci dei nostri due migliori giocatori, e non solo..
Potito Starace e Filippo Volandri hanno lottato un set circa contro i loro rispettivi avversari, Del Potro e Lopez, dimostrano una scarsa attitudine al veloce, per motivi certamente diversi.
Filippo Volandri sono ormai anni che, trovandosi nei primi 5o giocatori del mondo, ha la possibilità di confrontarsi sui terreni rapidi e con i migliori giocatori del circuito. Come tutti avranno notato, nell’incontro con Lopez la differenza l’ha fatto il servizio, perchè il talento di Volandri e il tempo sulla palla di Filippo non sono certo inferiori a quelli dello spagnolo, anzi.. per quanto riguarda Volandri c’è da aggiungere che nel servizio, per problemi cronici alla spalla che il tennista toscano ha sin da ragazzino, i miglioramenti sono difficili da effettuare, perché non sarebbe comunque possibile cambiare radicalmente il movimento della battuta. Il problema non è solo questo però a mio avviso ma lo vedremo più avanti..
Potito Starace è invece al primo vero anno in cui entra in tutti i tabelloni più importanti anche a livello indoor e ha sicuramente margini di miglioramente sul veloce. Con Del Potro la cosa che ha più infastidito appassionati ed addetti ai lavori è stata la mancanza di voglia di lottare nel secondo set, lasciato nelle mani dell’argentino semnza provare ad impensierirlo. L’impressione è che abbia qualcosa in più da dare rispetto a Volandri in questo genere di tornei, ma alcune problematiche fisiche rimarranno sempre. Gli schemi da terra rossa permettono a Potito, che fa fatica a spostarsi lateralmente, di avere tempo per spostarsi sul diritto; sul cemento questo non può avvenire, perchè la palla viaggia ad un’altra velocità e Potito è costretto a giocare tantissimi rovesci, un numero davvero notevole rispetto a quanto accade sull’amata terra rossa. Anche il servizio, arma letale sulla terra, indoor non ha la stessa resa. Come ci ha spiegato, proprio su questo blog, Umberto Rianna però, migliorare sul veloce è l’obiettivo primario di Potito in questo finale di stagione, ma io credo soprattutto in ottica 2008.. ma anche qui il problema a mio avviso non è soltanto questo..
Alcuni tra gli addetti ai lavori hanno sottolineato come ci siano giocatoi come Ferrer o Robredo, che senza avere il talento dei nostri due alfieri, siano in posizioni nettamente migliori di classifica, grazie a punti conqistati su tutte le superifici. Io credo sia un discorso di umiltà. I due spagnoli in questione sono atleti cresciuti senza un talento tennistico particolare, che hanno dovuto lottare, correre e migliorare sempre e comunque e sotto tutti i punti di vista; quelli che definisco “tennisti operai”.. La mentalità, una volta arrivati ad un livello anche altissimo di ranking, non cambia, perchè il lavoro sulle piccole cose, sulle migliorie da effettuare, sono sempre priorità nella testa din questo genere di giocatore. Si è fatto anche l’esempio, nostrano, di Renzo Furlan; giocatore che andrebbe seguito per dedizione al lavoro e grinta. Renzo però lo associo in tutto e per tutto a Robredo e Ferrer. La cosa sicura è che questi giocatori “operai”, raggiungeranno in carriera il massimo di quello che il loro tennis gli consentirà..
Credo che a livello italiano, anche di livello inferiore, si possono tranquillamente inserire tra i tennisti “operai” i nomi di Alessio Di Mauro (che ha già raggiunto il suo apice), Flavio Cipolla (che probabilmente riuscirà ad entrare nei 100, migliorando di giorno in giorno su tutti i fronti; in questo caso si parla di talento puro non supportato da un adeguato fisico per il tennis, ma il discorso è lo stesso, la mentalità) e Simone Vagnozzi..
I talenti italiani invece probabilmente non raggiungeranno mai i massimi traguardi per loro possibile, perchè anche se non lo ammetteranno mai Starace e Volandri si sentono forti, talentuosi, meno propensi alle piccole migliorie che gli farebbero fare un ulteriore salto di qualità. Con questo non voglio assolutamente dire che si allenano meno e sono meno professionisti dei loro colleghi “operai”. Ma probabilmente utilizzano tutte le proprie risorse puntando ad altre priorità, come migliorare le cose che già sanno fare bene, come aumentare l’incisività dei colpi già determinanti nel loro gioco..
Spero che Simone Bolelli, il più grande talento italiano nel circuito al giorno d’oggi, non caschi in questo circolo vizioso e tenti di capire che i miglioramenti, anche quelli che sembrano lontani dal proprio tennis, possono essere realizzati, con uno sforzo forse più mentale che fisico..
Questo a grandi linee il mio pensiero su umiltà e talento, ovviamente aspetto le vostre considerazioni..
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