di Cesare Veneziani (life sport & tennis coach)
Per stato di flow si intende quello stato di ‘grazia’ in cui la persona (un tennista, un musicista, chiunque) è completamente assorbita da ciò che sta facendo. Se vissuto a pieno e magari, poi, rielaborato, ci permette di comprendere l’eccellenza della prestazione. Rivivendo questo stato e le condizioni che ne sono alla base, infatti, possiamo provare a stabilire un nostro modello di riferimento per il futuro.
L’idea è che per avere un’esperienza ottimale si debba raggiungere un flusso continuo di attenzione concentrata: un’esperienza è percepita ottimale da un soggetto quando la sua attenzione è completamente assorbita dal compito che sta svolgendo. Lo stato di flow (così definito per la prima volta dallo psicologo ungherese Csikszentmihalyi) è un’esperienza gratificante durante la quale si perde la cognizione del tempo. Questa sensazione è più o meno facile da vivere svolgendo compiti stimolanti, ma può diventare difficile da raggiungere in mancanza di questi.
La caratteristica principale di questo flusso ottimale è la sensazione di gioia e benessere. È per questo che in quel particolare momento la persona si sente piena, ed è totalmente immersa in ciò che sta facendo e la sua attenzione è tutta indirizzata verso quel compito. Insomma, conscio e inconscio nel flow vanno a braccetto. Quello del flow è uno stato particolare, dove si rischia di perdere la consapevolezza di se stessi, dove problemi e paure vengono dimenticati e l’ego viene meno.
Per quanto possa sembrare strano, gli individui esprimono un controllo molto forte su ciò che stanno facendo ma, a dispetto della tensione negativa, il flow è uno stato che permette l’ispirazione, una specie di estasi che deriva dalla concentrazione assoluta, il cui bisogno tende a crescere con il perfezionamento dell’abilità.
Il motore della motivazione è l’emozione. Tutte le teorie sulla motivazione partono dalle emozioni, dalla capacità di coglierle e provare a riprodurle e riviverle in vista di un obiettivo. E’ fondamentale saperle captare però. In questo senso non aiutano un alto livello di ansia generale e l’eccessiva smania di risultati. Sono invece a favore della spinta motivazionale un rilassamento preventivo (training autogeno, rebirthing e ciò che più si adatta alla personalità dell’individuo) e un adeguato livello di ansia – la giusta tensione, diciamo – oltre a un’attenzione rivolta ad obiettivi di prestazione e non di risultato. Insomma, si tratta di provare a porre la propria mente al servizio delle proprie emozioni, e viceversa.
Intelligenza emotiva? Si.
Difficile? Non troppo. A chi non è mai capitato di essere talmente concentrato nella propria attività da non accorgersi del tempo che passava? Pensiamo ai grandi sportivi, o agli artisti. Ciò che colpisce in queste persone è la straordinaria capacità di automotivarsi e di sopportare durissimi programmi di allenamento. La differenza tra loro e gli altri è, spesso, nello stato di piacevole abbandono e concentrazione che riescono a vivere durante le sessioni di allenamento e le gare. Un punto fondamentale di questa condizione è la motivazione interna del soggetto. Il segreto, semmai ce ne fosse uno, è agire per il piacere stesso e non per il risultato che si vuole ottenere. Il flow è il piacere del momento.
In questo senso è interessante quanto, in ognuno di noi, la miccia capace di innescare quello stato sia diversa. Non solo praticamente (pensiamo ai mille rituali di Nadal e di altri tennisti, o a quelli di alcuni pugili, piloti o danzatori). In questo senso, lo sport con la sua visibilità è una buona fucina di personalizzazione dello stato di flow.
Una mia amica, un’attrice, prima di entrare in scena ha bisogno di stare da sola in camerino per qualche minuto, bere un grosso bicchiere d’acqua e accendersi una sigaretta. Poi il palco è suo.
Pensiamo al classico segno della croce dei calciatori: oltre ad essere un rito religioso, incarna perfettamente il momento in cui un giocatore che entra in campo è pronto a dare l’anima. Stessa cosa vale per i numerosi palleggi di Novak Djokovic prima del servizio, o del gesto che Carmelo Antonhy (campone di basket) ripete sempre prima di tirare un libero.
Siete curiosi di sapere qual è? Cercate nel web.