di Claudio Maglieri
foto di Carine06 – Andy Murray durante la sfida contro il Giappone
“Pesaro? Coppa Davis? Meglio una ricca esibizione al Madison Square Garden”
Tranquilli, chi vi scrive questo articolo non è un mentalista. In realtà è abbastanza facile intuire quali siano stati i pensieri di Stan Wawrinka al momento di decidere come programmare il primo weekend di marzo: come tutti sappiamo lo svizzero, numero 4 al mondo, ha gentilmente rifiutato la convocazione per il match contro l’Italia, preferendo una ben più remunerativa comparsata a New York (dove, tra gli altri, c’era anche Serena Williams). Ma era ovvio, del resto lo sanno anche i battiscopa che i giocatori di punta non vanno a sprecare energie per una stupida insalatiera. Ma è veramente così?
I fatti, almeno quelli più recenti, smentiscono clamorosamente questo concetto: nel weekend, tra primo turno del World Group e impegni di Group I e Group II, ben tredici degli attuali top twenty hanno risposto alla chiamata della loro patria. E il numero diventa ancora più significativo se, dai migliori venti del ranking, togliamo Rafael Nadal, David Ferrer, Roberto Bautista Agut (la Spagna non ha giocato), Milos Raonic e Roger Federer (infortunati). Mettendo sotto la lente di ingrandimento i primi venti della classifica e considerando solo i quindici convocabili, si può notare che tutti, a parte Kevin Anderson e appunto Wawrinka, si sono resi disponibili per la Coppa Davis. Anderson, nello specifico, non difende i colori del Sudafrica dal 2011 ma la squadra è riuscita lo stesso a sbarazzarsi del Lussemburgo (orfano di Gilles Muller), tra l’altro senza perdere nemmeno un set.
Andiamo ancora più a fondo della questione. Il numero 1 al mondo Novak Djokovic ha avuto (quasi) tutto dal tennis e la Davis l’ha già vinta con la Serbia nel 2010, eppure non si è tirato indietro e contro il Kazakhstan è sceso in campo sia in singolo che in doppio, lottando oltre quattro ore con Mikhail Kukushkin per dare ai suoi il punto del 2-2. Stesso discorso per Andy Murray, il quale avrebbe avuto più di un motivo per lasciare perdere: quanti, al suo posto, si sarebbero presentati a distanza di poche settimane dalla nascita di un figlio (considerando poi l’insalatiera portata casa pochi mesi fa)? Invece Andy, contro il Giappone, ha giocato anche lui tutti e tre i giorni e contro Kei Nishikori (numero 6 al mondo, ricordiamolo) ha dato vita a una delle battaglie più belle e intense degli ultimi tempi, spingendo ai quarti la Gran Bretagna. La Francia, addirittura, ha schierato contro il Canada una sorta di dream team: Jo Wilfried Tsonga (9), Richard Gasquet (10), Gael Monfils (16) e Gilles Simon (19). Facile fare il capitano in queste condizioni, vero Yannick Noah? Nemmeno il numero 7 Tomas Berdych, uno che ha conquistato la Davis ben due volte di fila, ha lasciato la squadra e si è recato in Germania, dapprima per tenere a bada il giovane Alexander Zverev e poi per vincere il doppio insieme al fido compagno Radek Stepanek. E vogliamo tralasciare Dominic Thiem (13) che si è preso l’Austria sulle spalle trascinandola al successo esterno contro il Portogallo? La battaglia in cinque set contro Gastao Elias, oltre ad essere stata la sua prima affermazione in Davis, è anche passata alla storia come la seconda gara (e vi diremo di più in fondo al pezzo) nella storia della competizione ad essersi chiusa al tie-break del quinto set (regola introdotta in questo 2016).
Chiusura per John Isner (numero 11 e decisivo nella trasferta erbivora contro l’Australia), David Goffin (numero 18) e Marin Cilic (numero 12), i quali sono stati gli uomini di punta di Belgio–Croazia. Scendendo fino alla trentesima posizione del ranking, sono mancati Grigor Dimitrov (26) in Turchia-Bulgaria, Pablo Cuevas (25) in Peru-Uruguay e Martin Klizan (28) in Romania-Slovacchia. Curiosamente, tutte e tre le formazioni (orfane delle punte di diamante) hanno perso. Non si è parlato volutamente di Nick Kyrgios (27), perché su di lui si è espresso fin troppo bene il compagno di avventure Bernard Tomic…
Direte voi: certo, tra un po’ c’è l’Olimpiade di Rio de Janeiro per cui non possono saltare la convocazione. Però dà sempre un tocco di romanticismo vedere il giocatore affermato che va a sporcarsi le mani in posti dove il Tour non arriverebbe mai: Marcos Baghdatis, ad esempio, è ormai abituato al sottobosco della Coppa Davis, ma nel weekend dedicato al Group III (Tallinn la sede) ha battuto uno dopo l’altro Birkir Gunnarsson (Islanda), Jean Baptiste Poux-Gautier (Andorra), Ljubomir Celemic (Montenegro) e Sam Barry (Irlanda), stabilendo il record di 36 partite di Davis vinte consecutivamente (il precedente record apparteneva a un certo Bjorn Borg, 33).
Ps. Vi starete chiedendo: se Elias-Thiem era la seconda, qual è stata la prima? Eccovi serviti: Viktor Durasovic-Laurynas Grygelis, primo match di Norvegia-Lituania (Group II). Durasovic, numero 460 al mondo e classe 1997 (molto promettente, dicono) l’ha spuntata nel finale contro il lituano di Bergamo: successo inutile, visto che la formazione guidata da Ricardas Berankis ha poi superato il turno 3-2.
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