Rimpianto Mancino

Diego Nargiso
In occasione del quarantesimo compleanno di Diego Nargiso, Roberto Commentucci ci accompagna nella carriera del tennista napoletano.. tra emozioni e rimpianti.. Auguri Diego da Spazio Tennis!
di Roberto Commentucci (articolo in partnership con www.tennis.it)
Il Foro Italico, si sa, è uno degli impianti più belli del mondo, ma è anche uno di quelli dove le condizioni di gioco possono cambiare più drasticamente. Di giorno, nel luminoso e bollente maggio romano, si ha spesso bisogno della crema solare e i campi possono diventare molto secchi e veloci, con rimbalzi rapidissimi. Di sera, l’umidità portata dal vicino Tevere e dalla vegetazione del Parco di Monte Mario trasforma gli stessi campi in autentiche risaie. Le palle diventano “gatti”, non camminano più e chiudere un punto diventa un’impresa improba.
Anche per questo, e non solo per la differenza di classifica, erano pochissimi gli appassionati che, in quella dolce serata primaverile del 1988, osavano sperare che la wild card di casa, il semisconosciuto Diego Nargiso, un imberbe 18enne, attaccante mancino, napoletano, tipico giocatore da serve & volley, n. 231 del mondo, potesse avere una qualche chance di superare la testa di serie n. 11 del torneo, il fortissimo spagnolo Emilio Sanchez.
Già, Emilio, idolo delle donne. Simpatico e sempre allegro, un amicone, ma dentro al campo avversario tostissimo. Gambe, testa e fisico come da tradizione iberica, impreziositi da colpi notevoli: un servizio vario e imprevedibile, un diritto arrotato e pesante, un rovescio tagliato bassissimo e insidioso. Uno dei migliori tennisti del mondo sul rosso.
Vabbè, dai andiamo a vedè ‘sto massacro…” …” Ahò, massacro… magari se la gioca… bene o male l’anno scorso ‘sto Nargiso ha vinto Wimbledon Juniores…” “Chissà magari sull’erba je poteva vince un set…” “Si vabbè, ma sulla terra non ha proprio speranze… De sera, poi…Per me fa due games…”.
I romani ne hanno viste tante, e forse per questo sono gente cinica e realista, tutt’altro che incline al facile ottimismo.
Ma il campo mostra una storia diversa. Il giovane mancino non manca di coraggio. Nonostante il fondo davvero lentissimo, ha ben chiaro in testa quel che deve fare: serve & volley costante, sia sulla prima che sulla seconda palla. Un punto dopo l’altro, il nostro continua ad uscire dalla trincea come i fantaccini sul Carso, gridando “Savoia” e attaccandosi alla rete. E nello stupore generale, tra angolatissimi servizi “slice” e pregevoli volèe stoppate, il ragazzino napoletano si aggrappa disperatamente al servizio per tutto il primo set, annullando una gragnuola di palle break, fino a rifugiarsi nel tie break. Emilio sembra sorpreso. Sicuramente non si aspettava tanta resistenza, ma è comunque fiducioso, e cerca la massima concentrazione: “adesso i punti pesano, adesso faccio la differenza…adesso metto due risposte e mi prendo la partita”.
E invece state a sentire che succede.
Primo punto, serve Emilio da destra. Seconda palla, Diego tenta il chip and charge con il back lungolinea. Palla profondissima. Lo spagnolo, in ritardo, alza il lob, ma subisce un perentorio smash. 1-0 e minibreak
Serve Diego da sinistra: Emilio cerca di proteggere il rovescio, ma incassa un ace al centro. 2 – 0.
Serve Diego da destra. Servizio vincente sulla riga esterna. 3 – 0.
Serve Emilio da sinistra. Scambio lungo sulla diagonale sinistra, finché Diego, in debito d’ossigeno, prova la palla corta di diritto. Traiettoria benedetta, imprendibile. 4 – 0.
Sanchez scuote la testa, incredulo.
Serve Emilio da destra. Seconda palla esterna, altro attacco in back lungolinea di rovescio, doppiato da una volèe vincente di diritto a campo aperto. 5 – 0.
In tribuna stanno tutti con gli occhi spalancati, nessuno fiata.
Serve l’italiano da sinistra. Servizio esterno, risposta alta, voleè incrociata di rovescio. 6 – 0.
Sono 6 set point.
E’ il momento di chiudere. Serve Diego da destra. Prima palla centrale, risposta in back bassissima di Sanchez, voleè smorzata di rovescio, un po’ lunga. Emilio scatta, arriva rabbioso, finta il cross e gioca un passantino lungolinea. Ma Diego si allunga e indovina un perfetto lob al volo. Lo spagnolo riparte a tutta, schiumando rabbia, raggiunge la palla, si coordina e in giravolta spara un violentissimo passante di diritto. Viene punito da un’altra stop volley, questa volta millimetrica. 7 – 0.
Un tie break pazzesco, fatto di soli vincenti, stradominato. Una cosa mai vista.
Il Foro esplode, la gente non ci crede. “Diego, Diego, Diego” si sente gridare fino a Ponte Milvio.
Placata l’euforia, inizia il secondo set. Nargiso annulla ancora una palla break, ma tiene il servizio con un altro paio di discese kamikaze. Sanchez adesso è davvero furibondo, e tiene il suo turno di battuta a 0, con alcune rabbiose frustate di diritto. I più saggi avvertono: “se adesso il nostro prende il break, crolla”.
Ma il napoletano non cede.
Continua testardamente nel suo serve & volley, continua a tenere il servizio. E’ ancora tie break. Adesso la gente ci crede sul serio, urla, pesta i piedi sui tubolari delle tribune, vuole la vittoria.
Sul 3 pari, ecco il punto che decide la contesa: servizio Nargiso, ennesimo slice mancino, al centro. Ennesima risposta bloccata con il rovescio in back di Sanchez. Stavolta sembra vincente. E invece, arriva l’ennesimo miracolo del napoletano, che in allungo disperato indovina la demivolèe smorzata di diritto in diagonale, cortissima, stupenda. Emilio, che pure dispone di due gambe eccezionali, fra le più veloci del circuito, nulla può nel recupero. Delirio sugli spalti.
Ed ecco, fra il pubblico, qualcuno urla: “Aaadriano…” E gli altri seguono, si uniscono al coro, che si gonfia inarrestabile. “Aaadriano…” “Aaadriano…”
Adesso è tutto il Centrale, che battezza il nuovo eroe con il nome del campione più amato.
E’ l’omaggio più bello, il dono più prezioso che il pubblico del Foro possa fare.
Diego, il cuore in tumulto, lo ripaga con un’altra serie di punti fantastici, e il match è suo.
Sanchez, grande sportivo, gli stringe la mano. Più tardi ai cronisti italiani parlerà di “un chico muy talentoso, que tiene un grande futuro”. Là fuori, l’azzurro fa il giro del campo, in trionfo, piange, ride, ringrazia la folla e San Gennaro. Gli appassionati che sfollano dal Centrale, quella sera, sono tutti assolutamente sicuri, dal primo all’ultimo, che il tennis italiano ha trovato l’erede di Panatta.
Il giorno dopo, tra i titoli roboanti dei giornali che ne raccontano l’impresa, Nargiso nel secondo turno si fa sorprendere dal tedesco Osterthun, anonimo numero 74 del mondo, che gli infligge un pesante 60 nel terzo set… Forse si è cantata vittoria troppo presto.
Qualche settimana dopo, comunque, il nostro riceve una telefonata da Ion Tiriac, manager di Becker: “Perché non vieni ad allenarti qui da noi, con Boris. Mi piace molto il tuo gioco d’attacco. Penso che se lavorerai bene sul rovescio, e ti affiderai alle cure dei nostri preparatori fisici, potrai diventare un buonissimo giocatore”. Diego, ragazzo più che benestante, figlio di un immobiliarista partenopeo, simpatico e spiritoso, ma anche un po’ viziato, non sta più nella pelle. Accetta, entusiasta, e parte per la Germania…
…salvo poi presentarsi sistematicamente in ritardo a tutte le sedute di allenamento.
Tiriac all’inizio scuote la testa, bonario, ma poi prende cappello.
Dopo appena 2 settimane l’azzurro è di nuovo a Napoli.
E’ il momento decisivo, lo sliding door della carriera di Diego Nargiso. Che da lì in poi mostrerà solo a sprazzi il suo grande talento, non migliorerà mai il rovescio né gli spostamenti laterali, non riuscirà mai ad andare oltre la 67° posizione del ranking Atp, e finirà per specializzarsi nel doppio, dove soleva esaltarsi nell’atmosfera della Davis, con tante vittorie di grande prestigio, su cui spiccano, luminose, quella del 1991 in coppia con Omar Camporese, contro il fortissimo doppio tedesco Becker Jelen, fin lì imbattuto, e ottenuta per giunta fuori casa, su un rapidissimo tappeto sintetico e quella del 1996 in coppia con Andrea Gaudenzi a Roma, nel gelo del Foro, contro Kafelnikov – Olhovsky.
Negli ultimi anni di carriera, Diego rimpiangerà amaramente la sua immaturità giovanile. Si trasferirà addirittura in Spagna, alla corte di Sergi Bruguera, cercherà di crescere fisicamente e di rendere più solido il suo tennis. Ma sarà ormai troppo tardi per uscire dall’anonimato.
E a noi vecchi appassionati, noi che abbiamo visto, tutto questo fa ancora più male. Perché se uno a 18 anni batte Emilio Sanchez sulla terra umida del Foro, facendo per due ore serve & volley prima e seconda, senza mai perdere il servizio, vuol dire che ha qualità fuori dal comune.
Peccato.
Comunque, buon compleanno, Diego. E’ durata poco, ma finché è durata, ci hai fatto sognare.

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