Il “doppio” composto da Marcella Marcone e Marco Mazzoni si è dimostrato ancora vincente. Dopo Tennis sul divano (2009) hanno unito nuovamente le loro conoscenze, profonde e complementari, per dare vita ad un volume che vuole sondare il delicato ed importantissimo rapporto fra la psicologia e il tennis, in questo caso includendo anche il tennis tavolo, a cui la Marcone ha giocato a livello agonistico. Il risultato, fresco di stampa e presentato sabato scorso al Tennis Club Ambrosiano di Milano, si intitola Racchette e abitudini (Libreria dello Sport, prefazione di Emanuela Audisio) e ha come eloquente sottotitolo ‘Aspetti psicologici di rituali e scaramazie, con aneddoti e curiosità sui giocatori’.
Le abitudini sono, anche nella nostra vita quotidiana, dei punti fermi, delle piccole barricate che ognuno costruisce per difendersi dall’incertezza, dalla fragilità dell’esitenza, in sostanza dalla paura, un po’ come Linus con la sua inseparabile coperta. Nel tennis -ma il discorso è estensibile agli altri sport di racchetta- dove l’aspetto mentale ha un peso straordinario e spesso il vero avversario da battere siamo noi stessi, questi meccanismi di difesa sono evidentemente molto presenti. Se il più delle volte sono sani perché ci aiutano a compiere azioni in scioltezza, quasi con il pilota automatico innestato, da alleati possono divenire nemici, da trucchi utili possono trasformarsi in patologie, tanto da richiedere l’aiuto di uno specialista.
Il libro si nuove proprio fra questi due poli, fra la superficie del comportamento e gli abbissi dell’inconscio, fra le manisfestazioni esteriori dei giocatori e le ragioni profonde che li derminano: le abitudini, i tic, i rituali scaramantici sono sondati innanziuttto nella relazione a volte quasi feticista del giocatore con i suoi “ferri del mestiere”, dalla racchetta, che rappresenta quasi un’estensione del braccio, fino all’abbigliamento che, come ben sappiamo, ha un valore simbolico potentissimo. Ma si affrontano anche molti altri aspetti che il pubblico non vede, legati quotidianità degli atleti fuori dal campo, il loro rapporto con i viaggi, con la solitudine, con il modo di alimentarsi, di dormire o di sognare. E qui si complementano alla perfezione le competenze di Marcella, con la sua solida esperienza come terapeuta (in questo caso quella specifica condotta a fianco di tennisti e pongisti) e di Marco, ottimo giornalista che conosce alla perfezione il mondo del tennis. Un caso clinico reale, che ha come obiettivo capire e cercare di siogliere i blocchi interni che determinano un’abitudine divenuta ingombrante, disegna un filo rosso che percorre il tennis di oggi e di ieri, alla ricerca di storie, curiosità e aneddoti significativi. Per citare un esempio, dal caso clinico che riassume la terapia di una giocatrice “ossessionata” con uno dei suoi completini, si passa ad un’analisi dell’abbigliamento nel mondo del tennis e delle sue molteplici implicazioni estetiche, iconiche, scaramantiche o commerciali. Se già così la ricetta è appetibile, diviene succulenta grazie ad un altro ingrediente: le testimonianze dirette dei giocatori, molti dei quali noti professionisti (anche un ex top15 e molti top100) che ci parlano del loro personale rapporto con ognuna delle abitudini descritte. Naturlamente, come si spiega nell’introduzione, la privacy degli intervistati (oltre che dei pazienti) è tutelata dal più assoluto anonimato, ma per il lettore può essere anche un gioco divertente il cercare di ipotizzarne l’identità.
Nella presentazione di Milano gli autori hanno parlato della genesi del loro libro, un lavoro che ha preso più volte direzioni diverse a seconda del materiale via via raccolto attraverso le interviste e che è stato umanamente interessante perché ha permesso loro di conoscere la parte più reale di questi giocatori che, lontani dai riflettori sono esseri fragili e complicati come tutti noi. Proprio questa considerazione rende Racchette e abitudini un libro che può essere di grande interesse per tutti, e non solo per gli appassionati, perché affronta i grandi temi della natura umana. In fondo le paure, le speranze, le frustrazioni, i conflitti e le incertezze di un campione non sono poi così diverse da quelle di ognuno di noi.
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