(Marco Crugnola – Foto Nizegorodcew)
di Roberto Commentucci
La tendenza più evidente mostrata dal nostro movimento tennistico nel 2008 è stata la progressiva affermazione a buoni livelli di un folto gruppo di tennisti non più giovanissimi, che ormai sembravano destinati a galleggiare tra challenger e futures fino alla fine della loro carriera, e che invece hanno trovato convinzione e continuità, toccando tutti il loro best ranking e affacciandosi all’anticamera del tennis che conta.
In questo articolo, suddiviso in due parti, ve ne presentiamo brevemente alcuni, per poi chiedervi quale di loro, secondo voi, ha le carte in regola per salire più in alto. Intanto, li troviamo quasi tutti in gara nelle qualificazioni di Melbourne, e speriamo che siano in molti a farci una bella sorpresa.
Iniziamo con uno dei più anziani, l’atletico trentino Andrea Stoppini, classe 1980, che già qualche anno fa era salito agli onori delle cronache per una sorprendente vittoria su un ormai declinante Andre Agassi nel torneo Atp di Washington, ma che non era riuscito a dare continuità ai suoi risultati. Eppure, su di lui tutti gli osservatori sono concordi. Andrea, buonissimo atleta, gioca un ottimo tennis da cemento: gran prima di servizio, due fondamentali pesanti e ben equilibrati, fra cui spicca un solido rovescio bimane, discrete propensioni offensive. Unico punto debole, la seconda di servizio, che potrebbe e dovrebbe essere più incisiva. Ma un livello da primi 100, tutta la vita. Come del resto ha dimostrato con alcuni notevoli acuti ottenuti nel 2008, nel quale durante l’american summer ha battuto gente come Benneteau, Clement, Vemic, Kunitsyn. E anche quest’anno ha iniziato bene, superando gente come Isner e Bellucci. Il suo problema principale è che lui la terra rossa, dove il suo tennis perde molta efficacia, non la dovrebbe proprio vedere, ma non sempre è riuscito a programmarsi in maniera adeguata. E poi, forse, dovrebbe credere di più nei suoi mezzi. Andrea è 220 del mondo, ma può salire ancora tantissimo.
Altro tennista che nel 2008 ha sorpreso un po’ tutti è il campano Giancarlo Petrazzuolo, anche lui classe 80, che dopo una vita trascorsa a combattere nei futures quest’anno ha compiuto un notevole salto di qualità, mettendo insieme una finale e 3 quarti di finale a livello challenger. E togliendosi la soddisfazione di battere un sicuro campioncino come l’olandese Robin Haase. Giancarlo ha fisico, ha un buon servizio, e pur essendo nato sulla terra, sembra trovarsi a suo agio anche sulle superfici rapide. Ed è tennista di raro equilibrio ed intelligenza. Lo aspetta probabilmente, se vorrà, una luminosa carriera da coach, ma nel frattempo può ancora togliersi delle belle soddisfazioni come giocatore.
Veniamo ora a Marco Crugnola, talentuoso lombardo classe ’83. Uno che lo dice apertamente: “ah, se avessi iniziato a fare sul serio a 16 anni, anziché a 22…”. E a vederlo giocare, c’è da credergli. Un tennis classico e completo, con un elegante rovescio a una mano, un buon tocco e un gioco al volo sicuro e brillante. Forse manca qualche chilo di muscoli, ma il ragazzo non vale certo il numero 356 con il quale ha iniziato la stagione, e tantomeno il n. 500 dove era precipitato a metà anno, in crisi di risultati. Marco però, ben seguito dal suo tecnico Corrado Borroni, a partire da giugno ha avuto un gran crescendo di risultati, che lo hanno portato ben dentro i primi 250. L’apoteosi della sua stagione è stata la finale al Challenger di Vigo, dove è stato capace di battere, uno dopo l’altro, gente come Marrero, Vliegen e Junqueira, prima di arrendersi a Pablo Andujar.
L’azzurro pare avere decisamente le carte in regola per salire molto più in alto, specie se troverà continuità sotto il profilo della concentrazione e della tenuta mentale, anche perché il suo gioco si adatta magnificamente a tutte le superfici.
Andando ad esaminare ragazzi più giovani, perveniamo al romano Riccardo Ghedin, che quest’anno ha guadagnato quasi 500 posizioni, attestandosi intorno al 250° posto. Riccardo, figlio dell’ex calciatore della Lazio Pietro Ghedin, ha iniziato piuttosto tardi a giocare a tennis (intorno ai 12 anni) e questo spiega forse la sua ritardata ascesa nel tennis che conta. Seguito dal coach romano Michele Tellini, Riccardo è un ragazzo serissimo e molto volenteroso nel lavoro, anche per la buona educazione sportiva ricevuta in famiglia. Quest’anno ha messo a segno alcuni exploit ragguardevoli, in particolare la finale raggiunta nel challenger di Quito, (sulla terra in altura, che pare gli si addica) e poi la semi centrata a in Messico a Puebla, anche lì in altura, ma sul cemento. Sul piano tecnico, l’azzurro è tennista da veloce: un buonissimo servizio, un ottimo gioco al volo, una buona mobilità in rapporto alla statura (è circa 1,90). Deve ancora migliorare nella pesantezza dei colpi da fondo, ma il suo coach su questo è ottimista: Ghedin, infatti, è ancora un po’ acerbo fisicamente, e lavorando nel modo giusto può guadagnare molta forza.
(Fine prima parte)
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