Quei figuri di tanti anni fa…


di Sergio Pastena
“Non è un paese per vecchi”, recitava il titolo del romanzo di Cormac McCarthy portato sul grande schermo dai fratelli Coen. I tennisti, però, sono una razza a parte, spesso irriverente e se ne infischiano di un film che ha vinto quattro oscar. In questi anni, poi, ci siamo abituati a vedere vecchie glorie in campo nell’Atp Champions Tour, e così finisce che la moda del momento è quella del comeback.
Il primo, a dire il vero, fu Bjorn Borg, che dovette pensare che avrebbe fatto meglio a restare a casa quando venne preso a pallate da Jordi Arrese sotto il sole di Montecarlo. Restò infatti fermo ancora un anno, ma la voglia prese il sopravvento e ci riprovò. Risultato? Dodici sconfitte al primo turno tra il 1991 e il 1993, tre set vinti e un addio al cardiopalmo, a Mosca, dove l’ormai 37enne Borg impegnò allo spasimo il beniamino di casa Volkov, all’epoca numero 17 del ranking. Quello dello svedese, però, era un fatto isolato: certo, Connors a quasi quarant’anni aveva raggiunto la semifinale agli Us Open, ma Jimbo non era mai stato fermo dieci anni (si arrenderà, per inciso, solo nel 1996 a 44 anni).
Poi è arrivato il nuovo millennio e sono venuti fuori i primi mattacchioni. Ad esempio Ronald Agenor, che si era ritirato nel 2002 e nel 2006 ha giocato il Challenger di Aptos, cedendo dignitosamente a Stadler. Per non farsi mancare nulla, l’haitiano battente bandiera americana ha anche preso parte alle qualificazioni del Challenger di Genova nel 2009, ritirandosi dopo sei games sul 2-4 con Francesco Picco. Agenor, però, è Agenor, un buon tennista ma niente di più. Se ti chiami John McEnroe la cosa è diversa, e infatti sempre nel 2006 il buon Mac giocò il doppio con Bjorkman (anche lui non proprio un ragazzino) nel torneo di San Josè e lo vinse, tra l’incredulità generale: stava per compiere 47 anni e li aveva compiuti quando, a Stoccolma, passò un turno e mise in difficoltà nel secondo Aspelin e Perry, due specialisti, sempre in coppia con Bjorkman.
Ecco, loro due hanno aperto la strada, seppur con risultati diversi. Oggi sono sempre di più gli ex campioni che tornano ed è inevitabile chiedersi il motivo di tanta vitalità. In verità la maggior parte dei “ritorni” dura una o due partite, giusto il tempo di togliersi lo sfizio di vedere se si è ancora competitivi contro i giovani d’oggi. C’è anche chi fa sul serio, però, come Thomas Muster, austriaco ex numero uno del ranking. Muster, oggi 43enne, si era ritirato nel 1999 e da allora non aveva più calcato i campi da tennis del circuito, eccezion fatta per una comparsata in doppio con Marach al torneo di Vienna nel 2005 (sconfitta dignitosa con Robredo e Almagro). Poi, verso la metà dell’anno scorso, il ritorno al Challenger di Braunschweig: sconfitta contro l’irlandese Niland, nettissima. Ma il buon Thomas l’aveva messa in conto e da lì in poi ha continuato a macinare partite e sconfitte, fino al primo successo a Lubiana contro Borut Puc, che gli ha consentito di rientrare nel ranking. E’ arrivato persino un match in un Atp 250, grazie ad una wild-card a Vienna, con una sconfitta decisamente dignitosa contro il connazionale Haider-Maurer, che dopo avergli rifilato un secco 6-2 nel primo set è stato costretto al tie-break nel secondo. Ora Muster continua ad allenarsi, lui che nel periodo di inattività era arrivato a pesare 120 chili, e nel 2011 punta a collezionare altri punti per risalire ulteriormente in classifica.
Non tutti sono Muster, però. Come detto nella maggior parte dei casi il ritorno dura poche partite, magari scaglionate su tempi molto lunghi. Ad esempio Jeff Tarango, uno che nella vita non ha solo litigato con Rebeuh ma è anche stato numero 42 del mondo vincendo due titoli di singolare, nel 2008 è andato a giocare il doppio nel Challenger di Carson, a quasi 40 anni. Ha passato un turno ed ha capito che si poteva fare: trasferta a Milwaukee, dove era previsto un Future, e vittoria in doppio assieme a tale Kelly. Nel 2009 addirittura il ritorno in singolare: qualificazioni del torneo di Indianapolis, stop al secondo turno da De Chaunac dopo aver battuto Fogleman. L’ultima partita, per ora, risale alla fine del 2010, alla soglia dei 42 anni: sconfitta in tre set con un indiano in un Future.
Insomma, dai casi appena analizzati emerge la difficoltà di tornare competitivi in singolare. In doppio, però, è un’altra cosa, in fondo tra i top player abbiamo Knowles e Nestor, 39 e 38 anni, non esattamente gli emuli di McEnroe da un punto di vista tecnico. Così Michael Stich, nel 2009, decide di scendere in campo ad Amburgo con Mischa Zverev, perdendo al primo turno contro Aspelin e Hanley (41 gli anni del tedesco all’epoca). Quasi 40 gli anni di Goran Ivanisevic, tornato di recente in coppia con Cilic a Zagabria e battuto da Polasek e Zelenay al termine di un match molto tirato. Il caso più clamoroso, tuttavia, resta quello di Rotterdam, dove han giocato Paul Haarhuis e Jacco Eltingh: il primo stava per compiere 45 anni, il secondo ne ha 40, ed hanno sfidato (senza grande fortuna, in verità) il forte doppio polacco Fyrstenberg-Matkowski. Haarhuis ed Eltingh non sono due qualunque, parliamo di due autentiche leggende del doppio, e la cosa ha destato impressione al punto che, quando nell’order of play Atp è uscito il match Sampras-Monfils senza la specifica che si trattava di un’esibizione, non pochi avranno pensato al ritorno per eccellenza, quello di Pistol Pete.
E gli italiani? Ci siamo anche noi, tranquilli. Omar Camporese l’anno scorso ha giocato a 42 anni il Future di Bologna, battuto all’esordio dallo sloveno Leljak. Non era il primo comeback per lui, che nel 2008 aveva giocato il doppio con tale Paolo Canè, che in quel future giocò anche il singolare alla veneranda età di 43 anni. Nota conclusiva: abbiamo cominciato parlando di Borg-Arrese e speriamo che lo spagnolo quel giorno non abbia pensato “Bjorn è patetico”. Sapete com’è, Jordi Arrese a 43 anni ha giocato un doppio con Pere Riba (vincendo anche un paio di match a livello Future) e a 44 un altro a San Benedetto, uscendo subito. Può succedere a tutti, no?
Cosa c’è dietro a questo fenomeno? Voglia di stupire? Incapacità di rassegnarsi all’età? Amore per lo sport? Accenni di demenza senile? Permetteteci di non essere tragici al riguardo: come detto prima, gli esempi appena fatti sembrano riguardare più l’amore per lo sport sport e le sfide sembrano essere contro i propri limiti più che contro gli avversari. Muster non è patetico, perché sa che non tornerà numero uno e vuole vedere solo dove può arrivare. In quanto agli altri, son cose occasionali, one shot: l’unico aspetto discutibile è il fatto che “rubano” una wild card, ma tutto sommato ci può stare considerando il ritorno in termini di visibilità per lo sport. E’ patetico, casomai, chi pensa ancora di poter tornare e spaccare tutto quando è chiaro che ormai “non ne ha più”, vuoi per infortuni, vuoi per l’inizio del declino fisico. Giusto per non fare nomi… Verkerk. Ma questi ragazzini di quarant’anni lasciamoli divertire senza rompergli le scatole: a loro modo sono un inno alla vita.

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