C’è poco romanticismo nelle narrazioni sportive. Ma una grande voglia di inseguire il pettegolezzo, con conseguenze catastrofiche per la categoria dei giornalisti.
Si pensi alla rottura del fidanzamento fra due tennisti, Maria Sharapova e Gregor Dimitrov. Sarebbe esclusivamente roba da rotocalco rosa o per le molte riviste che si trovano dal parrucchiere. Invece in Italia, patria che fu dei romantici Beppe Viola, Gianni Brera e Mura, insigni testate “giornalistiche” si sono fiondati sulla fine di un rapporto fra due personaggi pubblici per dedurne le vere o presunte cause.
C’è chi ha scritto di una terza incomoda, chi si è buttato a capofitto nei gusti amorosi di entrambi i soggetti coinvolti, chi ha tentato goffamente di moralizzare. Il pettegolezzo è stato così greve che il semplice studente di Giornalismo si è chiesto: qual è la rilevanza sociale di tutto questo sforzo mediatico, che a onor del vero ha interessato anche il Resto d’Europa? Possibile che l’informazione si sia stata sostituita dalla perversione per il privato altrui?
Negli anni zero, quelli del reality e della socializzazione fredda, il pubblico chiede il pettegolezzo, lo cerca e ne fa argomento di nazionale interesse. Pure le grandi firme, chiamate a vendere copie, si adeguano a questo trend. Eppure lo sport, come ci insegnano Federico Buffa, Gianni Clerici, Rino Tommasi e Flavio Tranquillo è fabbrica di storie che oscillano tra il dramma e la poesia.
Basterebbe solo guardare altrove e sporcarsi di inchiostro le mani, ad esempio, per Dustin Brown, per la wild card Ivanisevic che vince Wimbledon, per Paolo Canè che batte Wilander in Davis, dei quarti raggiunti da Kyrgios a Wimbledon 2014 dopo aver superato Gasquet e l’allora numero uno Nadal.