di Marco Mazzoni
Amate il tennis alla follia, tanto da sognare “la fuga” verso un grande torneo, ma la vostra lei (o lui, si intende…) non condivide la passione? Divani separati in casa per la finale di Wimbledon? Beh, una soluzione ci potrebbe essere. Si chiama Monte Carlo. Il tennis dal vivo è tutta un’altra cosa. Si respira un’aria magica, c’è una prospettiva assolutamente diversa da quella classica e un po’ statica del tennis in tv. I gesti tecnici, i suoni, i colori, anche i profumi sono più intensi ed emozionanti, e a Monte Carlo il tutto è moltiplicato a più zeri, per la bellezza del luogo e il fascino del torneo. Un fascino che non può lasciare indifferenti. Assistere ad una partita seduti a pochi metri dal campo, immersi in questo rito pagano dove il silenzio è interrotto solo dalla vibrazione della palla che impatta le corde, dai piedi che scivolano sulla terra rossa, il tutto con la brezza del mare che muove i capelli sotto un sole splendido e con i profumi della macchia mediterranea, è un’esperienza unica. E’ Monte Carlo, dove il buon mood del vedere il tennis dal vivo s’infiamma in una dimensione diversa, quasi da sentirsi comparse di un film, proprio uno di quelli a bianco e nero dei ’60s, con ritmi lenti e belle macchine cabrio che sfrecciano sulle stradine tortuose del Principato. In questo contesto inconsueto, così lontano dal grigio tram tram quotidiano, la vostra lei, stizzita prima anche solo dall’idea di andar “al tennis”, e titubante poi nel varcare le porte del Country Club monegasco, cambierà in pochi minuti la sua espressione. Non più rigida ma rilassata, con l’occhio ora vispo a scrutare ogni angolo di questo paradiso, dove roccia, terra, verde, aria e mare si fondono in un tutt’uno lontano dal mondo. E dal tempo. “Eh, mica male poi questo tennis dal vivo…”, musica per le vostre orecchie. Lo scrivente c’è passato in prima persona, convertendo alla nostra paganissima (ma magnifica) religione una delle atee più ostinate, proprio grazie a Monte Carlo. Provare per credere.
Il torneo si svolge in un club a dir poco prestigioso, meta da sempre del jet set e della “bella gente”, e molto amato anche dagli stessi Pro, soprattutto in inverno, quando in Costa Azzurra è possibile allenarsi in beata tranquillità, mettendo fieno in cascina per la futura stagione. E magari soggiornare un po’ nell’appartamento di proprietà in città, visto che le eccellenti norme fiscali per i residenti nel Principato richiedono sempre un “minimo” di reale presenza sul suolo della famiglia Grimaldi. Potenza non solo dei dollari ma anche del richiamo irresistibile di una città incastrata, sempre più a fatica, tra roccia e mare, al riparo dal freddo continentale, dal caos e dai troppi occhi indiscreti, oltre che dalle mani “lunghe” di certi avidi stati…
Il Country Club di Monte Carlo (piccola curiosità) per pochi metri non si trova… a Monaco! Ma in Francia, esattamente nel comune di Roquebrune – Cap-Martin, dipartimento delle Alpi Marittime, chi ci arriva in auto lo vede ogni anno scendendo dai tortuosi tornanti di La Turbie fino al cartello che ti obbliga a girare a sinistra verso i parcheggi vari, mentre andando dritto si entra nel cuore del Principato con i suoi grattaceli lussuosi ma disordinati, a creare uno skyline nervoso ma ricco di fascino.
Il club è proprio quello della foto, tratta direttamente dal sito ufficiale (http://www.mccc.mc/). Immagine che apparirà strana all’appassionato che non ha mai presenziato al torneo di persona, vedendolo solo in tv. Infatti nella decina del Master 1000 le belle terrazze in pietra che si incastonano alla perfezione con i campi da gioco e le montagne alle spalle sono occultate quasi totalmente dai tubi che formano le tribune e le decine di tende e tendoni degli stand. Altra piccola curiosità: è teoricamente possibile anche per il comune mortale giocare proprio sul campo centrale (che durante l’anno ospita a dire il vero 3 campi), basta andare leggersi le condizioni sul sito per ricevere un’ammissione al club, e quindi vivere il sogno di tirare dei passanti lungolinea dove Doherty, Cochet, Tilden, Drobny, Pietrangeli, Nastase, Borg, Lendl, Muster, Kuerten, Nadal e tanti altri immortali hanno dominato il torneo, uno dei più antichi e storici al mondo (prima edizione 1897!). Il Country Club è per il resto dell’anno un gran bel circolo, con spogliatoi lussuosi rivestiti di legni pregiati, e ambienti raffinati, un misto tra Liberty di classe e fregi Belle Epoque, con molti manifesti antichi (tennistici e non) a ricordare a tutti i passanti che qua di storia ne è passata proprio tanta. Quando il club fu fondato era solo appannaggio di ricchissimi e nobili, fino all’ingresso della “buona società” a cavallo tra le due guerre del ‘900. Il salto nell’immaginario collettivo arriva negli anni cinquanta, quando il Principato esplose a livello planetario con l’ascesa al trono di Ranieri III di Monaco (9 maggio 1949), che sposò poco dopo in un vero matrimonio da favola la bellissima attrice Grace Kelly, che per il suo amore lasciò clamorosamente il cinema stabilendosi a Monaco e dando alla luce tre figli, tra cui l’attuale reggente (e chiacchieratissimo) Alberto. Proprio grazie a quelle nozze si rinforzò il “mito” del Principato, un luogo assolutamente da favola, che ancor più divenne meta dei ricchi di tutto il mondo, americani in primis. Infatti oltre all’innegabile bellezza e fascino di Grace, la mossa di Ranieri ebbe enorme successo nel far schizzare Monaco e la parte moderna Monte Carlo in cima alle mete più “cool” e richieste al mondo, facendo tornare alla ribalta quei pochissimi chilometri quadrati che erano andati in decadenza per il dissesto finanziario dei suoi genitori. Monte Carlo rifiorì letteralmente, con prezzi del mercato immobiliare che andarono rapidamente alle stelle, con nuove costruzioni edificate abbattendo alcune perle liberty (non senza polemiche), a creare enormi complessi residenziali “in altezza”, con i più grandi arredatori che accorsero da tutto il mondo per proporre qualcosa di esclusivo. Un po’ come succede oggi a Dubai, per dire, con proporzioni un po’ diverse visto che gli spazi sono quelli che sono a Monaco. Anche grazie al potere e denaro del milionario greco Aristotele Onassis, Monaco divenne “la” meta dei panfili di tutto il mondo, incrementando a dismisura il giro turistico di tutta la Costa Azzurra. In questo circolo virtuoso entrò lo stesso Country Club, che si rinnovò e crebbe, migliorando nel tempo, seppur nella tradizione, le proprie strutture.
Tornandoci anno dopo anno per il torneo, tutto pare uguale, e sa quasi di “vecchio” rispetto ad altri avveniristici impianti, ma è una sensazione sbagliata. C’è dietro un lavoro continuo, certosino, a limare, migliorare ed affinare spazi ed accoglienza per la decina di giorni del Master 1000 (ovviamente i più importanti dell’anno), ma anche per i soci. Oggi il Country Club ha una club house più moderna e accogliente, dove si gioca molto a bridge, un centro fitness stupendo, una piscina incastonata tra rocce e pietre che con la luce del sole si infiammano di colori unici, e un ristorante gourmet da mille e una notte. Proprio il ristorante è una delle “attrazioni” durante il torneo, quando incuranti del via vai di migliaia di appassionati, degno di una Metro nelle ore di punta, i ricconi di turno affollano i vari tavoli, su tutti quelli “mitici” affacciati sul campo centrale. E’ quasi un rito, seppur anacronistico. Mentre nei moderni stadi americani i “vip” lussureggiano in lounge suites a cinque stelle, a Monte Carlo si resta ancorati allo storico ristorante in terrazza. Trovatemi un altro torneo dove i ricchi più ricchi prenotano il loro tavolo sulla terrazza a vista centrale, mangiando pesce prelibato guardando (distrattamente) qualche scambio, sorseggiando uno Vieux Chateau Chauvin Grand Cru, il tutto con solerti camerieri in divisa che corrono non meno di Nadal & C. per accontentare i loro avventori, e magari accaparrarsi qualche lauta mancia… Tanto che lo sfrigolio delle posate è spesso così insistente da esser captato perfino dai microfoni d’ambiente del centrale! I tocchi di classe (o cattivo gusto a seconda dei punti di vista) non mancano, come il sottopiatto copri tovaglia griffatissimo con il logo annuale del torneo e fiori stupendi della riviera di ponente a decorare il tavoli più esclusivi del circuito. E magari dopo il pranzo, vien da se portare l’amata allo shop Rolex (title sponsor, tanto che il logo della notissima casa di orologi campeggia un po’ ovunque) posto strategicamente all’uscita dei tavoli imbanditi…
Gli spazi sono a dir poco angusti, e per il Master 1000 vengono sfruttati in tutti i modi possibili per accogliere il pubblico e dare i servizi più vari, dalla ristorazione alle info, e soprattutto con stand commerciali posti in modo strategico a colmare anche il più piccolo buco. C’è un vivacissimo trambusto, nemmeno troppo disordinato visti gli spazi quasi inesistenti per far muovere e defluire oltre 10mila persone nei giorni di pienone, a creare un’atmosfera che è difficile raccontare a parole. Si trova di tutto a Monte Carlo, dall’habitué seccato dal “casino” e non curante delle bellezze in cui è immerso, alle famiglie che hanno il loro ben da fare a non perdere fisicamente i figli, a quelli che arrivano per la prima volta, che si riconoscono al volo intenti o a scattare fotografie a iosa, cercando la miglior vista tra tribune, campi, mare e montagne, oppure letteralmente persi alla ricerca del varco per accedere agli stand, tribune o terrazze. Un mix colorato e folkloristico tutto da gustare, sentendosi parte di un piccolo esclusivo carnevale di adepti tennisti.
Il torneo possiede anche un fascino “perverso” se mi passate il termine, perché è quello in cui è più facile intrufolarsi in aree generalmente off limits al normale appassionato, e avvicinare davvero i campioni o vip del luogo. Nei grandissimi tornei (tipo Slam) oppure quelli che si stanno rinnovando (tipo Roma) i campioni hanno dei corridoi preferenziali e quasi non li trovi a giro nell’impianto, oppure sono molto ben protetti. Non che a Monte Carlo non ci sia security, tutt’altro (spesso pure bella scorbutica…), ma è assai più facile avvicinare il campione amato, perché nello spostarsi nel Country Club anche Nadal, Federer & c. devono usare gli stessi, pochi, corridoi per la entrata, gli spogliatoi, i campi di allenamento, la sala stampa e quello per la uscita. Così che il sottoscritto l’anno scorso, correndo su per la scala a vite verso la sala stampa, ha fatto un vero “frontale” con il buon Murray che scendeva in direzione opposta (e di corsa) le scale dopo le interviste… nell’urto non c’è mancato niente che finissimo a capo fitto giù per gli scalini! Anche le cabine dove si commenta il torneo live per tv e radio sono sulla terrazza più alta, dove il pubblico può normalmente passare (non bivaccare più di tanto, visto che gli addetti dopo un po’ fanno cenno di lasciare posto al passaggio). Oltre ai campioni in gara, è normale trovare al Country Club nella settimana del torneo ex giocatori, anche non francesi, che magari a Monte Carlo hanno preso la residenza, e altri sportivi in genere, attirati dall’evento. Tra questi molti ex svedesi, come Thomas Johansson che vive proprio qua e ogni anno arriva quasi quotidianamente al torneo con la bella famigliola al seguito; oppure il nostro Diego Nargiso, magari nello stand della propria società immobiliare che fa affari proprio nel Principato. Tra gli altri è facile imbattersi Karim Alami, sempre elegantissimo e generalmente attorniato da varie bellocce di turno, Cedrid Pioline o Henri Leconte con i suoi bizzarri cappellini retrò (e qualche chilo di troppo). O per chi se lo ricorda il mitico Roland Agenor, l’anno scorso rinchiuso in un’angusta cabina di legno a raccogliere fondi per i suoi poveri connazionali di Haiti, martoriati dal recente gravissimo sisma.
Caos relativo all’interno del club, ma il caos può essere persino peggiore se arrivate in auto. Non mancano i parcheggi nel Principato, cari ma i più convenzionati se mostrate i biglietti (scaricate la lista dal sito ufficiale); semmai il problema è il sicuro ingorgo nelle poche e strette vie cittadine! Armatevi di pazienza, e occhio alla frizione che non si surriscaldi troppo nel gioco prima-seconda-stop sulle salite per uscire dalla città… Se subite troppo lo stress da coda, allora scegliete l’ottimo treno: nei giorni del torneo i treni locali Ventimiglia – Nizza fermano a 300 metri dall’impianto, in entrambe le direzioni. E’ il modo migliore per arrivare in tutto relax, e fare pure conoscenza con altri appassionati, da tutto il mondo. E se restate più giorni al torneo, anche dormire in qualche pensione low cost di Nizza è un’opzione molto buona, con 20 minuti di treno sarete al torneo risparmiando parecchio, e magari facendo colazione con l’ottima Socca (una sorta di focaccia di farina di ceci, davvero gustosa se appena sfornata, la migliore al mercato di Nizza vecchia). Per risparmiare, portatevi anche i panini da casa o comprate il minimo indispensabile, i prezzi sono davvero alti per baguette più o meno buone e dolcetti fritti, arrivando agli eccessi del gelato Haagen Dazs che costa quanto un’oretta di tennis al vostro club…
Se volete un angolo di pace in questo microcosmo stupendo ma affollatissimo, dirigetevi alle terrazze più alte, oltre il piazzale commerciale principale, dove si trovano i bei campi di allenamento. Li potrete riposarvi, mangiare un panino in santa pace gustandovi la vista migliore di tutto il complesso, e soprattutto vedere da un passo gli allenamenti dei campioni. Un momento elettrizzante quanto la gara per un appassionato doc il trovarsi ad un metro dal proprio idolo, e studiarne qualche segreto. E se lo trovate di buon umore, riuscire anche a strappare un autografo, o meglio una foto insieme.
Il torneo 2013 vede come ovvio favorito Rafa Nadal, e non solo perché a Monte Carlo ha vinto le ultime 8 edizioni. Quest’anno mancano Ferrer e Federer (tre finali perse contro il toro di Manacor dal 2006 al 2008), Djokovic è in condizioni precarie per l’infortunio alla caviglia rimediato in Davis e non avendo punti da difendere vista l’assenza nel 2012 potrebbe anche dare forfait all’ultimissimo minuto, oppure scendere in campo senza spingere e prendere solo quel che viene. Berdych su terra è nelle condizioni peggiori per impensierire Nadal, e Del Potro rientra dopo un infortunio. La terra del Principato è una delle più lente, di sicuro la più lenta dei grandi eventi sul rosso, e questo favorisce ancor più la potenza e attitudine di Nadal, che ha sempre disposto dei vari rivali, anche i più pericolosi, come Murray. Inoltre per tutti i big Monte Carlo è il primo appuntamento sul rosso dopo i tornei Usa e la parentesi Davis, quindi la condizione è tutta da affinare in vista di Parigi, al contrario di Rafa che invece punta a far man bassa di punti sul rosso presentandosi ogni anno già bello tirato a lucido, nonostante quel che dichiara puntualmente (ancor più lo zio) mettendo le mani avanti. Alla fine i francesi potrebbero essere forse un ostacolo per Nadal, ma nonostante Gasquet stia vivendo la miglior stagione in carriera e Tsonga può sempre divertire, pare davvero difficile che il titolo n.9 scappi a Rafa, per la gioia dei suoi moltissimi connazionali iberici che armati di bandieroni arrivano in massa ogni anno sugli spalti, diventando dopo francesi e italiani il gruppo più numeroso. Del resto la Spagna ha vinto 10 delle ultime 11 edizioni, con il solo Coria a far da intruso nel 2004.
Per spiegare quanto Nadal tenga al torneo, e anche un segreto del suo successo, chiudo con un aneddoto vissuto prima della finale 2010, quando si impose sul tosto Ferrer. Mattina della finale, sul centrale molto presto Rafael dispone di vari sparring, massacrandoli di palleggi con un ritmo e lunghezza di palla folle. Dopo averne “schiantati” un paio (tra cui il monegasco Ballaret, uscito a dir poco paonazzo dopo una mezz’ora di scambi serratissimi), Rafa si mette a tirar servizi. Uno, cinque, dieci, tutti fuori. Di poco. Prende il borsone e fa per uscire dal campo. Nel silenzio tuona il vocione di zio Toni, che con un mallorquin non così comprensibile lo richiama a metà campo. I due discutono animatamente, Rafa gesticola più del solito, visivamente infastidito. Carlos Costa smette di smanettare al cellulare e si unisce alla discussione, presagendo tempesta. Niente da fare. Rafa come un dodicenne viene armato di cesto, e messo a far servizi. Finché non ne inanella una decina di buona qualità per angolo, velocità a precisione, resta lì a mulinar battute, per poi uscire dal campo quasi furibondo. Uscirà però dal campo nel pomeriggio con l’ennesima coppa in mano, con percentuali di servizio eccellenti.
Leggi anche:
- None Found