Non sempre c’è una ragione per la quale ci si avvicina ad uno sport, qualunque esso sia. Semplice passione, gli amici, un genitore troppo esigente, i colori del campo in televisione.
Io ho giocato a tennis. Ci ho provato anche abbastanza seriamente, in tenera età. L’ho fatto così, senza una ragione. Come ho provato con il calcio, e con alcuni strumenti musicali.
Poi, di punto in bianco, blackout. Nihil, nothing, nada. Per un sacco di tempo. Mi serviva un nuovo motivo. Volevo un nuovo motivo. Correva l’anno 2005. Era aprile e faceva già abbastanza caldo. Non ricordo quale TV, non ricordo dove fossi, non ricordo con chi fossi, ma in quel di Montecarlo un ragazzo spagnolo abbastanza sui generis per un campo da tennis ed un francesino con il cappello all’indietro se le stavano dando di santa ragione.
In un lampo, ecco il mio nuovo motivo. Era il tennis, ancora una volta, ma da una prospettiva nuova, molto più accattivante di scendere in campo a nove anni per allenarsi (il più delle volte) contro voglia. Da allora una addiction totale, al limite del maniacale, per ogni cosa che gravitasse intorno a quella magica pallina fluorescente. Giocatori, stadi, statistiche e ogni tipo di curiosità. Oggi, a distanza di quasi diciassette anni da quel Nadal – Gasquet, in campo raramente e solo la domenica. E male. Ho fatto l’avvocato e pensavo al tennis. Parlo di tennis. Scrivo di tennis (si, per fortuna me ne danno modo). Ma proprio questi diciassette anni sono stati sufficienti per farmi capire che non esistono sport di serie A e sport di serie B. Non esistono sport in cui “si può tifare” e sport in cui “non si può tifare”. Con educazione e rispetto si può fare tutto, e soprattutto ci si può emozionare, ci si deve emozionare. Io l’ho fatto. Io sono arrivato a credere che le vicende della mia vita corressero su una strada parallela a quella di questo magico sport.
Studi, amore, amicizie. Follie. Apprezzare le gioie della vittoria, i dolori della sconfitta. La voglia di imparare e di migliorarsi sempre. E la voglia di combattere. Nello sport, come nella quotidianità. Fosse solo per questo, io al tennis sarò grato in eterno.
Riempitevi la vita di sport, allora. Per l’ansia da competizione, per la salute, per farvi nuovi amici, per una professione, per una sana abitudine al confronto (…), per potervi immedesimare in qualcuno fino al punto di commuoversi per un nuovo trionfo. C’è solo da guadagnare. Ed è meraviglioso.
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