di Salvatore Greco
Se ne parla spesso, persino troppo a volte, ma la progressiva sparizione dei tennisti americani dai vertici di questo sport continua a fare il proverbiale rumore di un albero che cade in mezzo alla foresta ed è difficile ignorare questo silenzio assordante. Provando a immaginare una versione tennistica della Ryder Cup del golf in cui atleti europei e statunitensi si sfidano in una curiosa sfida a squadre i tennisti espressi dalla squadra USA in top-50 sarebbero solo quattro (Isner, Sock, Querrey e Johnson) contro i più di trenta (le variazioni settimanali non consentono un calcolo più preciso per ben ovvi motivi) che schiererebbe la squadra del vecchio continente con ben otto degli attuali primi dieci delle classifiche. Sono dati che fanno pensare e che impongono di interrogarsi con i mezzi migliori possibili sullo stato di salute del movimento americano e sul dissiparsi di una grande tradizione oltre che di grandi promesse mai davvero esplose come nel caso emblematico di Donald Young. Mentre il tour lascia spazio all’ultimo slam stagionale, quello americano per l’appunto, siamo andati a chiedere il parere di Giampaolo Mauti, coach della Rick Macci Academy ben noto ai lettori di Spazio Tennis anche per suoi interventi diretti sulle nostre pagine.
“Decisamente il tennis americano sta vivendo una fase di non totale brillantezza visto che al momento ci sono solamente 4 giocatori nei top 50 ATP, è un dato che lascia perplesse molte persone che sono state abituate a vedere molti statunitensi nei top ten e diversi numeri uno. A differenza di questi dati possiamo notare però che a livello juniores le cose vanno decisamente meglio visto ci sono quattro ragazzi americani nei top ten e altri che già competono a livello challenger come i vari Donaldson, Kozlov, Paul o Tiafoe. D’altro canto non dobbiamo dimenticarci la differenza abissale che c’è tra il tennis juniores e il professionismo quindi vediamo come questi ragazzi, che hanno veramente tante qualità, riusciranno a fare questo passaggio. Anche pensando al potenziale di ragazzi come Taylor Fritz o Michael Mmoh è evidente come i coach USTA avranno molto lavoro da fare ma anche tanto materiale da cui partire, sperando di sfruttare bene tutto questo talento per riportare il tennis americano in alto”.
Accanto ai nomi più noti di giovani americani che già hanno suscitato il consenso di molti nei circuiti maggiori, ultimamente è emerso anche quello di Reilly Opelka recente campione a Wimbledon e (fin troppo) facilmente paragonato a Isner per l’altezza e il gioco, Mauti sul nuovo principino dell’erba più nobile ha le idee chiare e speranze dalle solide basi:
“Opelka, che ha appena vinto Wimbledon juniores, ha un potenziale enorme visto la sua altezza e la facilità con cui riesce a servire e penso che lavorandoci bene si potrebbe farne un futuro top ten. Una cosa che sento dire da molti addetti ai lavori riguardo Opelka e lo stesso Isner è che data la loro altezza non potranno mai avere un buon footwork. Non sono per niente d’accordo con quest’idea visto che i giocatori NBA che non sono certo più bassi di loro si muovono molto bene con i piedi quindi penso sia solo un problema di approccio mentale alla preparazione che potrebbero fare e come sfruttare la loro altezza per trarne un vantaggio abissale . Sono sicuro nel dire che un giocatore come Opelka, lavorando fisicamente nella maniera adeguata potrebbe diventare un futuro top ten“.
A livello di slam juniores però non c’è stato solo il titolo di Opelka (per altro successore di un altro ragazzo a stelle e strisce, Noah Rubin) a Wimbledon ma anche quello di Tommy Paul al Roland Garros, vincitore in finale sul connazionale Taylor Fritz, è la fine della storica sudditanza degli americani sulla terra?
“È stata una finale sicuramente inaspettata” racconta Mauti “ma non tutti sanno che la USTA, che ha sede qui a Boca Raton, ha campi in terra verde oltre che in cemento e i ragazzi passano moltissimo tempo ad allenarsi sulla terra che alcuni di loro chiamano ‘dirty’. In aggiunta a questo molti coach della federazione sono argentini e quindi hanno le idee molto chiare su come sviluppare il gioco su terra. Tra l’altro Tommy Paul (che ha conquistato il main draw degli US Open sfruttando al meglio la wild card ricevuta nelle qualificazioni e ha perso senza troppo sfigurare contro il nostro Andreas Seppi n.d.r.)ha avuto una storia piuttosto curiosa, l’USTA l’aveva allontanato da ragazzino ritenendo che non avesse qualità sufficienti, poi si sono dovuti ricredere com’è evidente… ”.
Non solo di giovani vincitori di slam si nutre il panorama delle promesse a stelle e strisce, in particolare nel sottobosco di qualificazioni e tornei juniores muovono i loro passi le sorelle Tornado e Hurricane Black che proprio Mauti ha difatto presentato agli appassionati italiani con un articolo di un annetto fa:
“Come ho detto in passato ho un debole nei confronti delle sorelle Black visto che le conosco sin da quando sono bambine e che ritengo convintamente che possano diventare buonissime giocatrici. Tornado sta vivendo un momento difficile visto ha avuto alcuni infortuni fisici e sta recuperando ma la qualità resta sempre tanta . Si sta concentrando maggiormente su tornei ITF di alto livello (prevalentemente da 25.000 e 50.000 $ di montepremi, n.d.r.) e qualificazioni dei WTA e a mio parere è una scelta giustissima .Se si hanno le qualità e si vuole migliorare si deve competere con I migliori e non cercare di racimolare punticini o competere per il ranking juniores. Quanto a Hurricane, ha veramente qualità fisiche sopra la media e facendo un lavoro mirato sia a livello tecnico che soprattutto mentale la si può portare a livello veramente alto”.
La crescita dei tennisti e la giusta promozione del talento sono stati e sono l’oggetto di dibattiti a volte anche dai toni aspri nell’universo USTA proprio per i motivi detti, e oggi che i giovani promettenti sono davvero tanti in mano alla federazione americana il ruolo del da poco insediato nuovo responsabile giovani Martin Blackman è piuttosto complicato, ma Giampaolo Mauti che lo conosce bene dichiara molta fiducia nei suoi confronti:
“La prima cosa che mi sento di dire riguardo a Martin Blackman è che lo conosco di persona e lo ritengo una persona molto intelligente e preparata e in più è un uomo di campo, appassionato, che passa tantissimo tempo ad allenare I ragazzi in prima persona . Inoltre ha già iniziato a collaborare con le accademie e i vari coach per il bene dei ragazzi, cosa che aiuterà I giovani tennisti a non accelerare I tempi ma a concentrarsi maggiormente sullo sviluppo della loro carriera”.
Di sicuro il lavoro duro che Blackman è destinato a coordinare per il settore maschile avrà declinazioni diverse al femminile dove il movimento gode di ottima salute ai vari livelli e ora che gli Stati Uniti saranno protagonisti prima con lo US Open in fase di svolgimento e poi a fine anno con i grandi appuntamenti juniores in Florida, l’Eddie Herr e l’Orange Bowl, il tempo di bilanci e quello delle previsioni di crescita per le più giovani in qualche modo si conciliano:
“Per quanto riguarda le più affermate, penso che Madison Keys in futuro potrebbe vincere più di uno Slam Ha un gioco molto esplosivo, un grandissimo servizio e un fortissimo dritto, inoltre ha ancora tantissimi margini di miglioramento quindi quando arriverà nel pieno della sua maturazione tennistica sarà sicuramente una giocatrice che potrà lottare per essere numero 1 al mondo, ma quest’anno è l’anno di Serena ovviamente… Attenzione anche a Sofia Kenin, ha vinto a Kalamazoo e può diventare una giocatrice interessante e per quanto riguarda le giovanissime in prospettiva Eddie Herr e Orange Bowl farei molta attenzione a Gabriella Price, sta crescendo vistosamente giorno dopo giorno e non mi stupirei se dovesse fare un exploit a dicembre”.
Al momento della consegna di questo articolo nessun americano ha superato il quarto turno del torneo principale, con John Isner e il sorprendente Donald Young fermati rispettivamente da Roger Federer e Stan Wawrinka, ma quattro ragazzi si giocheranno i quarti di finale del torneo juniores. In attesa che al femminile Serena Williams possa segnare definitivamente il suo nome nella storia, il tennis americano al maschile in prospettiva e senza cullarsi può finalmente sorridere.
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