di Michele Galoppini
I risultati del primo turno di Fed Cup che si sono resi ufficiali quest’ultima domenica hanno riportato a galla tante preoccupazioni e numerose critiche relative alla squadra italiana ed al movimento che non sembra dar supporto alle grandi azzurre, sempre più “anziane” e sempre meno in numero.
L’Italia, ormai si sa, è stata per il secondo anno consecutivo eliminata dalla compagine francese nel primo turno della maggiore competizione a squadre. Un secco 4-1 ha portato le transalpine in semifinale con l’Olanda, altra protagonista di una disfatta di una grande del tennis, la Russia, totalmente incapace di mostrare del tennis quantomeno competitivo e che ha perfino dovuto combattere con i capricci (inaccettabili perché opportunistici) di una Maria Sharapova, presente solo per potersi prendere il pass olimpico, cosciente che non accetterà più alcuna convocazione in squadra e che di russo e patriottico sembra avere ben poco. Sembra si sia addirittura guadagnata le critiche feroci dell’ex capitano Tarpischev, che sembra le abbia destinato un “non si affanni a conquistarsi un posto a Rio perché per la Russia non ci parteciperà”. Lasciando in terra russa i loro disastri, meglio se pensiamo ai problemi di casa Italia.
L’eliminazione per mano francese ci obbliga a salvare la nostra posizione nel World Group con una sfida contro la Spagna, che nasconde non poche insidie. Gli iberici sono guidati da Carla Suarez Navarro e Garbine Muguruza: certamente le due giocatrici fanno moltissima paura, ma è anche vero che la Suarez Navarro è tutt’altro che imbattibile (e la Errani lo ha già dimostrato più volte) e la Muguruza, a seconda della superficie e dell’avversaria, potrebbe incappare in match molto negativi. Difficile anche prevedere quale sarà la superficie scelta dalla Spagna, poiché la terra rossa può esaltare la Errani e mettere in difficoltà la Muguruza, mentre il veloce potrebbe togliere smalto a Carla Suarez Navarro per darlo a Camila Giorgi, in grado di fare certamente match alla pari anche con la Muguruza. Bisogna anche considerare la posizione di Karin Knapp e Roberta Vinci. L’altoatesina è prossima al rientro in campo e potrà dare man forte all’Italia, mentre la tarantina può mettere in seria crisi anche la Muguruza, particolarmente sofferente sulle variazioni di gioco e soprattutto in avanzamento ed a rete.
Proprio la posizione della Vinci è quella che ha scatenato, al solito, le maggiori polemiche: la tarantina ha scelto di dedicarsi alla WTA piuttosto di seguire la squadra azzurra, “causando” la convocazione di Martina Caregaro, che per quanto in ascesa (arriva da un ottimo 2015 dove si è guadagnata il best ranking attorno alla 250esima posizione e tutto fa presupporre almeno la top200 a fine 2016) ancora non può nulla contro le giocatrici al top, e soprattutto forzando la scelta delle singolariste e privando l’Italia di una doppista di assoluta qualità. Non bisogna però dimenticare la delicata rottura tra Sara Errani e Roberta Vinci: è chiaro che supporre la presenza di entrambe in squadra avrebbe potuto mettere in difficoltà sportive e forse personali entrambe le atlete azzurre, persone umane prima di atlete.
E quasi per non saper che altro dire, anche Flavia Pennetta è stata tirata in mezzo dalla crisi isterica di chi vuol vedere l’Italia tornare a vincere. Flavia ha detto chiaro e tondo che a tennis non vuole più giocare, né ora, né all’Olimpiade. La classifica ce l’ha ancora solo per dare un contentino al CONI, che ancora spera, come se la Pennetta fosse la salvatrice dello sport italiano, di vederla portabandiera prima ed eroina sul campo poi. In sintesi, lasciamo in pace chi ha scelto di dire basta e chi, nel pieno dei suoi diritti, vuole pensare con tranquillità alla sua, probabilmente, ultima stagione nel circuito mondiale.
Detto questo, è chiaro che la situazione in Italia non sia delle migliori, quantomeno per il momento: Pennetta ritirata, Schiavone non più in grado di mostrare i livelli di tennis di una volta, Giorgi poco affidabile, come generalmente le altre riserve. Ed è questo il maggiore problema italiano: la mancanza attuale di riserve di alto livello. Negli anni d’oro, che hanno portato l’Italia a vincere 4 Fed Cup in 8 anni dal 2006 al 2013, non c’erano solo le big a portare in alto i nostri colori, ma anche “riserve” del calibro di Tathiana Garbin, Mara Santangelo, Errani e Vinci stesse, Alberta Brianti e non solo, pronte a scendere in campo in sostituzione di eventuali mancanze. Allo stato attuale, non ci sono effettivamente riserve, perché nelle titolari necessitiamo della Caregaro (non si vuole certamente tacciare l’aostana di “incapacità” tennistica, ma è ovvio che per ora la giovane azzurra non sia in grado di dare man forte alle altre azzurre).
Eppure, per fortuna, qui si vuole continuare la lotta contro chi dice che in Italia non c’è movimento dietro alle migliori. Siamo un po’ in ritardo rispetto a tutte le altre nazioni, è vero, ma ciò non significa che non arriveremo. A livello junior, l’Italia al femminile è costantemente nelle cronache dei migliori risultati ed i prospetti migliori non si riescono a contare sulle due mani a nostra disposizione. Tra le giovani invece sono tantissime le 1995, 1996, 1997 e non solo che già hanno dimostrato tutte le loro eccelse qualità tecniche, solidissime basi per non essere una meteora del tennis ma una brillante stella del futuro. Perdonate se si mancano alcuni nomi nell’elenco, ma Alice Matteucci, Georgia Brescia, Cristiana Ferrando, Bianca Turati, Jasmine Paolini, Jessica Pieri e non solo hanno tutte migliorato sensibilmente la loro classifica e/o il loro gioco nel 2015, pronte ad un 2016 coi fiocchi. Coi fiocchi non significa che raggiungeranno la top100 e faranno match alla pari nei tornei WTA, ma che in quest’anno continueranno la loro crescita solida, costante e promettente.
Facciamo due conti: l’ultima volta che l’Italia non giocò nel World Group di Fed Cup fu nel 2001 e nel 2006 cominciò un ciclo indimenticabile e che tuttora sta andando avanti in minore portata. Se anche dovessimo retrocedere, nel 2017 non giocheremo il World Group; lasciamo passare 5 anni ed arriva il 2022: le nostre migliori stelline avranno tra i 25 ed i 28 anni, un’età che per le azzurre ha sempre portato tante delle migliori soddisfazioni.
I cicli sono chiamati così perché necessitano di un periodo di magra prima di riportare splendore. E se il periodo di magra dovesse arrivare proprio ora, non disperiamo. E sono convinto che Errani in primis, Giorgi a ruota, e Knapp in scia potranno farci ancora sognare, almeno qualche volta.
PS: ricordiamo che il penultimo Slam della storia ha visto trionfare Flavia Pennetta, che sulla sua strada ha distrutto giocatrici come Simona Halep e Petra Kvitova prima di battere in finale, nella prima finale della storia tutta azzurra, Roberta Vinci, capace di letteralmente mandare in depressione la numero 1 al mondo Serena Williams, di disintegrare il suo sogno chiamato Calendar Grand Slam e di segnare l’upset tennistico più importante della storia femminile. Forse così male non sta proprio andando…
PPS: ho il sospetto che il 90% di coloro che stanno raccontando disgrazie del nostro tempo tennistico, basandosi sul risultato della Fed Cup, è fatto da coloro i quali, quando ne abbiamo vinte 4, dicevano che la Fed Cup non conta niente perché non ci partecipa nessuno. L’importante è la coerenza (e da parte mia, togliermi un paio di sassolini dalla scarpa).
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