di Sergio Pastena
Osservatela bene, la foto in alto. Quelli a sinistra sono due impeccabili prototipi di inglesi “fine ‘800”: slanciati, capelli impomatati e baffo curato d’ordinanza, pantaloni lunghi e alti come si usavano all’epoca e camicia inamidata. Erano famosi, erano vincenti: erano i gemelli Renshaw, William e Ernest. Sì, ma quello a destra? Chi era sto zozzone col baffo che gli copre mezza faccia, la camicia spiegazzata, il cappello da fantino e quegli orrendi pantaloni a pinocchietto? Chi profana lo stile inglese? Chi bestemmia nella cattedrale del tennis? Ci torneremo su, prima parliamo brevemente dei due a sinistra.
William e Ernest Renshaw dominarono il tennis inglese nel decennio dal 1880 al 1890. William vinse ben sette volte il singolare, Ernest una sola ma, in coppia col fratello, si prese cinque volte il doppio. Icone di stile, maestri del gioco, precursori nel campo dei fratelli.
Dopo di loro vennero i gemelli Baddeley, Wilfred ed Herbert. Fortissimi ma non quanto i Renshaw (“solo” quattro doppi e tre singolari, tutti di Wilfred) e, soprattutto, meno stylish: baffo troppo francese, capello poco schiacciato. Infine, a cavallo del secolo, fu il momento di Reginald e Laurie Doherty, che avevano tre anni di differenza ma erano identici: i più forti, stando ai risultati. Quattro singolari Reginald, cinque Laurie, otto doppi assieme. Però erano fastidiosamente chic: capello ondulato, mascella squadrata, rasatura totale. Troppo alla Oscar Wilde per rientrare nel canone sobrio del perfetto “signor Banks”.
E lo zozzone? Ah, beh, lui si chiamava Herbert Lawford e aveva una decina d’anni più dei Renshaw: all’epoca era il loro rivale più credibile. Mai contrasto poteva essere più forte: i gemelli erano originari di Leamington, città termale del Warwickshire invasa di giardini e castelli. Herbert invece era di Bayswater: due passi da Westminster, se vogliamo, ma tutt’altra cosa. Intendiamoci: parliamo di Londra città e di zone più che buone, ma all’epoca era pur sempre il quartiere multietnico, un piccolo suq molto suggestivo ma tutt’altro che altolocato. E vogliamo parlare dei nomi? Risalendo all’etimologia troviamo che William deriva da “protettore della regina” e Ernest da “uomo affidabile”. Patriottismo e serietà, in altre parole i Renshaw. Ed Herbert? Deriverebbe da “guerriero”, ma nello slang britannico un “Herbert” è un uomo buffo, un sempliciotto o addirittura un impertinente. Esatto, proprio quello che agli occhi degli inglesi era il ritratto di Lawford, colui che profanava il tempio e più che un tennista sembrava un comico che gli faceva il verso. Mai come stavolta possiamo dire omen nomen.
Lawford perdeva continuamente dai Renshaw: di misura, lottando, sbuffando, ma alla fine la spuntavano sempre loro. Destini scritti, verrebbe da dire: dal gioco, dallo stile e anche dalla sfiga. Sì, perché se osservate attentamente la foto di Lawford potrete notare che quella è un’impugnatura Full Western: proprio così, il buon Herbert teneva la racchetta come Nadal ed è stato il primo giocatore ad usare il top spin. Solo che all’epoca, agli occhi della gente, non era un innovatore ma un burlone che impugnava la racchetta in una maniera un po’ stramba e non andava quasi mai a rete. Già… un attaccante da fondo: praticamente era in anticipo di un secolo. Invece William Renshaw… ah, William Renshaw, lui sì che era un piacere per gli occhi: nella mitica finale del 1881 contro il reverendo Hartley si era prodotto in una mirabilia, colpendo la palla dall’alto in basso con una potenza spaventosa. Era nato lo smash. Ora… chiunque sa un minimo di tennis potrà capire come, per il tennis d’oggi, il top spin abbia un’importanza decisamente maggiore della schiacciata: il povero Lawford, però, non si vide mai riconosciuti questi meriti.
Lawford era ai nastri di partenza di Wimbledon già dalla seconda edizione, quella del 1878: arrivò alle semifinali degli sfidanti (all’epoca la formula era del Challenge Round) perdendo da Ersking. Al primo incontro aveva battuto tale Capt. Grimston. Sì, il capitano Grimston, avete capito bene: all’epoca si andava in tabellone anche coi gradi, mentre oggi potremmo trovare scritto Gen.Righetti solo in un torneo interforze. Dopo una sfortunata parentesi nel 1879 (subito eliminato) l’anno dopo finalmente la vittoria nel torneo degli sfidanti: Lawford dominò tutti, soffrì solo contro il forte Richardson, ma nella sfida col detentore John Hartley (sì, il reverendo) dovette inchinarsi in quattro set. Tuttavia, in fondo, bisognava solo tarare il gioco: era possibile nonostante i 30 anni di Herbert, nato nel 1851.
Però… c’era un però e quel però erano i gemelli Renshaw. In particolare William, che Lawford si trovò di fronte nella semifinale del torneo dei candidati del 1881: sconfitta in cinque set, nonostante il primo vinto 6-1. L’anno dopo? Stessa sorte in semifinale, però stavolta contro Ernest: dannati giovani che lo bruciavano alla distanza, mentre gli anni passavano. Nel 1883, addirittura, Lawford ebbe la sfiga immonda di beccare Ernest al primo turno. Risultato? Sconfitta al quinto set, ma stavolta solo per 6-5. Insomma, Lawford cresceva con l’età, prendeva le misure e nel 1884 vinse persino il torneo dei candidati (il titolo era sempre detenuto dall’imbattibile William): no, non battè Ernest che era inciampato in semifinale, ma tale Grinstead. Finale contro William Renshaw, sconfitta in tre set di cui due lottati.
E’ il 1885 l’anno in cui Lawford “l’impertinente” la fa grossa e sfata uno dei suoi tabù: vittoria nel torneo dei candidati in finale contro Ernest Renshaw, finalmente uno dei due fratelli sconfitti! Sempre al quinto, ovviamente. E William? Nisba. In finale gli ruba un set, per altri due lotta colpo su colpo ma alla fine perde in quattro. A 35 anni, nel 1886, la fiducia è ormai minata: vince il torneo degli sfidanti, ci riprova ma il risultato è uguale: William Renshaw in quattro set. Più forte del fratello, troppo forte anche per lui. Poi, nel 1887, la parola magica: epicondilite. Il famoso gomito del tennista, che all’epoca era tutt’altro che famoso: era la prima volta che si verificava un caso del genere e paradossalmente andò a colpire proprio William Renshaw, quello che ormai a Wimbledon giocava solo per la difesa del titolo.
Alla vigilia arrivò la conferma: William dà forfait, il torneo “All Comers” diventa anche torneo per il titolo. Ed Herbert ci crede e si presenta di nuovo al via, coi suoi pantaloni a mezza caviglia e il suo baffo-cespuglio. Fuori Barlow, che regge solo un set. Fuori Milne: stessa trama, un set combattuto e due dominati. Fuori Grove, che strappa il primo ma poi deve piegarsi. Dall’altra parte del tabellone arriva Ernest Renshaw, anche lui a caccia del primo titolo: è più giovane e più fresco, ha usufruito di un walkover in semifinale, nel primo turno ha lasciato un solo game all’avversario e l’unico ostacolo serio è stato Lewis nei quarti.
Parte bene, Ernest, che piazza un 6-1 che stordisce il povero Lawford. Troppo presto per arrendersi, però: Herbert porta a casa il secondo per 6-3 ma, quando il meno forte dei Renshaw gli restituisce lo stesso punteggio nel terzo, sono in pochi a crederci. Ci sono dieci anni di differenza tra i due, in fondo: più la partita si allunga, più Ernest è favorito. E’ a quel punto che Herbert decide che entrare nella storia del tennis come un perdente di successo non è il massimo: 6-4 6-4. Wimbledon è di Lawford. Wimbledon è di quello vestito male, brutto e che impugna la racchetta “like a butcher knife”, come un coltello da macellaio.
Giocò altre due edizioni, il baffo: onorò il ruolo di difensore, seppur cedendo ad Ernest che finalmente conquistò il suo primo titolo. Poi, nel 1889, si inchinò in semifinale all’unico Renshaw che non era mai riuscito a battere: William, che andò di lì a poco a completare quello che sarebbe stato il suo canto del cigno. Era soddisfatto, Lawford: vide passare l’epoca degli inglesi, intaccata poco a poco prima dagli americani nel doppio e poi dagli australiani nel singolare. Farà in tempo a vedere la coraggiosa sconfitta di Norton contro Tilden e, soprattutto, la finale che avrebbe segnato un epoca, quella del 1924: Borotra batte Lacoste, gli inglesi non sono più primi neanche in Europa. I fratelli Renshaw erano morti giovanissimi: Ernest nel 1899, William nel 1904, a cavallo dei quarant’anni. Lui, ultimo rimasto dell’epoca, se ne andò l’anno dopo l’arrivo dei francesi, come a sancire un cavalleresco passaggio di consegne.
Ci sarebbero state le tre vittorie di Perry e poco altro: l’era degli inglesi era finita.
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