Roger Federer si impone a Cincinnati: gerarchie ristabilite?
di Calogero Campione
A Cincinnati il responso è chiaro: Roger Federer è ancora il più forte.
Il fuoriclasse svizzero, da poco tornato sulla vetta del ranking mondiale, si è aggiudicato per la terza volta in carriera il Master 1000 americano, che aveva già vinto nel 2005 e nel 2007.
E’ il sedicesimo Master 1000 (ex Master Series) in bacheca, ad un passo dall’ennesimo record, quello detenuto da Andrè Agassi, giunto a quota 17.
L’indicazione è chiara: se Roger gioca così, non ce n’è per nessuno.
Dopo la bruciante quanto inattesa sconfitta contro Tsonga nei quarti a Montreal, Federer si è presentato a Cincinnati con molte riserve e poche certezze.
Il Roland Garros prima, il 15esimo Slam poi, a cui ha seguito la paternità, avevano gettato dei dubbi sulle reali motivazioni dello svizzero, da alcuni ormai considerato appagato e quasi privo di stimoli.
Così, dopo aver rischiato le pene dell’inferno nei quarti contro quel diavolo di Ferrer, Re Roger si presentava puntuale in semifinale in compagnia degli altri Fab Four: il favorito Murray, l’altalenante Djokovic e il rientrante Nadal.
In un atipico scontro in semifinale tra numero 1 e 2 del mondo, frutto del recentissimo sorpasso di Murray ai danni di Rafa, Roger ha tirato fuori il meglio della propria argenteria, ridimensionando le sfrontate ambizioni del giovanotto di Dunblane, che lo aveva sconfitto 6 volte negli ultimi 7 head to head: 6-2, 7-6 il punteggio a favore dello svizzero.
A seguire, un Djokovic d’annata ha dominato un Nadal lontano parente da quel famelico conquistatore di tornei apprezzato fino a primavera: 6-1, 6-4 per il serbo, tirato a lucido per l’occasione come mai lo si era visto quest’anno.
In finale, quindi, sarà Federer-Djokovic. E il Re riparte da dove aveva concluso, ovvero dal ritmo martellante con cui aveva steso Murray. Il primo set è da antologia e lo incamera in un baleno (6-1).
Nel secondo, il solito frequente calo di tensione dello svizzero porta Nole sul 3-0: Federer si risveglia e chiude 7-5, piazzando il break decisivo nell’undicesimo gioco.
Ad una settimana dagli Us Open, le gerarchie, mai così variabili come quest’anno, sembrano essersi ristabilite, perlomeno al vertice: Federer prima, gli altri dopo.
Le varianti arrivano nelle retrovie: più Murray di Djokovic, Nadal è l’incognita. E occhio a Del Potro. Roddick e Tsonga possibili outsider.
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