Un superbo Roger doma un grandissimo Roddick e fa 15: la leggenda continua
di Calogero Campione
Roger Federer ha impresso l’ennesimo sigillo nella storia del tennis.
Al termine di una finale dal sapore thrilling, lo svizzero ha vinto per la sesta volta il torneo di Wimbledon, aggiudicandosi il quindicesimo titolo dello Slam. E’ record.
Mai nessun tennista nella storia di questo sport era riuscito a vincere tanto.
L’ultima gemma è arrivata lì dove era iniziata la straordinaria carriera del campione elvetico,
che nel 2003 aveva vinto proprio a Wimbledon il suo primo torneo dello Slam.
Ed è stata forse la più sofferta tra tutte, senza dubbio la più sospirata: 16-14 il punteggio in finale, contro un indomito Roddick, salito ad un livello di gioco forse mai raggiunto dallo statunitense, neanche all’epoca in cui era il numero 1 del mondo, nel novembre del 2003.
Roddick è partito benissimo, chiudendo il primo set (7-5) e portandosi avanti nel tie-break del secondo per 6 punti a 2: qui, forse, è girato il match. L’americano ha sbagliato una comoda volèe di rovescio e ha subito la rimonta di un incredulo Federer, pronto ad infilare 6 punti consecutivi chiudendo il set a suo favore.
A questo punto, quando era lecito attendersi un calo psicologico di Roddick, la partita si indirizza invece su un binario di perfetta parità, col punteggio che segue i turni di servizio.
Anche il terzo set si decide così al tie-break: Federer, stavolta, lo chiude senza patemi (7-5).
Ma il Roddick di oggi è lontano parente del comprimario che ha quasi sempre fatto da sparring partner nelle finali disputate contro Roger.
Così, nel quarto game del quarto set, l’americano piazza il break decisivo, che conserva strenuamente fino a chiudere il parziale col punteggio di 6-3.
Si va al quinto. È l’inizio di un terno al lotto, una maratona da cardiopalma.
Roddick annulla un’insidiosa palla break nel secondo game; dopodiché i game scivolano velocissimi grazie alla solidità al servizio di entrambi (a fine match saranno 50 gli aces di Federer, quelli di Roddick).
Il momento della svolta arriva sul 15-14 in favore dello svizzero: al primo match-point dell’incontro, l’americano stecca il dritto e si arrende dopo quattro ore di epica battaglia.
Roger, braccia al cielo, compie l’ennesima impresa in questo sport, guadagnandosi l’epiteto di tennista più grande di tutti i tempi. E se qui non c’è l’unanimità, sul fatto che sia il più vincente di tutti i tempi non sussistono dubbi, sono numeri, non chiacchiere.
La leggenda è in divenire, poiché Federer l’ha creata in un mese (Parigi e Wimbledon) ma può riscriverla ancora, avversari permettendo.
Onore comunque a Roddick, indomito e battagliero lo è sempre stato, così competitivo quasi mai.
E chissà che la collaborazione intrapresa col coach Stefanski, che lo ha condotto ad un livello tale, possa in futuro ricompensarlo di ciò che oggi gli è sfuggito di un soffio.
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