di Roberto Commentucci
Nessuno lo vuole veder giocare, Davydenko. Non interessa a nessuno. Prototipo dell’antipersonaggio, ha giocato per anni senza alcuno sponsor disposto a griffare le sue magliette, intrise di sudore operaio.
Quando gioca, i suoi match di primo e secondo turno vengono programmati sui campi più improbabili. E sempre, in tutti i suoi match, su tutti i campi del mondo, il pubblico trova una qualche ragione per tifare per il suo avversario. Se gioca con uno di classifica inferiore, la gente tifa per lo sfavorito, l’underdog. Se gioca contro uno dei primissimi, il pubblico si schiera per gli altri, più personaggi, più spettacolari, più tentuosi, più bravi nel marketing e nelle pubbliche relazioni. Davydenko, silenzioso, taciturno, enormemente determinato, gioca sempre fuori casa, ha sempre tutti contro.
Solo in una circostanza le cose andarono diversamente. Lo scorso anno al Foro, fu il pubblico romano, il tanto bistrattato pubblico romano, che seppe riconoscerne il valore. Davydenko, incredibilmente, stava mostrando al mondo che è possibile sfidare il Minotauro Nadal anche all’interno del Labirinto di Cnosso, sulla terra rossa, sul suo terreno: da fondo campo, senza paura. Giocò un match incredibile il russo, con degli anticipi di diritto e rovescio che sul clay li avevano mostrati solo Agassi e Rios nelle loro giornate di grazia. Il Toro era alle corde.
La gente non ci credeva, si scambiava occhiate di stupore e meraviglia.
Poi, a metà del terzo set, dopo l’ennesimo scambio incredibile, mozzafiato, ecco che succede l’inesplicabile: prima sommesso, poi sempre più forte, inizia a rumoreggiare un coro, che si diffonde per lo stadio:
Da-vy-de-nko, Da-vi-de-nko, Da-vy-de-nko…
I bicipiti luccicanti di Rafa, il fascino della bandana e dei pantaloni da pirata, dimenticati. Il marketing scientifico della Nike, inutile…
Da-vy-de-nko, Da-vy-de-nko, Da-vy-de-nko…
Ora è tutto il Foro, che urla la sua ammirazione, e sembra di essere al Colosseo: il popolo romano rende omaggio al gladiatore slavo, che sfida il terribile, imbattibile fromboliere balearico.
Kolya sembra non credere alle sue orecchie. Non ci è abituato, non gli capita mai, forse nemmeno in Russia, dove nel cuore hanno Marat, e poi semmai Misha Youzny, il talentuoso.
Con un lieve sorriso, Davydenko colpisce in anticipo l’ennesimo rovescio bimane, impatta sopra la spalla, per non far salire il micidiale liftone mancino del balearico… e ancora, e ancora, e ancora…
Uscirà sconfitto, il coraggioso slavo.
Ma la folla del Foro, il pollice rivolto verso l’alto, come a chiedere una metaforica grazia all’imperatore, riscatta in un solo attimo, con il suo omaggio, tutta l’esistenza di un campione gregario, e pone per una volta rimedio alle ingiustizie della Civiltà dell’Apparenza.
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