di Alessandro Nizegorodcew
“Gli ottimi risultati dei tennisti italiani nel Roland Garros sono lo specchio di uno sport che sta crescendo per interesse, pratica e atteggiamento favorevole del pubblico verso gli sponsor. L’analisi emerge dalla ricerca Sponsor planning di StageUp e Ipsos, secondo cui lo sport della racchetta conta 24,5 mln di italiani interessati, in crescita del 3,4% sul 2011, rappresentando il sesto sport più seguito nel nostro Paese.” (Fonte: Ansa)
Partiamo così, da questa agenzia Ansa uscita intorno alle ore 13 di oggi, 14 giugno 2012. La notizia è sicuramente positiva, a prescindere dalla veridicità della ricerca e dalle motivazioni che avrebbero spinto gli appassionati a seguire il tennis. Da una parte ora si dirà che il merito è della Federazione Italiana Tennis, che ha aumentato il numero di tesserati e di praticanti, che sta lavorando sui giovani, che sta costruendo un movimento finalmente convincente. Dall’altra, i detrattori, parleranno di Sara Errani e della sua “costruzione” tennistica tutt’altro che italiana (Stati Uniti e soprattutto Spagna), della nuova (seconda) interrogazione parlamentare di due senatori dell’Italia dei Valori Felice Belisario e Fabio Giambrone. L’argomento è lo stesso (la volontà di vedere chiaro sui conto della FIT) così come il destinatario (Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, Piero Gnudi).
La verità è nel mezzo? Probabilmente si. Ma cerchiamo di capire anche da dove arriva questa ricerca e cos’è lo Stage Up. Ecco come si presenta il Gruppo attraverso il proprio sito internet e successivamente il video in cui si parla di questo grande risultato del tennis, primo sport individuale per numero di appassionati (e, aggiungiamo noi, di praticanti):
“Il Gruppo StageUp è nato nel 2001 e si articola in 2 divisioni: StageUp Sport & Leisure Business e StageUp Consulting.
StageUp Sport & Leisure Business è tra le imprese di riferimento a capitale italiano nella consulenza di direzione, ricerche, advisoring e formazione nei mercati dello sport, della cultura e dello spettacolo.
StageUp interviene su tutta la catena del valore dei Clienti (occupandosi di strategie, progettazione, pianificazione e controllo, negoziazione e buying, supervisione e realizzazione di progetti operativi) operando principalmente nei seguenti ambiti: Sponsoring, Product Placement, Event Management, Media Rights & Broadcasting, Arena Management.
Tramite la divisione StageUp Consulting, la Società opera nei settori della tecnologia e dell’innovazione con servizi che spaziano dalla consulenza di direzione all’advisoring, passando per lo sviluppo, la commercializzazione e la produzione di hardware e software.
Fra i clienti si annoverano primarie aziende nazionali e multinazionali, organizzazioni sportive e culturali, istituzioni ed enti pubblici.
StageUp si avvale, per alcune aree di intervento, del contributo prezioso di Partner d’eccellenza: Ipsos, secondo player al mondo nei servizi di ricerca di mercato, e l’Osservatorio di Pavia, istituto di analisi della comunicazione, nell’area Ricerche; Master in Strategie per il Business dello Sport (SBS) nell’area Formazione.”
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Una frase colpisce in particolare, quella sul target. “Qui siamo di fronte ad un target upper class.” – spiega il presidente di StageUp Giovanni Palazzi – “Andare sul tennis significa andare a colpire un segmento upepr class, con potenzialità di acquisto per certi versi uniche.” Insomma non parliamo di ricchi ma di ricchissimi, che sono la parte principale di questo di gran numero di appassionati. Quindi, il tennis è uno sport per ricchi in tutti i sensi?!
Gli spunti di riflessione, in questi giorni, sono tanti (per non dire infiniti).
Un altro argomento piuttosto interessante è quello relativo alla globalizzazione del tennis. Nel video di StageUp si parla del cambiamento del “nostro” sport dai tempi di Panatta e Barazzutti a quello di oggi. Argomento interessante ma su cui dibattere. Oggi probabilmente si seguono maggiormente i vari Federer, Djokovic e Nadal di quanto si seguivano i grandi campioni di allora? O è uno sport che è sempre stato più globale che nazionale. E i risultati degli italiani di allora e di oggi? Insomma la discussione è molto ampia e complessa e la sensazione è che non si possa arrivare ad una sola e semplice verità.
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