di Enrico Maria Riva
Hai voglia a dire che il tennis è uno sport nato secoli fa. Dipende. Non per tutti. In Mongolia a giocare a tennis ci sono arrivati tardi. Molto tardi. Nel 1990 si sono affiliati all’ITF, ci hanno provato per un po’ da soli ma si sono accorti di non essere in grado di creare un movimento. Allora hanno deciso di chiedere aiuto al Giappone. Una cosa ufficiale: la federazione mongola (MTA) scrive al governo giapponese: “per favore venite a insegnarci a giocare a tennis”. Se si pensa che i giapponesi da anni chiedono aiuto ai coach italiani, è un po’ come fossimo stati coinvolti anche noi.
A Tokyo devono essersi detti: “vista l’impresa disperata, meglio mandare il migliore allenatore che abbiamo. Chiamate Masahiko Yoshida”. Nato nel 1977 a Osaka, Yoshida è l’unico coach nipponico con certificato ITF 1, ha lavorato con Matsuoka, Kimiko Date e Ai Sugiyama, insomma, conosce il mestiere. Nel 2002, probabilmente non entusiasta di trasferirsi in una delle città più inquinate al mondo, raggiunge Ulaanbaatar. Il primo giorno di lavoro per la federazione mongola dev’essere stato un incubo: 30 giocatori, 15 palline e 7 racchette da tennis. Per i primi tempi Yoshida si arrangia e organizza gli allenamenti con palle create con fogli di giornali arrotolati e tenute assieme con lo scotch.
Ma è uno con le spalle larghe Yoshida. Il mestiere lo ha imparato in USA e poi si è fatto le ossa nei posti più improbabili: Kenya, Tahilandia, Kazakhstan. Persino nelle Samoa. Gli ci sono voluti 2 anni e mezzo di allenamenti, seminari e workshop ma alla fine i risultati sono arrivati e i primi giocatori mongoli si sono affacciati sul circuito ITF. Un’impresa titanica che lo ha visto anche nel ruolo di amanuense, intento a tradurre il manuale ITF 1 in mongolo in modo da renderlo accessibile ai neo colleghi autoctoni.
Yoshida se n’è andato nel 2004 ma i suoi insegnamenti non sono andati del tutto perduti. In 4 anni la MTA è stata in grado di creare una squadra nazionale in grado di partecipare alle fasi regionali della coppa Davis 2008, togliendosi anche la soddisfazione della prima, e finora unica, vittoria contro il Qatar. Certo, la situazione del tennis mongolo è ancora piuttosto disperata. Nessun giocatore, maschio o femmina che sia, ha mai disputato un incontro in un tabellone Futures e gli unici tre tentativi sono naufragati in rapide sconfitte nelle qualificazioni. Ci ha provato due volte Baatar Oyubat, classe 1989, nel 2006 in Cina e ci ha ritentato 6 anni dopo Munkhbaatar Badrakh, classe ’90, con identico risultato.
Nel 2009 Masahiko Yoshida è tornato ad occuparsi di Mongolia, diventando National Coach. Il compito della MTA tuttavia non è ancora quello di creare campioni bensì di gettare le basi per far radicare il movimento. E’ così che gente come Erdenebaya Duulenbayar si dedica ad imparare il mestiere di coach, lavorando presso la Hong Kong International Tennis Accademy assieme a Yoshida stesso.