Come hai cominciato a testare i telai? Qual è stato il tuo percorso?
È una storia lunga, cominciata una decina di anni fa, e forse anche qualcosa in più, quando ho cominciato a lavorare anche come maestro, dopo gli studi. Mi sono sempre interessato dell’argomento in realtà e, anche quando giocavo, mi piaceva sapere che tipo di corde montare, quale sarebbe stata la tensione migliore e tutto ciò che riguardasse il setup degli attrezzi. Ho cominciato a collaborare quindi con Tennis Italiano.
Che cosa vuol dire essere un tester? Qual è la filosofia che accompagna il tuo lavoro?
Significa che siamo oramai a oltre 300 modelli di racchette testati, delle quali ho un mio database personale. Lavoro, oltre che come giornalista, soprattutto come maestro per oltre mezza giornata al Tc Milano “Alberto Bonacossa”. Diciamo che difficilmente passo tutta la giornata con una sola racchetta in mano e anche i bambini o le ragazzine che alleno chiedono con curiosità o invidia di cosa si tratta. Credo che il motore fondamentale sia la mia di curiosità e la voglia di provare, in qualche modo anche di cambiare sempre, in qualche modo.
Che impegno comportano i test? Qual è la parte piacevole e quale quella stressante di questo tipo di attività?
In realtà di stressante non c’è niente. L’impegno è serio perché testiamo ogni mese quattro o 5 modelli diversi, non solo quelli pubblicati sul numero mensile di Tennis Italiano. Mi viene da sorridere quando penso che in questo periodo dovrei, in qualche modo, allenarmi qualche ora per l’unica competizione che ancora disputo, il campionato a squadre. Perché abbia un senso, dovrei accumulare un certo numero di ore con lo stesso attrezzo e lo stesso settaggio di corde.
Che importanza dai ai dati di laboratorio? Secondo te aiutano nella scelta giusta dei telai o spesso sono fuorvianti?
Do ai freddi dati il giusto peso, non troppo. Di solito prima faccio un rapido test senza nemmeno guardarli, anche se la maggior parte delle caratteristiche tecniche è, di fatto, riportata sugli attrezzi. Trovo molto interessante farsi un’idea sulle sensazioni di gioco a prescindere da qualsiasi valore, perché credo che a volte si è troppo condizionati dal laboratorio. E’ il campo che deve decidere l’acquisto di una racchetta, non due pollici di ovale in più o sette grammi di peso. Frequento anche spesso negozi specializzati di tennis e purtroppo certi acquisti avvengono proprio con questa filosofia errata, che seleziona solo in base alla “carta d’identità”dell’attrezzo.
Sei tester di TennisItaliano, la più conosciuta rivista italiana di Tennis. Quante persone supportano l’attività? Quanto tempo dedicate ad ogni telaio?
La prassi è abbastanza complessa, ma di fatto giochiamo in due o in quattro, provando tutte le situazioni di gioco, i colpi, i tagli possibili. La novità dell’ultimo periodo è che testiamo ogni attrezzo con due esemplari, con due settaggi di incordatura; uno in multifilo uguale per tutti, per avere uniformità di giudizio e giudizi relativi, e un altro con un’incordatura suggerita dall’azienda. Dopo ogni sessione di gioco, viene redatta una scheda con i punteggi numerici da assegnare e giudizi da formulare. Poi, quasi sempre, ogni tester si porta la racchetta che recensirà anche da provare singolarmente per conto proprio, per avere un’ulteriore e più chiara idea. La responsabile di tutta l’area materiali è Roberta Lamagni, che ha iniziato questo lavoro prima di me, ed è stata anche ottima giocatrice a livello Under.
Da poco hai cominciato una nuova trasmissione su Supertennis Tv, Tennis Magazine. Qual è la differenza tra giornale e trasmissione?
Abbiamo cominciato da poco, ancora è un’esperienza “nuova” ma interessante. Mi fa piacere che questo tipo di argomento possa interessare anche a livello televisivo. Anche se in questo argomento mi sento ferrato, lo schermo televisivo inibisce ancora. Credo che le differenze principali siano soprattutto dovute al tempo e all’approfondimento, impensabile con i tempi televisivi.
L’attività che svolgi è soprattutto indirizzata agli appassionati. Che importanza acquista la scelta giusta o sbagliata di un telaio nel gioco di un amatore? E le corde?
Qui si aprirebbe un capitolo davvero infinito. Ho la fortuna-sfortuna di vivere buona parte della giornata su un campo da tennis e questo mi consente di notare intorno a me, non solo nel mio Circolo, tante situazioni paradossali. La scelta dell’attrezzo e del setup fa la differenza, assolutamente ed è un concetto che deve essere chiaro, anzi chiarissimo. Se non sono un pilota, inutile provare una fuoriserie, come la racchetta di Federer per un sessantacinquenne giocatore di Club, ma allo stesso tempo, se sono un pilota di Formula 1 è inutile e controproducente montare le ruote della 500, come corde di scadente qualità o ulta-usurate installate su telaio nuovo e fiammante. Poi c’è il discorso della consapevolezza e, se si è consci di usare il telaio di Roger solo per sfizio, va bene. Ma, se si pensa di avere tra le mani l’attrezzo ideale per il proprio livello/tipo di gioco, allora si fa davvero un errore madornale.
Molti appassionati sostengono che i materiali odierni, soprattutto relativamente ai telai, siano qualitativamente inferiori rispetto al passato, lamentando mancanza di sensazione sul colpo, cosa ne pensi?
Mah, io ho 35 anni e la mia primissima racchettina era di legno, poi via con la grafite. Secondo me la qualità dei materiali è migliorata e, considerando anche le tecnologie avanzate di cui dispongono le aziende, non si può dire che i prodotti finali non siano da Terzo Millennio. Diverso è sostenere che la percentuale di grafite nei telai sia aumentata o diminuita, ma ciò dipende proprio dall’inserimento dei nuovi materiali o degli inserti tecnologici. Per questo sicuramente le sensazioni di gioco con le racchette di una ventina di anni fa sono differenti, ma di altrettanto sicuro c’è che con i telai di oggi è più facile giocare, anche e soprattutto per chi ha meno capacità. Le racchette di legno, per le loro specifiche di peso, profilo e ovale erano sicuramente più difficili e selettive. Il gioco,di fatto, è cambiato con l’evoluzione dei materiali. Meglio o peggio? Oggi sicuramente c’è meno tecnica, più potenza e più fisico. Sul fatto che Becker, Lendl, Edberg e soci fossero tecnicamente più abili dei top ten di oggi, ad esclusione di Federer, credo siamo tutti d’accordo.
Cosa pensi delle customizzazioni? Meglio affidarsi alla varietà del mercato o cucirsi addosso un telaio? Spesso si vedono strisce di piombo sui telai dei professionisti e c’è molto rischio emulazione. Quali sono le controindicazioni in tal senso?
Che un professionista voglia cucirsi un telaio su misura con delle personalizzazioni ci sta, e ci mancherebbe. Ma credo che tutto il resto il mondo, specialmente dai Quarta Categoria in giù per intenderci, abbia a disposizione un’offerta talmente vasta e variegata che rende impossibile non trovare la racchetta più adatta. L’operazione di customizzazione la valuto molto positiva, anzi doverosa, quando invece si vogliono rendere identiche due racchette “gemelle” acquistate, ma ahimè differenti per peso e bilanciamento, anche per pochi grammi. Ma che le personalizzazioni con piombo e silicone siano eseguite da personale addetto, specializzato ed esperto in materia. Ci sono in ballo rischi tecnici ma anche di salute. Ho visto racchette già abbondantemente bilanciate in testa con strisce di piombo aggiuntive a ore 12. Risultato: spalla infiammata. Dunque attenzione, davvero!
Sempre più case abbandonano i “pesi massimi”, 330 o 340 grammi, immettendo telai polarizzati, dal peso nettamente inferiore e dalla rigidità più elevata. Ritieni che i materiali moderni riescano a sopperire la minore massa?
Il peso medio della racchetta agonistica contemporanea è oramai di tre etti, grammo più grammo meno. Per riuscire a rendere i telai perfomanti ad alte velocità e ritmi sempre più elevati, è ovvio che si è dovuto lavorare sui materiali e su altre specifiche come la rigidità. Va detto che c’è enorme confusione sulla rigidezza degli attrezzi, ritenuta troppo spesso causa di tutti i mali, magari trascurando completamente l’importanza e l’incidenza delle corde. In ogni caso, direi che, senza questi attrezzi, moltissimi giocatori non sarebbero arrivati a certi livelli, e molti appassionati forse non si sarebbero avvicinati neanche al tennis, scoraggiati dai primi negativi esiti con telai ostici come quelli di qualche tempo fa. Ragionando come maestro di tennis, ben vengano questi materiali, rendono più abbordabile e facile il gioco, alla portata davvero di tutti.
Se volessi fare una sola osservazione alle aziende che operano nel tennis, quale sarebbe?
Molto semplice: meno modelli, più chiarezza nelle linee e nelle gamme di racchette. Le rastrelliere dei negozi specializzati sono davvero colme e spesso si fatica a riconoscere anche esternamente un modello da un altro. Esistono cinque o sei modelli diversi di una stessa racchetta, magari con differenze di peso 10 grammi, 2 pollici quadrati di ovale e mezzo centimetro di bilanciamento. Mi sembra eccessivo.
Se potessi dare un consiglio invece a tutti gli appassionati di qualsiasi livello che ti seguono e ti leggono ogni mese? Di cosa parleresti?
Non affidatevi per forza sempre a telai più pesanti. E’ chiaro che il peso maggiore fa tirare più forte, perché è una legge fisica, ma spesso si compromette l’esecuzione tecnica dei colpi. In più, prima dell’acquisto vedo spesso gli appassionati provare le racchette solo in palleggio, da fermi e magari dieci minuti, senza “verificarle” nelle situazioni poi più importanti, quelle della partita o comunque di colpi in movimento, all’attacco o in difesa, quando in realtà le racchette svelano in pieno pregi e difetti. Usare un attrezzo più leggero o permissivo non è un’onta, ma una mossa intelligente, che permetterebbe a molti di migliorare, alzare il proprio livello di gioco e di conseguenza vincere più partite. Quello che alla fine interessa (quasi) a tutti.
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