di Jacopo Tezza (Evert Academy Director)
La mia avventura nel continente americano é iniziata nel 2003 quando decisi di lanciarmi alla scoperta del mondo del College NCAA americano.
Mi sono laureato presso la Texas Christian University dopo quattro anni di duro lavoro sia agonistico che di studio.
Una volta conseguita la laurea avevo ancora voglia di arricchirmi di nuove esperienze, di conoscere e mettermi in gioco. Non era ancora giunto il momento di lasciare l´America. Decisi per questo di fare un Master.
I Masters in America sono sono molto costosi, ma l’America è il paese delle opportunità; e grazie al mio passato tennistico mi hanno offerto la possibilità di diventare il coach della squadra femminile della scuola mentre frequentavo le classi notturne. E‘ stata un’esperienza molto provante, lavorare sul campo durante il giorno, frequentare le lezioni durante la sera e studiare di notte era un routine decisamente proibitiva, ma allo stesso tempo ricca di soddisfazioni. In questo modo pero‘ sono riuscito a continuare a vivere la mia grande passione per il tennis affiancando la mia voglia di approfondire gli studi per aumentare le mie future opportunità lavorative.
Nel Febbraio del 2010 si sono aperte le porte della Evert Tennis Academy, una delle accademie più prestigiose d’America. Qui sono passati giocatori come Andy Roddick, Anna Tatishvili, Madison Keys, Dustin Brown, Jessie Levine. Lavorare in un ambiente del genere era senza dubbio un’opportunità molto stimolante.
La mia prima esperienza da coach fu con Madison Keys, attuale top 40WTA ed eterna promessa del tennis americano. Tutto iniziò quando John Evert mi scelse per gli allenamenti di Madison facendomi iniziare come “hitting partner” per poi passare a “traveling coach” ed infine arrivare ad essere il suo “head coach”. È stato molto impegnativo allenare una ragazza del livello di Madison: gli occhi erano sempre puntati su di lei, il mio lavoro era esposto a costanti critiche (positive o negative) da parte dei media, degli sponsor e spesso anche da parte della famiglia. La pressione era molto forte, Madison doveva vincere già a 15 anni, la gente non aspettava altro. A soli 15 anni aveva vinto diversi tornei da $10.000, ed era entrata nella storia come una delle giocatrice più giovani della storia a vincere una partita ufficiale a livello WTA.
Nonostante lo stress, lavorare con lei mi ha regalato delle emozioni uniche: ricordo l’emozionante partita giocata agli Us Open contro la nostra Maria Elena Camerin. Aveva appena compiuto 16 anni, era la prima volta che si trovava a giocare in un torneo del Grande Slam e la sua avversaria vantava una grande esperienza. Riuscì comunque a dimostrare il suo grande talento davanti a un pubblico numero accorso per la futura star del tennis americano. Madison è un talento naturale, possiene una forza e un “timing“ naturale sulla palla, riesce a generare accelerazioni incredibili sia di dritto che con il servizio.
Keys ha il futuro davanti a sè, ha 19 anni solamente ed è da qualche anno stabilmente dentro le prime 50 posizioni al mondo. Quando il processo di maturazione fisica e strategica si perfezionerà, Madison sarà destinata a vincere qualche Slam. Quando Madison passò alla Federazione Americana iniziai a lavorare con Lauren Davis (con Tezza nella foto a destra). Per me fu un passo molto importante dal punto di vista lavorativo, infatti il gioco di Lauren è l’opposto di quello di Madison. Mentre la Keys era una giocatrice che basava il suo tennis sulla potenza, Lauren era più passiva e basava il suo gioco sulla consistenza. Quindi il nostro primo obiettivo era quello di trasformare la sua mentalità di gioco: doveva diventare più aggressiva. Il suo rovescio era già ai tempi uno dei migliori nel circuito, ma il passo più grande lo fece col dritto e sulla aggressività. Il suo punto forte era la grande forza mentale. Si rifiutava di perdere: più la partita si faceva difficile o l’avversario era notevolmente avvantaggiato rispetto a lei, più lei metteva il cuore per affrontare al meglio il match. La sua forza stava proprio nella rabbia che aveva dentro data dal fatto che nessuno, tra sponsor ed allenatori, credeva veramente in lei, e di conseguenza lei voleva e vuole provare a tutti il contrario. Uno dei match indimenticabili fu a San Diego contro Nicole Gibbs: 3 ore di gioco sotto il caldo cocente per conquistarsi la Wild Card in main draw agli US Open.
Un’altra esperienza molto interessante l’ho vissuta con Maria Sanchez. Maria arrivò in Accademia perché Chris Evert la vide giocare ad un torneo rimanendo affascinata dal suo gioco. Nel 2011 Maria aveva appena concluso la sua carriera scolastica alla University of Southem California. Era la migliore giocatrice del College. Quando arrivò in Accademia, Chris Evert decise di seguirla come mentor mentre io affrontavo il lavoro tecnico. Per me è stata un’esperienza fondamentale quella di poter lavorare al fianco di Chris quotidianamente; imparai moltissimo specialmente a livello emotivo nella gestione della gara. Quando iniziai con la Sanchez occupava la posizione numero 634 e nel 2013 quando la nostra collaborazione finì era arrivata ad essere il numero 107.
Attualmente lavoro in collaborazione con la federazione australiana con Olivia Rogowska (nella foto a sinistra con Tezza al Roland Garros). Il lavoro con Olivia mi sta portando grandi soddisfazioni perché la ritengo la giocatrice con piú disciplina cha abbia mai avuto. Segue le indicazioni dell’allenatore in maniera molto dettagliata. Tennis Australia crede molto in Olivia e nel nostro lavoro, nei tornei viene spesso affiancata da coach della federazione mantenendo così un equilibro costante tra il nostro lavoro in casa e quello durante i tornei.
Tutte queste importanti esperienze fatte nel corso degli anni mi hanno portato, grazie alla fiducia conquistata da parte di John Evert, a ricoprire la posizione di Direttore dell’Accademia. Oggi cerco di dividere la mia giornata tra l’ufficio, per la gestione manageriale e tecnica dell’Accademia, e la preparazione agonistica di Oliva. Le giornate sono ricche di stress ed emozioni ma se non fosse così non sarebbe tennis.