Presentiamo qui il libro IL CERVELLO TENNISTICO, opera del “nostro” Federico Di Carlo…
Il cervello tennistico, una monografia sugli aspetti mentali nel tennis……..Uhmmmmm!!!! Non bastava leggere uno dei tanti libri di psicologia dello sport?
Purtroppo non basta e nella maggior parte delle volte non è neanche funzionale!!!!
1) Gli sport sono tutti diversi ed hanno delle caratteristiche proprie.
Gli sport vengono di solito divisi in due categorie: quelli di squadra e quelli individuali.
Al primo gruppo appartengono sport come il calcio, la palla a volo, il basket, il rugby; al secondo invece sport come il tennis (singolare), il golf, la box, lo sci etc.
C’è una grandissima differenza a livello psicologico tra i due tipi di sport. In quelli di squadra è fondamentale la coesione, lo spirito di gruppo (o di squadra) e la solidarietà; in quelli singoli sono fondamentali altri fattori come individualismo, agonismo, competitività etc.
Nel tennis, possiamo dire che singolare e doppio, tornei open e le competizioni a squadra siano eventi che richiedono abilità mentali diverse. Il solo fatto che nel doppio si possa comunicare con il proprio compagno o con il capitano (competizioni a squadra) rende le due attività completamente diverse non solo tecnicamente ma soprattutto psicologicamente. Questa diversa prospettiva psicologica rende alcuni giocatori eccellenti nel doppio o nelle competizioni a squadra ma poi nel singolo, nei tornei open, lasciati nell’agone soli a competere contro un avversario, si perdono in se stessi. Spesso avviene il contrario: due singolaristi messi a giocare il doppio non sono in grado di fare gioco di squadra.
Il gioco del tennis, inoltre, ha caratteristiche peculiari che lo rendono diverso da altri sport. Tra le peculiarità possiamo notare: è uno sport estremamente solitario e mentalmente stressante; la durata dell’evento ne farebbero un’attività aerobica ma la natura del gioco ci dice che si tratta fondamentalmente di uno sport anaerobico; il tempo effettivo di gioco è una piccola percentuale rispetto al tempo totale di gioco con pause assai frequenti (e ciò pone il tennis al secondo posto tra gli sport considerati mentali subito dopo il golf); i tempi di reazione durante lo scambio sono velocissimi; possiamo distinguere una fase di “azione” ed una di “reazione”; è uno sport in cui sono fondamentali le capacità di attività motoria fine; il sistema di punteggio ha del perverso ed alcuni autori lo hanno persino definito diabolico etc. Sono peculiarità che combinate fanno del tennis uno sport diverso dagli altri e, sia pure con molti temi comuni, per eccellere richiede caratteristiche mentali ed adattamenti particolari da quelli necessari ad altri sport.
2) Non esiste in lingua italiana un manuale che affronti compiutamente dal punto di vista neuroscientifico e dal punto di vista metodologico gli aspetti mentali del tennis.
Cosa vuol dire eccellere nel tennis?
Nel tennis ci sono 4 macroaree da prendere in considerazione:
La dimensione Tecnica
La dimensione Tattica
La dimensione Atletica
La dimensione Mentale (o meglio “cerebrale”)
Facendo una media generale che contenga variabili quali sesso, età, livello di gioco tra i diversi atleti, nel tennis professionistico moderno la dimensione Tecnica conta circa un 20% delle capacità totali del tennista.
La dimensione Tattica occupa circa un 10% delle capacità totali.
La dimensione Atletica incide circa un 30% sulle capacità totali.
La dimensione Mentale incide un 40% sulle capacità totali.
Per dirla con Marat Safin, a livello professionistico: “Non è solo giocare a tennis, la parte mentale gioca un ruolo molto importante. Il tennis non è solo buttare la palla dall’altra parte della rete, servire e fare volè; è molto più di ciò; devi usare la tua testa.” I giocatori pro sanno giocare tutti a tennis, quello che fa la differenza è come il cervello permette loro di usare le abilità al meglio. “Quando due giocatori con potenziale ed abilità tecnico tattiche simili si affrontano (ndr. situazione in cui la corretta gestione dell’ansia di tratto diventa un’abilità fondamentale per un tennista) il risultato della partita è spesso determinato da fattori psicologici come la fiducia, la determinazione, la forza di volontà e la concentrazione.”[1] Nadal ha scritto sempre nella stessa direzione: “Osservando il giocatore numero dieci e quello numero cinquecento della classifica mondiale durante l’allenamento, non è facile dire chi dei due si trovi più alto nel ranking. Senza la pressione della gara, si muoveranno e colpiranno la palla allo stesso modo, ma sapere davvero come si gioca non consiste solo nel colpire bene la palla, bensì nel fare la scelta giusta, nel sapere quando smorzarla o colpirla forte, alta, lunga con backspin, top spin o piatta, e in che punto del campo indirizzarla.”[2]
Se pensiamo che per creare un giocatore agonista ad alti livelli si richiedono almeno 10000 ore di allenamento intensivo, quanti giocatori dedicano 4000 ore della loro pratica al mentale?[3] É una domanda che probabilmente verrà risolta fra qualche decennio. Sono sicuro che molti di voi avranno da obiettare, che basta fare partite ed acquisire esperienza per allenarsi mentalmente. Certo che esperienza ed esposizione a situazioni agonistiche aiutano a migliorare la prestazione mentale ma certamente da sole non bastano e comunque non sono assolutamente la situazione ottimale. Anche palleggiare contro un muro serve per imparare la tecnica, ma allora perché affidarsi all’allenamento specifico di un maestro? Giocare a tennis vuol dire spostarsi e muoversi su un campo, fare condizionamento fisico. Allora quale è la necessità di svolgere preparazione atletica specifica? Esaminiamo la questione anche da un punto di vista più tecnico. “Giocatori ed esperti sono sorpresi del fatto che circa l’80% del tempo di gioco è trascorso in cose diverse dal colpire la palla per vincere un punto. Molto tempo viene impiegato per i cambi di campo, negli intervalli tra i giochi, tra i punti e per pensare. Però durante l’allenamento, i giocatori raramente usano il 70 o 80% del loro tempo per prepararsi mentalmente.”[4]L’ultima affermazione purtroppo è ancora, tutt’ora, per la maggior parte veritiera. I giocatori si allenano duramente ed intensivamente per “la parte attiva della partita” ma non si allenano quasi per niente per affrontare al meglio la stragrande parte della partita, la fase di non gioco, le pause, che Rial[5] ha denominato “l’aspetto invisibile”dell’attività. L’evidenza dei fatti ci dice che nel tennis moderno, nella stragrande parte dei casi della formazione tennistica, la preparazione specifica riguarda la parte tecnica, tattica ed atletica mentre la parte mentale è lasciata al caso ed alla selezione naturale. La domanda che pongo è la seguente: perché lasciare tutto al caso ed alla selezione naturale quando è teoricamente dimostrato che le abilità mentali possono essere allenate ed è praticamente riscontrato che possono migliorare sensibilmente la prestazione degli atleti in campo, costituiscono cioè un vantaggio competitivo?
Un altro aspetto che limita la diffusione dell’approccio mentale è che i tennisti non hanno ovviamente interesse a diffondere informazioni a riguardo. Dal momento infatti che il mentale può diventare un vantaggio competitivo molto importante, è vivo interesse dei campioni in attività farlo restare tale, dandogli poca enfasi e non rendendo di pubblico dominio il lavoro fatto in tal senso. Per giunta, quando intervistati sulla preparazione mentale, spesso i top players fanno finta di non sapere di cosa si stia parlando. É curioso ma spesso i giocatori negano di avvalersi di tecniche mentali e dei servizi di un mental coach. Valverde ha scritto: “I giocatori che raggiungono il vertice di solito hanno nel loro sviluppo qualche forma di allenamento mentale. Però dal momento che ciò è il loro vantaggio competitivo più grande sui loro avversari, non ne parlano spesso e se la tengono come loro arma segreta. Quando ho intervistato molti giocatori professionisti per la mia tesi di ricerca (1988-1991) ho fatto domande sulle loro strategie di solidità mentale. Nessuno di loro ha voluto condividere con me queste informazioni a meno che non firmassi con loro un accordo impegnandomi a non rivelare quelle informazioni prima di dieci anni.”[6]
Bisogna sfatare un altro luogo comune: la preparazione mentale di un tennista consiste eminentemente nella parte teorica nozionistica concernente la fiducia, la motivazione, la concentrazione, la gestione dell’ansia etc. Sono aspetti importanti ma non sono tutte le abilità mentali richieste ad un giocatore di tennis e soprattutto non servono allo scopo se non vengono praticate, allenate ed automatizzate sul campo in situazioni di gioco reale e poi applicate regolarmente in partita. Sapere non vuol dire automaticamente saper fare. Soprattutto in un gioco come il tennis che espone l’atleta a situazioni agonistico-competitive psicologicamente stressanti ed ansiogene in cui reazioni emotive ed istintive possono prendere facilmente il sopravvento sulle attività di gestione e controllo. In altre parole, il gioco mentale va non solo conosciuto teoricamente ma deve essere allenato e praticato come qualsiasi altro colpo ed abilità tecnico-tattica di un giocatore. “Sebbene sappiamo che fattori tecnici, fisici e tattici siano essenziali per lo sviluppo appropriato di un grande tennista, non dobbiamo dimenticare che l’aspetto psicologico deve essere allenato e perfezionato allo stesso modo.”[7] Così come l’automatizzazione di un colpo richiede migliaia di ore di pratica con ripetizioni del gesto fino alla nausea (ultrapprendimento), lo stesso principio deve essere applicato all’allenamento delle abilità mentali. Bill Cole ha scritto a proposito: “Avere una comprensione cognitiva, concettuale della psicologia dello sport è importante, ma questa da sola non è sufficiente ad aiutare un atleta ad avere buone prestazioni con regolarità sotto pressione. I principi della psicologia dello sport devono essere praticati, usati in condizioni di gara e padroneggiati prima che possano essere richiamati in modo affidabile giorno dopo giorno in condizioni competitive.”[8]
Nel panorama tennistico (soprattutto italiano) succede invece che o la preparazione mentale sia completamente assente nella preparazione generale di base di un giovane tennista (all’interno dei circoli) o che i giocatori professionisti (che non ne hanno ricevuto adeguata educazione), sebbene uno studio compiuto dalla ATP i giocatori che si avvalgono di un mental trainer sono in grado di migliorare il loro rendimento tennistico dal 15 al 50%, se ne avvalgono come una consulenza esterna (il mental trainer nella maggior parte dei casi, erroneamente, non è parte integrante del team di lavoro), di carattere teorico-motivazionale, assai limitata, sporadica ed irregolare durante le pause o i tempi morti della stagione agonistica con il risultato che è scarsamente funzionale al miglioramento della prestazione dell’atleta.
Fino a pochi anni fa i circoli di tennis si occupavano soltanto di preparazione tecnica e tattica. I maestri di tennis, infatti sono specialisti in questo settore. Avendo poi molteplici impegni ed un numero di allievi molto alto non riuscivano a seguire anche l’aspetto atletico. Negli ultimi anni è diventato sempre più evidente che l’aspetto atletico riveste un ruolo importantissimo nelle abilità di un agonista di alti livelli. É per questo motivo che la preparazione atletica all’interno dei circoli oggigiorno viene sempre più seguita da un preparatore (che spesso però non è specializzato nel tennis ed esterno al circolo di appartenenza).
Ad oggi l’insegnamento e l’allenamento mentale in Italia nei circoli si trova più o meno nelle stesse posizioni della preparazione atletica 20 anni fa. Se ne fa carico (se è in grado di farlo) il maestro. Sfortunatamente, come abbiamo visto e come vedremo, invece, la parte mentale è importante nel tennis soprattutto per essere competitivi ad alti livelli ed è utilissimo che venga proposta sin dalle fasi di avviamento dei bambini all’agonismo.
Il fatto che in Italia la preparazione mentale è (quasi) completamente bistrattata è di nuovo un indice che siamo ancora molto in ritardo in comparazione alle altre scuole tennistiche. Non è un caso che la maggior parte della letteratura mondiale sugli aspetti mentali nel tennis è in lingua inglese, scritta da ricercatori di origine inglese, americana, australiana, nazioni in cui questo sport è molto più radicato nella cultura e tradizione sportiva.
La situazione nelle accademie tennistiche, ove specializzazione e qualità dovrebbero essere uno standard, è leggermente migliore ma spesso non ottimale. Hanno al proprio interno una mind room[9]ed un programma mentale spesso gestito da uno psicologo dello sport. Spesso però questo professionista ha poche competenze specifiche nel tennis e soprattutto non è in grado di applicare gli insegnamenti teorici con esercizi specifici in mezzo al campo. É in grado di offrire screening, testing, sostegno psicologico ma spesso non ha un programma ed una pianificazione del lavoro a breve, medio e lungo termine; difficilmente è in grado di insegnare sul campo; quasi mai dirige, segue e verifica giornalmente in allenamento ed in competizione che il supporto teorico sia acquisito praticamente per un periodo di tempo sufficientemente lungo in cui le abilità possano essere considerate completamente automatizzate e che il tennista sia diventato autonomo nella gestione mentale.
[1] Samulski, D., Tennis is mental game (Part One)
[2] Nadal R., Carlin, J., Rafa la mia storia
[3] Immagino la sorpresa di moltissimi lettori quando hanno letto “4000 ore”. Tale reazione è data soprattutto dal fatto che la maggior parte dei tennisti per allenamento mentale intende in modo pregiudizievole il solo supporto psicologico. Questo in verità è soltanto uno ed in verità non il più rilevante dei 4 aspetti della preparazione mentale. Gli altri aspetti sono: allenamento mentale in campo, allenamento mentale fuori dal campo, comunicazione genitori-tennisti-maestri.
[4] Samulski, D., Tennis is mental game (Part One)
[5] Rial, C.F., The invisible aspect of tennis: a revision of the psychological processes of the activity
[6] Valverde J., www.bmentallytough.com/articles
[7] Samulski, D.,Tennis is mental game (Part One)
[8] Cole,B., Myths about sport psychology
[9] La mind room è quella stanza in cui atleta e l’operatore mentale si chiudono per affrontare le tematiche mentali concernenti il proprio tennis in riferimento al comportamento tenuto sul campo.