di Alessandro Nizegorodcew
Come ogni lunedì, il direttore Alessandro Nizegorodcew si sofferma sugli eventi che più lo hanno colpito della settimana appena conclusasi. Dalla Giorgi a Donati, sino a Sock e Ouahab.
Camila Giorgi e l’esempio di Francesca Schiavone. Camila Giorgi ha disputato un buonissimo torneo in quel di Katowice, dove già lo scorso anno aveva sfiorato il successo finale contro Alizé Cornet. Quest’anno, dopo il bel successo sulla Radwanska e la bella affermazione sulla promettentissima Kulichkova (ne sentiremo parlare molto presto), è stata stoppata in finale da Anna Karolina Schmiedlova. Per la Giorgi è la terza sconfitta su tre in un atto finale di un torneo Wta. Facciamo un salto indietro e andiamo, per dovere di cronaca, ad analizzare le statistiche delle finali disputate a livello Itf. I 5 titoli conquistati, tutti da 25.000$ e 50.000$, sono giunti tra il 2009 e il 2012. La prima finale ha rappresentato anche il primo alloro, guarda caso proprio a Katowice (su terra però) nel 2009 partendo dalle qualificazioni. Nel complesso a livello Itf i successi sono stati 5 su 7 finali. Tante giocatrici hanno fatto fatica a conquistare il primo titolo Wta. A partire dalla più forte italiana di tutti i tempi, Francesca Schiavone, che ha perso ben 8 finali prima del successo a Bad Gastein del 2007. Sette le finali perse anche da Silvia Farina, che si è poi sbloccata a Strasburgo dove ha realizzato una storica tripletta. La sconfitta con la Schmiedlova, non nascondiamoci, fa male perché giunta da grande favorita della finale polacca. Ma la crescita, come preannunciato da Sergio, sta arrivando proprio all’inizio dei tornei europei. Sarà fondamentae trovare un po’ di continuità a livello di risultati, senza per forza trovare ogni volta il grande acuto. E’ la continuità a dare consapevolezza. Parlando della parte tecnica, il diritto, molto più coperto e sicuro, è la nota lieta della settimana polacca, mentre ciò che colpisce in negativo è l’incapacità, nonostante due piedi velocissimi, di spostarsi verso sinistra subito dopo aver effettuato un diritto in corsa. Mentalmente deve riuscire a gestire molto meglio i momenti di nervosismo. Molti invocano un coach e l’abbandono del padre. Scordatevelo, Camila non lascerà mai il padre, almeno non nei prossimi anni, e la scelta mi trova pienamente d’accordo. Il ruolo di Sergio è sottovalutato ma fondamentale. Un aiuto tecnico-tattico, un supporto all’interno dello staff, potrebbe invece essere un’idea interessante, ma servirebbe un coach di grande personalità, capace di farsi ascoltare da Sergio e da Camila, due caratteri in un certo senso vicini, ma anche così lontani.
Fuochi d’artificio a Napoli. La Capri Watch è stata uno spettacolo. Il Tennis Club Napoi è uno dei circoli probabilmente più belli al mondo e l’atmosfera che si respira è unica. Un evento così importante, che speriamo possa diventare a breve un torneo Atp, può rivelarsi fondamentale per la crescita del movimento. Tanti italiani in tabellone, tutti supportati da un grande tifo e dai nostri tecnici (privati e federali). Tornei come questo danno wild card, di conseguenza punti, di conseguenza soldi per spesare una parte della stagione. Matteo Donati è la nota più lieta: tre mesi di preparazione invernale sotto la guida di un coach bravissimo quale Massimo Puci sono stati importantissimi. Le migliorie evidenti sono fisiche e tecniche, oltre che di consapevolezza. Se tutto va bene a Parigi arriverà il suo primo Slam in qualificazioni. Gianluigi Quinzi è parso in crescita, seppur evidenziando alcuni limiti tecnici. La pressione che esercita da fondo campo è in costante miglioramento e vale già oggi un posto tra i Top-200 seppur la classifica ancora non la certifichi. Bene, dal punto di vista della grinta, anche Marco Cecchinato, in una settimana non propriamente ottima dal punto di vista tecnico. Ma è anche così che si cresce, vincendo giocando male e in lotta. Max Sartori così mi risponde quando gli chiesi cosa lo aveva colpito di questo ragazzo: “Questo qui vince le partite…”. Buono lo stato di forma di Andrea Arnaboldi, che se tiene duro fino a Parigi potrà poi puntare all’ingresso nei Top-100 non avendo punti da difendere da Wimbledon in poi. Non male anche Federico Gaio, probabilmente il tennista a mettere maggiormente in difficoltà il futiro vincitore Munoz de la Nava. Rianna lo sta aiutando dal punto di vista tattico e i risultati, a livello di prestazione, si sono già visti. Spettacolare torneo anche di Thomas Fabbiano, che da circa un mese sta giocando a livelli stellari. Il match tra il pugliese e Basilashvili è stato forse quello tecnicamente più bello dell’intero torneo. Bello infine rivedere Flavio Cipolla a certi livelli. Non giocato tecnicamente in maniera impeccabili, anzi, ma ha lasciato intravedere quella voglia e quella grinta che lo hanno contraddistinto negli anni.
La nuova serenità di Jack Sock. La vittoria a Houston, primo titolo Atp in carriera, lancia Sock nel gotha del tennis. Best ranking al numero 36 del mondo, un tennis moderno che fa della potenza e dello schema servizio-diritto le proprie armi, una serenità ritrovata dopo l’intervento chirurgico all’anca e la grave (per fortuna ormai alle spalle) malattia del fratello Eric. Nonostante la comprensibile tensione per la prima finale in carriera, Sock è parso piuttosto tranquillo, come se le priorità della sua vita fossero state rimesse in discussione dagli sfortunati eventi degli ultimi mesi. Il record complessivo, tra singolare e doppio, di 19 vittorie e 3 sconfitte è lusinghiero. La fiducia è ai massimi storici nonostante sia rientrato nel circuito da poche settimane. Il cemento è la sua superficie, come per qualsiasi statunitense, ma anche sulla terra può fare decisamente bene. La velocità con cui riesce a spostarsi sul diritto sul «rosso» lo rende pericoloso anche per quanto concerne i tornei europei e il Roland Garros 2014 lo dimostra. Oggi, dopo John Isner, il numero due “yankee” è lui, probabilmente anche per le prossime sfide Davis.
Un uomo, un mito: Lamine Ouahab. Chi ha avuto la possibilità di veder giocare dal vivo Lamine Ouahab almeno una volta non potrà che essere d’accordo. Il tennis del marocchino-algerino oversize (10-15 kg in sovrappeso, ad essere buoni) è paradisiaco: smorzate, pallonetti, accelerazioni di rara potenza, strettini e, nonostante il peso, una inimmaginabile capacità di vincere punti in difesa. Haase e soprattutto Garcia-Lopez, sconfitta nettamente a Casablanca, ne sanno qualcosa. Il pubblico nord-africano è letteralmente impazzito per Lamine, che ha abbandonato la nazonalità algerina nel 2013 dopo essersi sposato con una donna marocchina. Nel 2015 ha vinto 3 futures, 1 challenger e ha raggiunto i quarti nell’Atp di Casablanca. Tutto in Marocco, la sua nuova patria. Chicca finale: chi lo sta aiutando in questa risalita nel ranking (da oltre 580 all’attuale 232 in poco più di 3 mesi)? Un certo Hicham Arazi.
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