di Sergio Pastena
Le faide tra nadaliani e federisti non mi sono mai piaciute. Spesso mi accaloro mentre un evento sportivo è in corso ma, quando l’ultima palla finisce fuori o l’arbitro dà il triplice fischio, tutto scompare. Sì, perché nella vita ci sono cose più serie. Oltretutto mi sembra paradossale che a scannarsi siano i tifosi di due che non sono rivali: ai tempi di Lendl e McEnroe, almeno, avrei potuto capire. Eppure anche a me, a match in corso, qualche parolina scappa: è umano, se vedi il tennista che ritieni migliore perdere da uno che lo sovrasta fisicamente o mentalmente. Da storico tifoso di Santoro ho fatto un certo callo alla sconfitta, ma durante le numerose stirate prese da Federer contro Nadal qualche volta mi è scappata una frase tipo “Ma guarda se deve vincere sto scarparo!”. Frasi d’istinto, tanto più che Nadal non è uno scarparo: c’è di peggio in giro, anche se molti si ostinano a negare i suoi progressi tecnici.
La premessa, anche se lunghetta, è necessaria per spiegare il mio ragionamento (controverso, ne sono sicuro). Il problema è che martedì, per la prima volta da Wimbledon 2007, mi ero esposto lanciandomi in un pronostico dopo aver visto Nadal-Berdych. “Se gioca così Federer stavolta lo stende” per la precisione. Ovvio che durante la partita mi sia sentito più volte dire “Ecco, è il solito copione: che ti dicevo?”. Ineccepibile all’apparenza, visto come sono andate le cose. Ma…
…ma io ho visto un’altra partita.
Sì, perché davvero oggi il maiorchino ce l’ha messa tutta per cambiare la trama, ma l’elvetico non gliel’ha permesso.
Vedete, ogni buon attore sa che il copione è una guida: per fare un buon film occorrono buoni attori, altrimenti ciccia. Ecco, oggi c’era in campo il solito Federer che ha offerto la solita interpretazione da consumato attore drammatico. Nadal, in questi casi, recitava la parte di Clint Eastwood ne “Gli spietati”: cominciava arrugginito, vulnerabile, per poi assumere la parte del killer glaciale che fa secca tutta la comitiva. Oggi, invece, Rafa sembrava un duro dal cuore tenero che alla fine spara al nemico solo perché è costretto. No, non era lui.
Ho visto Nadal partire sotto e recuperare. Ho visto Nadal annullare decine di palle break. Ho visto Nadal infilare passanti in corsa da posizioni impossibili. Tutte cose viste in passato e anche oggi. Quello che non avevo mai visto, invece, era Nadal che si faceva annullare quattro palle break che avrebbero giustiziato Federer, Nadal che al momento di chiudere il tie del terzo sbagliava due prime di servizio, Nadal che concedeva una palla break cruciale con un doppio fallo, Nadal che sul match point metteva fuori un passante (complicato sì, ma in “quei punti” il maiorchino ne mette di più difficili) per poi salvarsi fortunosamente e chiudere il match per gentile concessione dell’avversario, Nadal che dopo aver annullato due set point nel primo parziale mette fuori una risposta giocabile. Sì, va bene, lo ammetto, forse qualche defaillance isolata si era vista anche in passato, ma tutte queste cose assieme mai. No, la pistola di Nadal non l’avevo mai vista inceppata, specie contro lo svizzero.
Inutile dire che la combinazione del solito Federer natalizio e di un Nadal meno spietato del solito ha fatto sì che venisse fuori un match, perdonate il francesismo, letteralmente di merda.
E non lo dico io, lo dicono i numeri. Le fredde cifre. Rispetto alla finale degli Australian Open del 2009, ad esempio, c’è stata una media di errori gratuiti per game di 2,20 invece di 2,05: potrebbero sembrare pochi, invece han fatto sì che i due collezionassero quasi gli stessi errori in quattro set invece di cinque, e abbiamo usato come confronto una delle partite più fallose nella storia della rivalità tra i due, giocata sulla stessa superficie. Tanto per dire, se prendessimo la lunghissima finale di Wimbledon del 2008 ci accorgeremmo che oggi la premiata coppia ha sbagliato di più. King Roger ha fatto più errori in termini quantitativi, Rafa è rimasto costante ma ha sbagliato dei punti che in passato non avrebbe fallito.
No, non è stata la solita replica.
Su Federer pochissime parole. Oggi non ho avuto neanche un’espressione di disappunto perché lo svizzero ha davvero perso contro sè stesso, visto che Nadal ha prestato più volte il fianco e lui non ha mai colpito. Per riassumere basta la riflessione del telecronista americano dopo una sciagurata palla corta sul 40-0: “Il problema non è giocare questo colpo sul 40-0 o su un match point, il problema è il fatto che ti passi per la testa di giocare un colpo del genere”. Non ci sarà un altro Federer-Nadal per me: odio gli spettacoli patetici. E non ci saranno altre semifinali o finali di Slam, salvo qualche miracolo alla Tsonga, perché non ho problemi di stitichezza e il medico non mi ha prescritto le supposte di Rafanovak.
Capitolo Nadal: Ercolino sembra essere meno sicuro del proprio fisico, forse perché è usurato come quello di un tennista a fine carriera, ma questo non basta a spiegare quanto visto oggi. Lo spagnolo sembra minato nelle proprie certezze dopo un 2011 di mazzate prese da Djokovic e comincia a mostrare qualche crepa anche contro gli altri. Già con Berdych si erano viste le prime avvisaglie: una partita che, pur contro un ceco in forma strepitosa, Nadal in altri tempi avrebbe portato a casa più facilmente. Invece lo spagnolo ha perso il primo al tie-break e, cosa più importante, ha rischiato di cedere il secondo dopo essersi fatto recuperare un break quando serviva per il set. Nadal indietro nel punteggio che, quando si tratta di piazzare il colpo che può invertire la rotta della partita, inspiegabilmente esita. Mai visto.
La sensazione personalissima che mi dà lo spagnolo è quella del tennista ad una svolta. Come per una sorta di contrappasso ricorda il Federer del 2007: fino a quel momento aveva stravinto (anche se lo svizzero, ad onor del vero, non aveva una concorrenza altrettanto qualificata), da lì in poi iniziò a dare segni di cedimento prima contro la sua nemesi Nadal e poi via via contro tutti gli altri, che scendevano in campo credendoci sempre di più. Piccole differenze: il nome della nemesi (Djokovic), l’età (due anni di meno) e soprattutto la mancanza di una tecnica superiore a cui aggrapparsi nei momenti di crisi. Per farla breve: se Nadal scende, non risale più. Se cede il quadricipite, il polso non basta a compensare.
Insomma, salvo che Murray non faccia il miracolo, Nadal è atteso in finale da un compito complicatissimo: dovrà annullare col solo aiuto del suo carattere tutti gli svantaggi che ha nei confronti del serbo per infrangere il suo tabù mentale. Svantaggi fisici, psicologici, tattici. Se il miracolo non riuscirà, prepariamoci all’avvento del Nadal 4.0: quello fallibile, quello che ogni tanto perde con Dodig come Federer perdeva con Benneteau, quello che a volte si ferma ai quarti in uno Slam, quello che in qualche momento si inceppa. In altre parole un uomo, con tutte le sue fragilità. Nessuno intoni il de profundis: Nadal vincerà ancora e tanto. Ogni tanto, però, perderà qualche duello perché la ruggine comincia ad intaccare la sua pistola.
Per il bandolero stanco, tuttavia, c’è ancora tempo.
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