Diario di Bordo da Melbourne (2)

da Melbourne, Andrea Gabrielli

Australian Open – Day10: fine della corsa anche per me.

Dopo 2 settimane in OZ Land è tempo di impacchettare tutto. Dopo aver dedicato gli ultimi minuti nella terra dei canguri allo shopping si riparte, si torna nella fredda Europa con negli occhi tante giocate strabilianti e nella gola l’urlo strozzato per l’impresa soltanto sfiorata da Andreas.

Evitando ogni considerazione tecnica ed ogni commento sui risultati dei professionisti, lasciando spazio per queste cose al popolo dei “cyber-coach” che popola la rete, spendo invece qualche byte, come sempre, per la kermesse giovanile e per qualche nota di colore.

Tra gli under 18 vado sul sicuro spendendo il nome della Fridman. Nata nel 1998, già vista all’opera durante il recente Orange Bowl (dietro preziosa imbeccata di Fabio Della Vida) dove è uscita sconfitta ma non ridimensionata dalla forte americana Alexandra Kiick, la bella Olga è telecomandata dal nostro Roberto Antonini pedissequamente coadiuvato dalla immancabilmente invadente mammina.

Per italica solidarietà e simpatia personale nei confronti di Roberto, in prima fila, per il match di primo turno, eravamo così schierati: Davide Sanguinetti, il sottoscritto, Marco Panichi (a completare il trio delle meraviglie), Roberto Antonini, il manager di Olga e, ovviamente, mammina in grande spolvero a recitare la sua litania fatta di 1000 “davai Olga, davai”.

Buona la prima per la biondissima Fridman tra le risate di Judy Murray (mamma di Andy) per il nostro sostegno rumoroso, variopinto e vagamente irritante per l’avversaria. Meno buona la seconda, anche e soprattutto perché il “parterre de rois” di cui sopra si era nel frattempo sciolto rinunciando, non senza un pizzico di sollievo per le orecchie, alla litania ucraina. In ogni caso sono certo che il tempo darà ragione al lavoro di Antonini ed al talento grandissimo ma da sgrezzare di Olga.

Un incrocio beffardo di destini ha invece messo tutte le giocatrici da me seguite, anche solo per curiosità personale, di fronte alle Italiane. Sono certo che dopo la terza sconfitta Tatiana Garbin, coach delle azzurrine, avrà pensato che ero li a portare sfiga: tutte fuori al primo turno non senza un minimo di composto compiacimento quando a trionfare è stata la “mia” Kiick.…sempre lei.

Passando invece alle note di colore, nella scorsa puntata del mio “diario tra i canguri” avevo accennato alla sfida all’ultimo pronostico tra me e Sanguinetti. Con un pizzico di “amorevole stizza” devo 1 caffè a Davide perché, colto da irrefrenabile e presuntuosa mania da “pronostico contro-pronostico” ho malamente dilapidato, in 1 sola mattina, tutto il vantaggio accumulato nei giorni precedenti. La posta in palio, oltre al già citato caffè, prevede la messa alla pubblica gogna dello sconfitto nel player lounge ed una montagna di affettuosissimi insulti da parte del vincitore.

Il contest si basava su 10 pronostici giornalieri e vedeva la mia partenza lanciata.

Pronti, via salgo subito 5-0…e parte lo sfottò.  Davide, che sebbene abbia allenato Safina e Cirstea subisce la mia più assidua frequentazione del tennis in gonnella, iniziava però il suo recupero, lento ed inesorabile. Si rifaceva perciò  sotto accorciando le distanze sul 5-3: ne restavano solo 2!!!

In barba alla scaramanzia che normalmente mi caratterizza iniziavo a festeggiare per il matchpoint di Haas. Peccato che alla fine abbia vinto Nieminen: 5-4 lo score parziale tra me e Davide e discorso ancora aperto.

Per mia fortuna l’ultimo incontro termina 9-7 al 5 set con il giudice di sedia che sentenzia: “game, set, match Gabrielli”.

Sul +2 per me trascorrono 2 giornate interlocutorie fatte da altrettanti pareggi 5-5.

L’ultimo giorno, con numero di pronostici sceso ad 8, è la mia Caporetto.

Colto da improvviso delirio di onnipotenza mi lancio in una serie di previsioni quantomeno azzardate. Risultato di giornata 6-2 e classifica finale che recita: +2 per Sanguinetti che, almeno fino al torneo di Miami, potrà farsi liberamente beffe di me sorseggiando un caffè alla mia salute.

Tornando a cose più serie vorrei concludere con una considerazione. Ogni tappa del Grande Slam manda in campo il suo “torneo delle leggende”. Tennisticamente parlando è davvero poca cosa. A qualcuno potrà fare perfino tristezza vedere vecchi e celebrati campioni del tempo che fu, ormai appesantiti dal tempo e dalle battaglie, provare ancora a rincorrere un pallina gialla, spesso senza grossi risultati. Dal canto mio devo dire che vederli ancora tutti li, con lo spirito dei tempi belli, sedere accanto a quei terribili “vecchietti” che rispondono ai nomi di Wilander, Ivanisevic, McEnroe, Pat Cash, Pat Rafter e Martina Navratilova, e scambiarci quattro chiacchiere è motivo di grande gioia. Se sono qui oggi è anche merito loro, perché è proprio grazie a loro che io amo questo sport.

Non più tardi di 2 giorni fa Stefano Napolitano, con un rispetto poco usuale per un ragazzo della sua età, ma che lui invece spesso mostra di possedere, scriveva sulla sua pagina facebook: “Ex numero 1 al mondo, 8 vittorie Slam con altre 11 finali disputate.

Posso dire di avere giocato con Ivan Lendl!”

Detto da un diciassettenne mi è parsa una cosa bellissima. Bravo Stefano.

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