di Roberto Commentucci
Il migliore delle quali non si è qualificato. Il tennista più interessante visto all’opera nel tabellone di qualificazione non è uno dei 7 approdati al tabellone principale.. Nel turno decisivo Olexandar Dolgopolov jr., classe 1988, dopo aver vinto il primo set ha smarrito concentrazione e partita, (36 62 63) consegnando l’accesso al main draw al solido ceko Jan Hayek, ma ha nettamente vinto la battaglia dei consensi, riscuotendo l’incondizionato apprezzamento del numeroso pubblico romano, incantato dal gioco tutto svolazzi e fantasia del giovane ucraino.
Figlio d’arte (suo padre è stato buon tennista e poi a lungo coach del connazionale Andrei Medvedev) piedi rapidissimi e tocco da predestinato, “Dolgo” è stato capace, solo in questo inizio di stagione, di scalare ben 65 posizioni, passando dal n. 131 all’attuale 66, grazie soprattutto ad alcuni ottimi risultati nel circuito challenger marocchino (2 finali, a Marrakesh e Tangeri, e la vittoria di Meknes).
Tuttavia, quel che più ha impressionato il pubblico romano è stato lo scintillante stile di gioco, miscelato a perniciosa scelleratezza, di questo sottile atleta slavo dai lunghi capelli, tenuti insieme da una coda di cavallo, capace di alternare entusiasmanti ricami a momenti di disperante inconsistenza agonistica.
Un servizio eseguito con un mulinello rapidissimo, a colpire la palla in fase ascendente, molto vario nelle traiettorie e soprattutto difficilissimo da leggere, con cu si procura parecchi punti.
Un diritto pungente, con cui alterna parabole alte e senza peso ad improvvise, rapidissime accelerazioni, spesso imprendibili.
Ma soprattutto, dal lato sinistro questo ragazzo ucraino è stato baciato dagli dei della racchetta, che gli hanno donato un rovescio che è poesia pura: nella soluzione bimane, “Dolgo” lo esegue a braccia distese, con un anticipo e un timing strepitosi ricordando a tratti lo zar Kafelnikov. Ma non finisce qua: tutto ad un tratto, eccolo che stacca la mano sinistra per eseguire una rasoiata in back bassissima e insidiosa, che alterna a palle corte – giocate in quantità industriale – di precisione chirurgica, per la disperazione degli avversari, spesso letteralmente “scherzati”.
Da manuale la tecnica di risposta: sulla seconda palla avversaria “Dolgo” aggredisce costantemente, entra 2 buoni metri dentro al campo e inventa tennis. Grandi anticipi piatti alternati a smorzate millimetriche, a suscitare gli oòh di meraviglia del pubblico.
Questo, quando la luna è buona. Perché, come spesso capita ai geni, quando l’ispirazione se ne va e la luce si spegne, è difficile ritrovare la concentrazione, e si rischia di smarrire la partita. E allora sono interi games conditi di errori non forzati e soluzioni improbabili, che gli costano tante partite, come quella di oggi.
Ma il ragazzo va seguito: se riesce a mantenere la testa sul campo con maggiore continuità, ha i numeri per far divertire tutti come matti. Tranne, ovviamente, gli avversari.
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