(Roger Federer – Foto Nizegorodcew)
di Gianfilippo Maiga
Nella mia presentazione degli Internazionali di Roma di qualche giorno fa avevo espresso il dubbio che Federer potesse esserne un favorito, anche se nel farlo ero attraversato dal forte timore di incorrere in una brutta figura, di fronte ad un tale Fenomeno.
L’incontro di ieri con Gulbis ha invece confermato le mie perplessità sulle condizioni di Federer.
Anche i Fenomeni, a volte, devono inchinarsi alle leggi cui sottostanno tutti i tennisti: la desuetudine agonistica, (F. aveva giocato l’ultima volta a fine marzo sul veloce) non perdona, quando si lavora in ambiente così competitivo e livellato verso l’alto come è quello tennistico.
Una certa ruggine quindi ha pesato su di lui, così come non mancherà di condizionare durante il torneo altri tennisti molto attesi.
Che questo fattore abbia giocato un ruolo è nelle statistiche: pochi aces e una prima evanescente nel secondo e terzo set la dicono lunga sullo stato dell’elvetico, più ancora dei quasi 40 errori gratuiti.
Una vittoria in apparenza facile nel primo set seguita da un crollo verticale nel secondo sembra inoltre testimoniare della mancanza di tenuta (mentale) tipica di chi manca di abitudine ai tornei.
C`è però, a mio avviso, di più.
Non si può analizzare il match limitandosi a dire che Federer sia calato mentalmente dopo il primo set. La partita, da un certo punto in poi, l’ha fatta Gulbis.
Nella prima frazione Federer ha indotto gli inossidabili Clerici e Tommasi a dire che avevano visto il miglior Federer di sempre sulla terra battuta.
Non sono sicuro che sia vero: è però certamente vero che Gulbis sembrava attanagliato dalla paura, soprattutto nei primi scambi, tanto da essere presto “breakkato”.
In Gulbis mi sembra di aver rivisto meccanismi tipici.
Di fronte a chi sulla carta ti sopravanza di troppo, anche se tu hai fiducia nei tuoi mezzi, c`è come una curva dell’emozione che si ripete sovente: movimenti da automa all’inizio, liberazione del braccio se ci si accorge di poter giocare alla pari e conseguente rimonta, fottutissima paura di vincere nel momento decisivo.
Questo è quanto-direi- è avvenuto ieri. Fu quindi vera gloria il primo set per l’elvetico? O è stato piuttosto demerito del lettone?
Da quando Gulbis ha liberato il braccio, giocando dal secondo set con un ritmo, una profondità e una precisione sensibilmente superiori a quelli del primo set, Federer è parso improvvisamente inferiore e ha subito.
La traiettoria dei suoi colpi si è accorciata, la penetrazione dei rimbalzi ha perso di efficacia e il campione ha saputo solo, monotonamente, cercare il rovescio di Gulbis, come se volesse far partita uguale, non trovare soluzioni vincenti.
È stato sorprendente vedere Federer quasi incapace di tentare di spostare l’avversario, (schema che si era rivelato in più di un’occasione efficace), ricorrendo ai lungolinea. È stato inusitato constatare che lui, la leggerezza tennistica fatta persona, non era quasi mai in grado di rubare il tempo all’avversario, ostinandosi in sterili diagonali, quasi in attesa dell’errore altrui.
Questo è arrivato puntuale sul 54 e servizio per Gulbis, quando sul Centrale è comparso il cartello: “Paura di vincere”, e Gulbis ha letteralmente regalato il turno di battuta, ma Federer non è riuscito ad approfittarne.
In conclusione: il Federer visto non è certamente quello in grado di vincere il Roland Garros ed è certamente a corto di preparazione (non fisica, ma piuttosto tecnica e mentale), ma la qualità espressa da Gulbis è stata qualità vera, un tennis di livello molto alto e di grande aggressività. La concorrenza per Federer aumenta con il passare degli anni e non si limita ai soliti noti.
V’è comunque da sperare che i prossimi tornei ci restituiscano progressivamente l’asso che conosciamo e che quanto meno il servizio lo tenga a galla quando i colpi o la testa non lo assistano pienamente. V`è da sperare di rivederlo pienamente determinato, (forse anche un po’ meno rilassato?)
Certo che la sconfitta con Berdych di un mesetto fa (sul duro) rischia a questo punto di assumere un significato un po’ diverso. Staremo a vedere…
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