di Roberto Commentucci
Francesca Schiavone nella finale della Fed Cup giocata in questo wekk-end a Mosca ha giocato un tennis da sogno, esaltante, mettendo alla frusta due top 5. Purrtroppo, ancora una volta alla fine ci resta in bocca un sapore amaro, quello dell’eterna incompiutezza.
Ancora una volta la Leonessa non ce l’ha fatta, si è fermata proprio ad un passo, ad un passo dal gotha del tennis mondiale. Come già due anni fa, quando è stata lì lì per diventare la prima italiana ad entrare fra le prime dieci del mondo, o come quando ha dovuto passare per 7 finali perdute prima di aggiudicarsi il suo primo titolo Wta.
Ma ora, conclusa con un piazzamento comunque più che onorevole la massima competizione a squadre del tennis femminile, è tempo di bilanci: cosa manca alla Leonessa, per aspirare a un posto stabile fra le top ten?
A mio parere, a Francy mancano due cose:
1) 5-6 centimetri in più di statura, che le consentirebbero una maggiore continuità al servizio e le permetterebbero di raccogliere qualche punto in più in avanti, lei che a rete ci sa stare bene, a dispetto della taglia; e purtroppo su questo aspetto, poiché non si può andare contro madre natura, non c’è nulla da fare.
2) il raggiungimento di un equilibrio stabile fra bagaglio tecnico-tattico e temperamento. E questo è invece un campo nel quale si può intervenire. Mi spiego. Francy, giocatrice estremamente rapida e reattiva, ma non particolarmente potente, per far partita pari con le prime della classe deve sempre variare moltissimo il gioco, utilizzando l’ampio bagaglio tecnico di cui dispone in termini di cambi di velocità, effetti, angoli, discese a rete, palle corte. Purtroppo, quando la partita si surriscalda, quando la pressione sale, quando il punteggio è in equilibrio, non sempre riesce a tenere la testa fredda, a ragionare, e smette di variare i colpi, cadendo nella trappola del suo istintivo “corri e tira”, offrendo il fianco ad artiglierie più potenti della sua.
La partita di ieri con la Kuznetsova è da questo punto di vista esemplare. Sotto 3 a 1 all’inizio, Francesca ha giocato a mio avviso un primo set strepitoso, facendo impazzire la russa con le sue continue variazioni, tra cui spesso persino il “colpo Federer” il rovescio in back incrociato corto, seguìto da una accelerazione in contropiede o da una palla corta con discesa a rete. La Kuzne non trovava palle da spingere, si era innervosita, aveva iniziato a cercare di sottrarsi alla ragnatela di Francy con lo sfondamento di potenza, forzando troppo il ritmo e andando fuori giri. Poi, sopra 5 a 3, nel secondo set, Francesca si è annebbiata, ha sentito il traguardo vicino, il pathos ha avuto la meglio sulla testa, e ha smesso di variare, cercando anche lei di vincere con la potenza quegli ultimi, dannatissimi punti e restituendo alla sua ormai tremebonda avversaria il ritmo che le aveva sottratto.
Peccato. Ma la Leonessa deve ripartire da queste considerazioni. Ha già tanta esperienza, un fisico integro e solo 27 anni.
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