di Alessandro Nizegorodcew (articolo apparso sul portale www.tennis.it)
Non c’è alcun dubbio, Bolelli è andato in corto circuito. Serenità smarrita, tensione alle stelle e colpi che non fanno più male. Ho potuto ammirare (?) il match di Simone contro Melzer dal primo all’ultimo 15, rafforzando le idee che mi ero fatto nelle passate settimane. I sintomi riscontrati sono di natura tattica, tecnica e anche fisica, ma la causa di tutto ciò, la vera “malattia” di Bolelli, è solamente nella sua testa.
Gambe di legno. Iniziando ad analizzare l’aspetto atletico, ho subito notato come Simone non riuscisse a muoversi in campo nel modo che più gli è consueto (non certo un velociraptor alla Ferrer, ma nemmeno un bradipo alla Karlovic). Chiunque abbia giocato a tennis ad un certo livello, sa che l’unica ragione per cui le gambe non girano è perché sono bloccate dalla tensione, dalla paura, dalla consapevolezza che, qualunque cosa tu faccia, il punto lo farà comunque il tuo avversario. Durante il primo set, Simone ha rinunciato a rincorrere alcuni potenti (ma non vincenti!) colpi del suo avversario, inscenando dei mezzi scatti che avrebbero fatto rabbrividire il peggior atleta del mondo. Ma è la testa, è tutto nella sua testa! Nell’unico momento positivo dell’incontro, quando Simone ha recuperato da 1-3 nel secondo set sino al 3-3, si è visto un Bolelli tonico, reattivo in risposta (anche e soprattutto col rovescio), pronto a spostarsi sul diritto girando intorno alla palla. Il braccio si è sciolto ed è arrivata anche qualche accelerazione importante.
Solo un istante. Purtroppo il “vecchio” Bolelli è durato 15 minuti circa, prima di lasciare di nuovo spazio al Simone versione “Caporetto”, che in un amen ha perso il servizio sul 5-6 e quindi l’incontro. Analizzando l’ultimo gioco del match, si può tranquillamente riassumere tutto il 2010 dell’azzurro. Sullo 0-15 Simone spinge per tutto lo scambio sino a far sbagliare Melzer. Pugnetto del “Bole” (inconsueto e carico di significati) e 15-15. Nel punto successivo la palla arriva sul diritto di Simone che prova a tirare la sassata, ma il nastro ne ferma la traiettoria. 15-30 e momento di tensione. Risultato? Doppio fallo di 30 centimetri e due match point. Melzer prende coraggio e spara una fiamma di diritto che i raccattapalle ancora stanno cercando. Partita finita e Bolelli sempre più in crisi.
Pistolesi e i Top-10. Claudio Pistolesi, ex allenatore di Bolelli, ha sempre dichiarato che Simone sarebbe arrivato, col tempo e col lavoro, tra i primi 10 giocatori del mondo. Molti, tra appassionati ed addetti ai lavori, hanno criticato le parole del coach romano, ritenendole esagerate rispetto al reale valore del tennista di Budrio. Ma forse nessuno ne aveva capito l’importanza. “Pistola” non insisteva per partito preso, ma per dare sempre maggiore consapevolezza al ragazzo, per farlo sentire campione, per dargli sicurezza nei propri mezzi. A prescindere dalle reali possibilità di Bolelli (sulle quali non mi esprimo), la carica impressa da Claudio aveva portato l’azzurro tra i primi quaranta del mondo, un risultato che solo oggi, qualche mese dopo, sembra una chimera. Davide Sanguinetti, ex allievo di Pistolesi, ha sempre dichiarato: “Claudio ti fa sentire un campione, anche se non lo sei”. La domanda, posta in questa sede in maniera quasi ingenua, dovrebbe a questo punto essere: E’ Piatti l’allenatore giusto per Simone Bolelli? Un allenatore che non è in grado di seguire in tutti i tornei il proprio allievo, è un coach adatto ad un carattere così sensibile come quello di Simone? Senza nulla togliere a Riccardo, che è senza alcun dubbio uno dei più grandi allenatori nel circuito, siamo sicuri che sia in grado di risolvere i problemi mentali (e quindi non tennistici) del “Bole”?
Lezione numero uno. Simone ha scelto, giustamente, la strada dei challenger. Ritrovare la vittoria, anche in tornei di valore relativo (per lui), può essere un traino importante, se non fondamentale, per rientrare al più presto nei primi 100. Fa male ed è brutto dirlo, ma servirebbe un sorteggio fortunato, un avversario in scarsa condizione, un nastro che non respinge ma sostiene il tuo colpo. A livello più basso, basterebbe un Bolelli al 50% (ma di quello vero) per vincere almeno due o tre partite e ritrovare il sorriso. Forza Simone, perché il tuo tennis è di valore assoluto, sciogli quel braccio, inizia a correre e a lottare! La lezione numero è ripartire dal basso, con umiltà, dedizione e forza di volontà. Se riuscirà in questa piccola impresa, rivedremo Bolelli presto nei primi 50!
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