di Francesca Amidei
Ci sono giocatori freddi e giocatori emotivi, ci sono tennisti killer e tennisti che non sfruttano miriadi di palle game o palle set, ci sono quelli che nei punti importanti riescono a giocare sempre il loro miglior tennis e quelli a cui, in quei momenti, il dritto ed il rovescio non scorre mai. Eppure c’ è un comun denominatore che accomuna tutti e dal quale nessun tennista del pianeta, dal principiante al professionista, può scappare. Ebbene, si tratta della paura di vincere e della sua gemella, meglio nota, come paura di perdere.
Chiunque abbia impugnato una racchetta e giocato almeno una volta nella vita una partita o anche solo pochi punti con un amico, avrà provato sulla propria pelle quel brivido che ti pervade prima di giocare un punto importante che può decidere le sorti del match. Non importa cosa ci sia in palio, se è una partita di torneo o la partitella in amicizia della domenica, perché ciò che rende veramente unico il nostro sport è che tutti possano vivere, a qualsiasi livello e in qualsiasi contesto, quelle stesse paure. Però c’è una domanda che ci tormenta, che risuona imperterrita nelle nostre menti prima, durante e dopo una partita alla quale forse non c’è risposta o forse, semplicemente, ce ne sono molte.
E’ possibile con l’ esperienza esorcizzare questa paura o bisogna conviverci ed affrontarla in ogni singola partita? Le paure ci accompagnano nel corso di tutta la nostra vita, dalla classica paura del buio da bambini alla più complessa paura del “cosa ne sarà di noi” da ragazzi fino all’ inesorabile paura della morte in tarda età. Non possiamo pensare di provare le stesse emozioni o sentirci nello stesso stato d’ animo per l’intera durata di un torneo o più semplicemente di
un match, ci saranno momenti in cui saremo in fiducia e qualsiasi colpo giocheremo risulterà vincente, ci saranno punti in cui il nostro braccio non girerà a dovere, cambi campo in cui penseremo che non potremmo mai perdere e altri in cui tutto ci apparirà nero e ci daremo per vinti. C’è chi si esalta e chi scompare nella lotta, c’è chi si carica o si emoziona con il pubblico e c’è chi reagisce e chi si fa travolgere dalle difficoltà. Spesso per vedere il reale valore di un giocatore si osserva come si tira fuori dalle situazioni delicate, come reagisce al cosiddetto “momento no” e se riesce a rimanere lucido nei momenti catartici del match perché è lì, in quegli attimi, in quelle scelte che emergono le caratteristiche umane e mentali di ognuno di noi che vanno ben oltre il dritto ed il rovescio.
Dunque la paura sarà la nostra compagna di viaggio lungo quella strada tortuosa che tutti noi percorreremo per realizzarci come tennisti, e solo quando impareremo a riconoscerla, ad accettarla, a farla nostra avremo finalmente il coraggio di avere paura. E solo allora piazzando un ace sulla palla break, sfoderando un dritto vincente sulla palla set o chiudendo una volée a campo aperto sul match point ci sentiremo Giocatori.
Non possiamo non avere paura ma, nel campo da tennis così come nella vita, possiamo imparare ad avere coraggio.