di Luca Brancher (articolo apparso sul sito Mytennis.it)
Se la volta scorsa ci siamo soffermati più attentamente ad analizzare quali siano state, nel corso del 2009, le migliori prestazioni dei singoli atleti, facciamo ora un momentaneo passo in avanti, effettuando un’analisi che verta sui comportamenti delle varie nazioni. Lo so, il tennis è uno sport singolo e le competizioni a squadre, come è giusto che sia, hanno un ruolo marginale, ma è inevitabile notare come spesso e volentieri si tenda a trarre, dalle esperienze dei singoli giocatori, l’andamento di un intero movimento. Pur ritenendolo un ragionamento corretto fino ad un certo punto, fornirò egualmente una classifica a punti per nazioni che abbia proprio questo scopo: scoprire quali siano queste nazioni-leader. Non che dal precedente pezzo non si sia evinto quali potessero essere le principali potenze mondiali a livello challenger, ma eccovi la graduatoria.
Sebbene un minimo di sorpresa il primo posto della Germania possa sortirlo, ricordo che stiamo sempre menzionando una delle nazioni col maggior numero di vittorie (13, solo gli Stati Uniti hanno saputo fare meglio) e con una buonissima media qualitativa dei partecipanti. Tra le fila tedesche, infatti, era presente il recordman per quanto concerne i punti conquistati nei tornei indoor, Michael Berrer, nonché il leader della prima parte di stagione, Benjamin Becker, e il terzo della classifica assoluta, Florian Mayer. Nomi che risuonano come certezze nel mondo challenger data la loro esperienza e la loro capacità di destreggiarsi con ottimi risultati anche su palcoscenici ben più importanti, financo Slam. Ma non sono stati soltanto questi gli artefici di questo piccolo capolavoro teutonico, sebbene la maggior parte della gloria spetti loro di dovere. Non vanno nemmeno dimenticati gli acuti di altri tennisti che hanno saputo vedere i challenger come un ottimo trampolino per scalare più in fretta possibile la classifica, vale a dire Andreas Beck – vincitore a Korat, in Thailandia – poi diventato il terzo giocatore di Germania (numero 39) dietro Kohlschreiber e Haas, e Simon Greul, anche lui ampiamente rientrato nei top-100 dopo diverse stagioni di assenza (59), che ha colto la ghiotta occasione di fare proprio il challenger umbro di Todi. A proposito di Berrer, si sottolineava la volta scorsa quanto fosse stato bravo a sfruttare il periodo più congeniale al suo gioco mancino, quello indoor, per insediarsi con stabilità tra i primi 100 giocatori del mondo: medesimo discorso va fatto, in tono minore, per Daniel Brands, pure lui possessore ora di un ranking Atp dalle sole due cifre (92). Con lui la Germania vanta undici giocatori con tale status, risultato che proveranno sicuramente a migliorare, data la presenza a ridosso dei 100 di esperti tennisti come Nicolas Kiefer e Bjorn Phau, sempre che non vi riescano con nomi a sorpresa, come quello di Dominik Meffert, 28enne ormai uso a bivaccare attorno alla 200esima posizione mondiale, quest’anno in grado di aggiudicarsi il titolo a Ginevra.
A pochi punti, meno di 100, segue l’iper presente Spagna, che fornisce una prova apprezzabile, soprattutto dal punto di vista quantitativo. I nove titoli con cui gli iberici chiudono la stagione, ottenuti con otto tennisti differenti, non sono un risultato così lodevole, ma ancora una volta riescono laddove altre nazioni non arrivano, ovvero nella costanza di rendimento. Un nome su tutti è quello di Pere Riba-Madrid, di cui avremo modo di parlare anche in futuro, perché l’iberico è stato il giocatore ad aver preso parte a più challenger nel corso dell’intera annata: 31 le settimane dedicate dal 21enne spagnolo a queste competizioni, che gli sono valse la top-ten assoluta (proprio al decimo posto) e il titolo a Siviglia. Se notate bene, però, a parte Riba aiutato dal suo “presenzialismo” non ci sono stati altri tennisti capaci di essere selezionati come migliori in alcuna categoria. Qualche segnale è arrivato da Daniel Gimeno-Traver, unico giocatore capace di aggiudicarsi due prove (Banja Luka e Tarragona), proprio quando la sua classifica cominciava a richiedere alcuni punti sicuri, atti a mantenerlo con relativa sicurezza nei top-100 (72). Un altro contributo importante lo ha dato David Marrero, che aveva iniziato alla grande la stagione, vincendo anche la competizione brianzola di Monza, prima però di perdersi un pochino e non riuscire ad andare oltre l’attuale 158esima posizione. Per il resto, i grandi punteggi della Spagna sono frutto di prestazioni fornite da giocatori di altra categoria – ad esempio Feliciano Lopez a Segovia, oppure Alberto Martin a Genova, o Oscar Hernandez a Braunschweig – con l’unica vera sorpresa portata dal giovane Inigo Cervantes-Huegun a Saransk, mentre una parte di merito la si deve a tennisti tutt’altro che fautori di annate esaltanti, ma che prova e riprova hanno saputo comunque accumulare un gruzzoletto di punti. Più avanti ne avremo un fulgido esempio.
Sul quarto gradino della classifica a punti, ma sul primo di quella per titoli conquistati, troviamo gli Stati Uniti, che si fanno forti dei 15 titoli portati a casa, o forse sarebbe meglio dire mantenuti in patria. Già, perché come era stato scritto la volta scorsa, gli Stati Uniti sono, dietro all’Italia, la nazione ad aver organizzato più prove, ben 20: e di queste, 12 sono state vinte da propri giocatori, tra cui spicca Michael Russell – autore di una doppietta “coast to coast” Savannah-Carson – che non casualmente risulta essere anche il giocatore ad aver totalizzato più punti in un singolo Paese (355), il suo, gli Stati Uniti. Russell è stato l’unico yankee in grado di conquistare due titoli negli U.S.A., visto che l’unico altro tennista proveniente dalla potenza nordamericana a vincere due challenger ha spartito i suoi successi tra la Gran Bretagna – Nottingham – e la Nuova Caledonia – Numea: Brendan Evans. Il circuito dell’USTA, la locale federazione tennistica, da quindi una grossa mano agli atleti di casa, permettendo loro di viaggiare poco e avere comunque la possibilità di mantenere un ranking dignitoso. In Argentina, invece, di challenger ne viene ospitato soltanto uno, nell’ambito della Petrobas Cup, sul finire della stagione, a Buenos Aires, e quindi gli atleti dell’Albiceleste per potersi garantire i due podi che emergono dai due prospetti presenti in questa pagina non possono fare altro che viaggiare. Agevolati anche dall’avere tra le propria fila un fuoriclasse di razza come Horacio Zeballos, di cui non abbiamo potuto evitare di fare cenno nel pezzo precedente: 8 finali con 5 vittorie e una scalata vertiginosa figlia dei 693 punti challenger arraffati nel 2009. Zeballos subentra così a Diego Junqueira nel ruolo di giocatore ad aver conquistato più punti nell’ambito challenger in una singola stagione, garantendo nuova luce alla sua nazione, adiuvato in ciò anche da Maximo Gonzalez e al rinato Eduardo Schwank, due titoli a testa per loro, e dai sempreverdi Decoud, Chela e Gaudio, oltre che al 19enne Federico Del Bonis, vincitore da qualificato nella kermesse di Manerbio e che tornerà in auge quando parleremo dei migliori giovani. Gaudio, Decoud e proprio Del Bonis sono stati anche gli artefici dei tre titoli arrivati fuori dal Sudamerica per gli argentini: non potranno contare su tanti challenger in casa, ma il 40% dei 25 tornei organizzati nel Sudamerica è stato conquistato da atleti provenienti da quella che con un po’ di sorpresa si può definire la prima nazione al mondo su terra battuta – livello challenger – con i 3595 punti che appaiono nel secondo tabellino, 38 in più della Spagna.
Altre nazioni sulla cresta dell’onda sono la Francia, che può al momento vantare su larga scala un movimento superiore anche a quello iberico oltre a quella grandissima caratteristica che risponde al nome di duttilità, e il Brasile, che ha fatto leva su alcuni tennisti di categoria superiore come Tomaz Bellucci e Marcos Daniel, oltre che sul curioso Marcelo Demoliner, a segno alla sua prima apparizione challenger – in main draw – a Blumeneau. La giovane età, 20 anni, ci suggerisce di tenerlo sott’occhio. Capitolo a parte, vista la sede in cui scrivo, lo meriterebbe l’Italia, che non ha saputo sfruttare al meglio i tanti tornei ospitati, soprattutto con quelle che dovrebbero essere le presunte nuove leve: i nomi dei vincitori, a leggerli, paiono sempre gli stessi degli anni passati, con la sola lieta notizia di Paolo Lorenzi, che ha fatto centro tre volte, tra Italia, Crozia e Slovenia, meritandosi così la palma di miglior azzurro 2009. Su questo credo che ci siano pochi dubbi.
Chiudo la parte dedicata alle nazioni con alcune curiosità che si evincono sempre dal materiale grafico fornito in questo articolo. Le migliori perfomances per superficie, per quanto non siano state sempre rimarcate, non creano grandissimi sussulti: Germania per quanto concerne l’indoor, Stati Uniti sul cemento all’aperto, mentre già avevamo detto per l’Argentina, così come risulta poco indicativo indicare la nazione numero 1 sull’erba. Cipro è presente in classifica con i soli punti su cemento, dovuto al fatto che sono stati tutti accumulati da Marcos Baghdatis.
Dall’altra tabella, invece, possiamo notare la vulnerabilità in finale di una nazione come la Slovenia (2 vittorie e 6 sconfitte) e altresì la quasi imbattibilità della Colombia (8-2), mentre tra le prime nazioni non emergono grossi scompensi, se non in negativo per Spagna e Francia, che sappiamo essere le nazioni con la maggiore base partecipanti di un certo rango. Se volessimo calcolare, invece, sommando appunto le presenze ai vari turni, le due rappresentative con maggiori presenze a tutto tondo, noteremmo come Stati Uniti e Italia sono appaiate in testa con 704 partecipazioni ciascuna. Non un caso, ma è un dato figlio del gran numero di tornei organizzati dalle due federazioni: per un’analisi più precisa sui “maggiori piazzamenti” di seguito apparirà una tabella esplicativa.
Dustin Brown è sicuramente reduce da una buonissima annata: non si potrebbe dire altrimenti di una stagione che lo ha portato dalla 499esima posizione alla 144esima, anche se il suo destino sarebbe potuto essere leggermente migliore ancora, perché il giamaicano ha raggiunto ben 5 finali, vincendone una soltanto e venendo sconfitto in ben 4 occasioni, riportate sopra. D’altronde la sua stagione era cominciata proprio con due finali ottenute nel secondo e terzo futures spagnolo, quasi a monito di quello che sarebbe stato il trend caratterizzante il suo 2009. Ma nonostante ciò, credo siano in molti i tennisti che vorrebbero aver vissuto un’annata come la sua.
Balzano agli occhi anche le 6 semifinali dell’ex top-20 Juan Ignacio Chela, che ha avuto l’umiltà di ripartire dal basso per ricostruire quella classifica andata sgretolandosi nel corso del 2008: le 6 semifinali sono state poi curiosamente tutte conquistate nella seconda parte di stagione, da Rimini in poi, quando le sue gesta sono decisamente tornate ad essere più indicative di quello che può essere considerato il suo valore, evidenziato ancor di più dal successo di fine stagione ottenuto nella città colombiana di Medellin, a quasi 3 anni di distanza dall’ultimo, nell’Atp di Acapulco.
Tre i giocatori col record di quarti di finale, tra cui Stephane Robert, lui sì capace di un 2009 al di sopra di ogni aspettativa, mentre continua a non progredire e a rimanere un giocatore da “200esimo posto” Matthias Bachinger, così come Santiago Ventura riesce a non staccarsi dalla posizione numero 100.
Si diceva primo di quei tennisti spagnoli che, nonostante annate non fulgide di buoni risultati sono stati comunque capaci di accumulare punti: Carlos Poch-Gradin, ad esempio, ha saputo raggiungere quota 157, nonostante nelle sue 26 partecipazioni in tabellone principale, abbia raccolto 11 primi turni e 12 secondi, record assoluto in ambito challenger. Peggio di lui il nostro Tomas Tenconi, che dopo la rinascita del 2008, ha imboccato una bruttissima parabola discendente in questo 2009 che lo ha visto addirittura protagonista di 17 eliminazioni al primo turno su 25 tentativi. Bottino davvero amaro.
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