(Mike e Bob Bryan)
di Sergio Pastena
In principio erano i McEnroe: John (quello bravo) e Patrick (quello meno bravo). Patrick, a dirla tutta, era un buon tennista: numero 28 in singolare al suo apice (con un torneo vinto), in doppio si era spinto fino alla terza posizione portando a casa anche un Roland Garros. Insomma, un curriculum di tutto rispetto, ma se hai la sfiga di nascere fratello di “Big Mac” sei destinato a rimanere in ombra qualunque cosa tu faccia. Anche nel doppio, dove il fratello è stato a lungo numero 1 ed ha portato a casa nove tornei dello Slam, tanto per mettere in chiaro le cose. In Italia succedeva più o meno lo stesso, anche se in tono minore, con i fratelli Panatta: Adriano vinceva gli Open di Francia e si spingeva fino al numero 4 del ranking, ottenendo buoni risultati anche in doppio, mentre Claudio conduceva una carriera dignitosa vincendo un titolo di singolare e disputando anche tre finali. Non erano gli unici fratelli del circuito, e come quasi sempre accade c’era quello bravo e quello, se non scarso, almeno “umano”. In passato erano ancora più numerosi: per dare un’idea, nelle prime 22 edizioni del doppio maschile a Wimbledon ben 17 furono le vittorie di consanguinei (partendo dai Renshaw per arrivare ai Doherty passando per i Baddeley). Memorabile, poi, il caso dei Sanchez: oltre ad Emilio, ex numero 7 ed a suo fratello Javier, comunque arrivato alla ventitreesima posizione, nel circuito Wta c’era la sorellina minore, tale Arantxa, plurivincitrice di Slam ed ex numero 1… Molti all’epoca avrebbero scommesso sull’irripetibilità della cosa, ma ecco che dallo Zimbabwe ti piombano i fratelli Wayne e Byron Black, che da soli portano la nazione africana ai quarti della Davis (incredibilmente, entrambi vincono Slam in doppio ma non assieme) e hanno una sorella, Cara, a sua volta per anni dominatrice del doppio femminile con la Huber.
Ma concentriamoci sui fratelli: com’è la situazione oggi? Andiamola a vedere, cominciando da quelli che “ce l’hanno fatta”.
Ancora oggi i fratelli popolano il circuito maggiore ma spesso di quello meno famoso non se ne sente neanche parlare. Fanno eccezione, e in fondo non è una sorpresa, i gemelli: i Bryan sono una leggenda del doppio, hanno superato i “Woodies” come numero di tornei vinti e si sono appena ripresi la prima posizione del ranking. Considerando l’età (32 anni) non avanzatissima per una specialità che conta anche quarantenni tra i top players, Bob e Mike hanno ancora parecchio da giocare e, presumibilmente, da vincere. Ad ogni modo, con 8 titoli dello Slam in bacheca (almeno uno per ognuno dei tornei maggiori), altrettante finali e un bronzo olimpico a corredo, proprio non possono lamentarsi: sono probabilmente la più forte coppia di sempre nella storia del doppio.
(I fratelli Ratiwatana)
A loro modo hanno avuto successo anche i Ratiwatana, Sanchai e Sonchat: due titoli di doppio, si sono issati fino al numero 39 delle classifiche e sono tuttora tra i primi 100. Sono thailandesi e dalle parti di Bangkok il tennis ha un solo nome, quello di Srichaphan, ma gli idoli tennistici del paese ora sono loro. Da poco, infatti, si è ritirato il buon Paradorn che, per inciso, aveva due fratelli tennisti, Naratorn e Thanakorn, evidentemente chiamati così per causare suicidi di massa tra i telecronisti. I casi che abbiamo citato, tuttavia, esulano un po’ da quanto detto ad inizio articolo, visto che non è possibile identificare un “fratello scarso”, e anche se fosse possibile sarebbe complicato riconoscerlo.
Permetteteci di mettere nel lotto di quelli che ce l’hanno fatta anche i fratelli Brian e Dann Battistone, ovvero i personaggi più pazzi del circuito. Non sono gemelli (Dann ha due anni in più) ma sono praticamente identici di faccia (vedere le foto del profilo Atp per credere): non fosse per la statura (il minore è 12 centimetri più alto: misteri della natura) distinguerli sarebbe difficile. Brian, orfano del fratello inattivo da febbraio, ha cambiato tanti partner in questi mesi ed è arrivato al suo best ranking, al numero 110 delle classifiche di doppio. Col fratello era arrivato massimo al 177. Niente di eclatante, neanche di così scandaloso, eppure ce l’hanno fatta. Ce l’hanno fatta perché ai tornei la gente fa la fila per vedere questi due simpatici pazzi squinternati, che hanno conquistato i riflettori giocando con racchette con due manici, inventando una specie di battuta al salto con cambio di mano volante e colpendo la palla sempre col diritto bimane, da destra e da sinistra. Giocategli sul rovescio, se ne siete capaci…
(Brian e Dann Battistone)
Leggi anche:
- None Found