La Capacità di Anticipazione Motoria


(Fabio Fognini – Foto Nizegorodcew)
di Lorenzo Falco (Preparatore Fisico Fit II Grado)
Cari appassionati lettori di Spazio tennis, nell’ultimo contributo del contenitore dedicato alla preparazione fisica specifica si è discusso su una patologia comune a molti tennisti amatoriali: il gomito del tennista.
Ho apprezzato i commenti dei colleghi, dei tecnici, di alcuni medici e di semplici, curiosi amatori praticanti.
Ricordo nuovamente che ogni discussione deve essere regolata da un sano giudizio critico e da un valido spirito costruttivo. Mi preoccuperò di dialogare soltanto con coloro che scriveranno con attenzione e con garbo, senza urtare le altre persone, spesso inconsapevoli.
E’ giusto imparare a criticare gli argomenti e le conclusioni di coloro che scrivono.
E’ abominevole criticare le persone per le opinioni espresse.
Questa settimana si avvierà un discorso introduttivo sulle capacità coordinative e si prenderà in esame una capacità coordinativa speciale: l’anticipazione motoria.
Il concetto di capacità coordinative
Le capacità coordinative sono le qualità fondate sulle esperienze motorie che caratterizzano lo svolgimento di processi di controllo dei movimenti specifici e adeguati alla situazione.
L’addestramento delle capacità coordinative non deve dunque essere valutato in modo univoco nella realizzazione pratica dell’allenamento, perchè la sollecitazione coordinativa è differente per ogni attività sportiva.
Nell’allenamento giovanile l’addestramento delle capacità coordinative deve mirare ad altri scopi: il soggetto deve sviluppare una pluralità di movimenti anche non sport – specifici, deve accrescere la capacità di apprendere nuovi movimenti, deve rendersi più abile e più rapido.
L’azione e l’espressione delle capacità coordinative si manifestano nell’apprendimento delle abilità motorie, nella capacità di renderle disponibili in ogni situazione variabile e incerta e nel fondamentale compito di trasformare in prestazioni tecniche le potenzialità energetico – condizionali.
E’ difficile misurare quale sia la reale portata delle capacità coordinative nel corso della prestazione sportiva: non è dunque agevole impostare e valutare il carico coordinativo.
Il tecnico e gli osservatori della prestazione possono presumere che un comportamento motorio efficace, pienamente adeguato alla situazione, si basi su una solida esperienza coordinativa generale, attuale e pregressa.
I contenuti dell’allenamento coordinativo
Nella prassi dell’allenamento, l’addestramento delle capacità coordinative si può modulare in tal modo: nell’allenamento infantile, come offerta multilaterale e integrativa di movimenti; come allenamento tecnico di completamento, nel quale viene addestrata in modo particolare la capacità coordinativa dominante per la stabilizzazione e la disponibilità variabile della tecnica; come pratica di un altro sport oltre alla disciplina specifica.

(Mihail Youzhny – Foto Nizegorodcew)
Il modello della coordinazione motoria
In tutte le rappresentazioni del modello della coordinazione motoria è contenuta l’idea fondamentale che i programmi di controllo immagazzinati nella memoria prendano parte al prodursi dei processi motori.
Si è affermata l’idea che le coordinazioni dirette ad uno scopo si basino su informazioni di retroazione sensoriali.
I movimenti estremamente rapidi, in forma balistica richiedono regolazioni indipendenti da feedback di controllo.
L’organizzazione della coordinazione del movimento può essere rappresentata attraverso modelli di circuiti di regolazione, fondati su feedback ed errori, secondo uno schema chiuso e ciclico.
1. Gli analizzatori realizzano la presa e l’elaborazione a carattere orientativo delle informazioni.
2. Si programma lo svolgimento del movimento e si prevede il risultato, basato sullo scopo dell’azione, si percepisce l’informazione sensoriale sulla situazione iniziale e si utilizza la memoria motoria.
3. Si inviano gli impulsi di controllo alla muscolatura, attivando una stimolazione nervosa.
4. Gli organi motori eseguono il movimento, grazie all’interazione modulata tra muscolatura e forze esterne.
5. Si percepisce una continua informazione di retroazione sullo svolgimento del movimento.
6. Si confronta l’informazione di ritorno con lo scopo e il programma anticipati: si osservano i divari o le corrispondenze tra il valore reale e il valore nominale (risultato e programma)
7. Si inviano impulsi regolatori agli effettori, per attivare i comandi di correzione.
Questo modello della coordinazione del movimento è fortemente modulato dall’ambiente: il terreno, le condizioni di temperatura, il vento, l’impiego di un mezzo, l’utilizzo di un attrezzo specifico, etc.
Le capacità coordinative: il modello della diversificazione
Lo studio approfondito della motricità ha consentito di diversificare le capacità coordinative.
I punti di approdo della scienza dell’apprendimento hanno superato il concetto di insieme: tutte le capacità erano annoverate all’interno di un macrosistema, definito destrezza.
Le capacità coordinative dunque si attuano nei programmi d’azione, nella rapidità, nella tipologia e nel modo di apprendimento delle abilità motorie o delle tecniche sportive e si manifestano nell’impiego adeguato alla situazione.
Il modello della diversificazione è un tentativo innovativo di strutturare finemente il settore della destrezza.
In ogni caso, malgrado i molteplici sforzi scientifici e la formazione di modelli, per le qualità e le capacità coordinative non esiste una marcata e ben definita diversificazione precisa di ogni singola capacità.
Nel caso dell’analisi degli aspetti condizionali della prestazione e dell’addestramento, è possibile determinare un preciso carico quantitativo ed è verosimile riuscire a tracciare una nitida linea di demarcazione delle qualità condizionate.
La comprensione scientifica della componente coordinativa della prestazione è ancora agli inizi.
Si può concludere dunque che le capacità coordinative comprendono la possibilità di apprendere relativamente presto i movimenti e di controllare con sicurezza ed efficacia le azioni motorie sia nelle situazioni previste, sia nelle situazioni impreviste.

(Jurgen Melzer – Foto Nizegorodcew)
Le capacità coordinative: il ruolo della preparazione fisica specifica
Il presupposto della nostro contributo, in qualità di preparatori fisici nell’ambito del tennis, prevede che la preparazione complementare sia il supporto della tecnica e della tattica.
Il primo obiettivo per l’allenatore è far possedere all’atleta una strategia motoria adeguata, corretta nella forma e nell’organizzazione spazio-temporale in rapporto alla palla, alla racchetta e all’avversario.
Tutte le capacità che l’atleta deve possedere non dipendono solamente dalle caratteristiche strutturali e biochimiche del muscolo, ma anche da come il suo Sistema Nervoso è stato predisposto, attraverso l’allenamento, a determinare un effettivo comportamento dei muscoli.
E’ molto rilevante considerare l’ aspetto neuro-motorio dell’allenamento, soprattutto nell’ambito di una esercitazione di preparazione fisica speciale.
Il cervello è l’organo principe del Sistema Nervoso, possiede caratteristiche e potenzialità geneticamente prestabilite ed impiega il sistema osteo-muscolare per relazionarsi con l’ambiente esterno.
I muscoli, le ossa, le strutture articolari, devono essere considerati il mezzo che il cervello impiega per realizzare i precisi compiti motori.
Il cervello occupa funzionalmente la zona intermedia fra il sistema sensitivo e quello motorio.
Durante il gioco l’atleta, sollecitato nei propri sensi, grazie alle caratteristiche genetiche, alle conoscenze e all’esperienza acquisite attraverso l’allenamento, concretizza l’intenzionalità di perseguire un obiettivo.
L’atleta cioè, immerso nella realtà della partita o dell’ allenamento, percepisce che deve trovare una soluzione ad una problematica che il gioco stesso propone.
Immediatamente ed autonomamente vengono attivati i collegamenti nervosi più adatti, in quel momento, a risolvere il reale problema.
L’atleta potrà così, ad esempio, colpire o spostarsi nel campo per ricevere a sua volta un colpo avversario, etc.
Tutto questo, con modalità tecniche e tattiche suggerite dalla situazione di gioco che si sta verificando in quel preciso istante.
La qualità di gioco che l’atleta esprime dipende quindi, sia dal suo potenziale genetico sia dall’allenamento svolto in precedenza, il quale dovrà essere stato molto mirato e particolareggiato al fine di permettere alle potenzialità di manifestarsi praticamente.
Nonostante tutte le migliori intenzioni, come spesso accade, l’atleta, ad esempio, può sbagliare la scelta del momento corretto per impattare la pallina, oppure può muoversi senza successo e con grande dispendio, nell’ambito di una strategia difensiva od offensiva non funzionale al raggiungimento dell’ obiettivo previsto.

(Dominika Cibulkova – Foto Nizegorodcew)
Le capacità coordinative: il cervello governa la tecnica
Gli apprendimenti tecnico-tattici risultano essere perfettamente riproducibili solo in termini teorici, infatti forniscono una stabilità di rendimento atletico non sempre pienamente soddisfacente.
In particolare quando si tratta di giochi sportivi in cui il comportamento dell’avversario è sempre condizionante, il cervello non è in grado di fornire delle risposte preordinate.
L’immagine di un cervello contenitore di perfette memorie motorie, acquisite con l’allenamento, talvolta non soddisfa la sua reale capacità funzionale.
Il cervello, quando è sollecitato, risponde sempre al meglio delle sue possibilità relativamente alle informazioni che gli giungono in quel momento dall’ambiente, nonostante tale comportamento possa essere considerato un errore.
Il cervello è una macchina perfetta che non sbaglia mai.
Ogni volta che il cervello entra in azione produce la migliore strategia operativa.
Questa è sempre la più adatta a rispondere alle esigenze che l’ambiente in quell’ istante propone.
Essa può essere condizionata negativamente sia da una non corretta interpretazione dell’ informazione, per incapacità dell’ atleta a decodificarla ed anche talvolta per merito dell’avversario e da una disponibilità motoria limitata dovuta ad un’ insufficiente specializzazione.
Più spesso, il comportamento di un atleta di alto livello ed allenato, che fornisce delle risposte tecnicamente sbagliate, va interpretato come una più o meno insufficiente attivazione della porzione senso-percettiva del Sistema Nervoso.
La risposta motoria, quindi, in tal caso non dipende dal cervello operativo, cioè di quella parte che mette in funzione i muscoli, ma la reazione positiva agli errori tecnico-tattici va ricercata nel cervello percettivo e cioè quelle strutture nervose che permettono all’atleta di osservare, percepire e di reagire all’ambiente.
Le esercitazioni proposte dal preparatore fisico devono essere scelte con accuratezza, affinchè l’atleta abbia l’opportunità di sviluppare tali capacità, così importanti per elevare il livello prestativo.
Alcuni allenamenti, per varie circostanze, spesso anche non collegate direttamente all’attività sportiva, non sono redditizi, proprio perchè durante le esercitazioni non sono creati, dal giocatore e dal tecnico, i presupposti affinchè siano attivati in maniera ottimale i processi percettivi.
Quest’ultima situazione risulta essere particolarmente grave se perdura nel tempo, in quanto il rendimento globale dell’atleta non può far altro che tendere ad abbassarsi notevolmente.

(Christina McHale – Foto Nizegorodcew)
Capacità senso-percettive e prestazione motoria: indicazioni per il preparatore
Il cervello può esprimere un concetto solo attraverso la motricità.
Possiamo affermare che tutte le forme espressive hanno un substrato neuro-motorio.
Per esprimere un bisogno, o genericamente per relazionare, il cervello attiva l’impiego dei muscoli specifici che determinano, di volta in volta, ad esempio, la fonazione, la grafia, il disegno, o una qualsiasi altra forma espressiva di motricità.
Possiamo perciò affermare che, analizzando il fenomeno dalla parte del Sistema Nervoso, è errato limitare l’aggettivazione motoria solo a quelle attività legate alla pratica dell’educazione fisica e dello sport.
Negli ultimi venti anni abbiamo assistito ad una trasformazione dei principi psico-pedagogici utilizzati per l’insegnamento.
Al contrario, per ciò che concerne l’attività motoria, questa evoluzione tarda a realizzarsi. ed Nell’uso comune, quando si desidera far acquisire ad un individuo una gestualità specifica (abilità tecnica), si tende a proporre a corollario dell’ esercitazione principale, una molteplicità di attività a carattere generalizzato ed aspecifico, con la speranza vana che ne favoriscano l’apprendimento.
Ciò può essere considerata una proposta lodevole se fatta a livello giovanile od in ambito scolastico, in quanto le molteplici e poco approfondite attività favoriscono un iniziale approccio al motorio, ma non sono sufficienti purtroppo a determinare quella fenomenologia complessa che è alla base della vera gestualità sportiva.
Tale comportamento degli operatori sportivi trova giustificazione nel fatto che così facendo si crede di fornire al Sistema Nervoso la possibilità di essere più plastico nel determinare una risposta motoria.
S’ignora in tal senso che per plasticità s’intende la predisposizione a poter apprendere una infinità di diversi insegnamenti specifici.
Essi diventeranno poi stabilmente riproducibili e, quindi, l’atleta acquisirà ricchezza di comportamento, solo attuando durante l’allenamento un ‘attività stereotipata, per ognuno degli apprendimenti che vuole realizzare.
Dobbiamo dire dunque che per imparare qualsiasi tipo di tecnica sono necessarie reiterate e specifiche esercitazioni.
Possiamo affermare quindi, che il sistema circolare, rappresentato dallo stretto rapporto funzionale fra corteccia, nuclei sottocorticali che gestiscono gli automatismi e la struttura periferica mio-osseo-articolare che permette effettivamente di perseguire un obiettivo, è alimentato, sorretto e sviluppato, solo dall’attività pratica utilizzata per realizzare l’obiettivo stesso.
Quest’ultima affermazione dovrebbe fare riflettere tutti quei tecnici che, durante la partita, pretendono un comportamento tecnico o tattico dai loro atleti, che essi spesso non possono fornire in quanto esso non è stato sufficientemente stabilizzato o addirittura mai sperimentato nel corso degli allenamenti.

(Mardy Fish – Foto Nizegorodcew)
Le capacità coordinative speciali: la capacità di anticipazione motoria
La capacità di decodificare in maniera rapida e precisa ogni situazione, prevederne un andamento e programmare un specifica reazione con un compito motorio sono gli elementi essenziali che definiscono la capacità di anticipazione motoria.
La capacità di anticipazione motoria: i compiti del preparatore fisico specifico
Per acquisire una specifica abilità è necessario che gli allenamenti complementari del preparatore fisico riproducano fedelmente le condizioni in cui l’atleta si trova nel corso della gara e nel corso dell’allenamento. Tale compito è di difficile realizzazione.
Il preparatore fisico specifico può progettare molte esercitazioni che si avvicinano al contesto di gara. Può inoltre creare temi di allenamento che possano stimolare, in forma generica, le capacità coordinative diversificate per le abilità da conseguire.
Il preparatore può proporre giochi sportivi variati, esercizi psicocinetici con l’impego della palla, partite a pallamano con regole restrittive, con campi piccoli e con squadre di componenti differenti, in superiorità o in inferiorità.
Il tecnico in campo, a giudizio di chi scrive, può lavorare in forma più mirata.
Gli allievi possono sperimentare partite, giocare doppi, praticare giochi con la racchetta a campi ridotti. Queste soluzioni possono risolvere in parte il problema specifico dell’addestramento delle capacità coordinative speciali.
A giudizio di chi scrive, la migliore forma di addestramento senso-percettivo, motorio, psicologico, condizionale è la gara.
L’allievo in quella situazione deve sapientemente mescolare elementi di strategia, capacità di lettura degli eventi, gesto tecnico, previsione e risultato dell’azione programmata, tensione emotiva e distribuzione dello sforzo.
Concludendo si può affermare che il modello della diversificazione delle capacità coordinative è puramente teorico. Si può tuttavia ritenere che certe esercitazioni siano mirate a stimolare prevalentemente alcune qualità relative alla destrezza.
Il modello del circuito chiuso di retroazione, con repentini cambi di programma, in relazione allo stimolo fornito, può spiegare alcune scelte nel campo dello sviluppo della motricità.
Il preparatore fisico può addestrare le capacità coordinative speciali in forma generalizzata.
L’allievo specializzato, che ha addestrato in forma ripetitiva e spontanea le abilità funzionali al gioco è un buon contenitore di gestualità specifica: è in grado di valutare il rimbalzo, percepisce i movimenti dell’avversario, è in grado di dosare sapientemente le forze, impiega i muscoli specifici e rilassa quelli non impiegati, padroneggia una corretta idea strategica funzionale alla realizzazione dell’azione.
Bibliografia
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2. Capanna R., Il recupero: l’altra faccia della medaglia, EDN Phromos, 1996, Perugia
3. Capanna R., Bignardi E. I muscoli al servizio di sua maestà il cervello – la resistenza e la forza. EDN Phromos, 2000, Perugia
4. Kendel R.E., Schwartz J.H., Principi di neuroscienze, Editrice ambrosiana, 1990, Milano
5. Tabachnik B., Brunner R. Adattamenti neuronali e metodi di allenamento della forza, S.d.s. Rivista di cultura sportiva, 2003, CONI, Roma.

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