Antalya: la “fabbrica” di tornei ITF dove il tempo si ferma


Antalya, Sharm El Sheikh, Hammamet. Sono loro le tre costanti (o quasi) del calendario ITF anche nel 2017. L’aumento dei Prize Money minimi da $10.000 a $15.000 non ha scoraggiato gli organizzatori di questi circuiti “non itineranti” che ormai da anni fanno dell’attività Futures il loro business; in particolare oggi ci occuperemo di Antalya, che di queste realtà è stata sicuramente l’apripista.
Il cambiamento imposto dall’ITF è stato duro da “digerire”, $10.000 da mettere sul piatto ogni settimana sono tanti, tantissimi considerato che in Turchia si gioca davvero per 50 settimane all’anno. Tuttavia, proprio nel caso di Antalya, gli stratagemmi trovati da parte degli organizzatori permettono comunque a questa “fabbrica di tornei” di continuare a sopravvivere e di farlo sempre in attivo almeno fino all’introduzione (se mai avverrà) dell’obbligo dell’ospitalità. Scopriamoli insieme.

  • Dal 9 gennaio 2017 i tabelloni principali iniziano il lunedì, pur terminando comunque la domenica. Primo e secondo turno sono divisi in 2 giorni, stile Grand Slam, ci si riposa di più ma si è “costretti” a pernottare una notte in più. E $60 moltiplicato per i 48 giocatori e giocatrici ammessi al main draw (senza considerare eventuali coach) fa già recuperare circa $3.000 a settimana all’organizzazione;
  • Sono stati praticamente azzerati i costi di manutenzione dei campi, completamente o quasi lasciati all’abbandono. I campi in cemento sono pieni di polvere, trasportata dal vento, le reti spesso necessitano di “rattoppi” improvvisati, e i campi in terra (in cui si svolge il torneo femminile al momento) ovviamente soffrono ancora di più. Basti pensare che nelle ultime tre settimane davvero poche volte si è iniziato in orario sulla terra a causa della superficie gelata per le temperature notturne (gettare del sale?);
  • Vengono organizzati eventi paralleli, come tornei Juniores, o campionati Universitari, ugualmente maschili e femminili, con quali a 64 e main draw a 32, che rendono letteralmente impossibile allenarsi ma che costituiscono solo una fonte di recupero/guadagno;
  • I prezzi della formula All Inclusive impercettibilmente, ma inesorabilmente, continuano ad aumentare, in 5 anni si è passati da 50€ a più di 60€ giornalieri (a mio avviso comunque accettabilissimi), stessa storia per i prezzi di tutti gli altri servizi quali la lavanderia, il trasferimento da/per l’aeroporto (il taxi è più conveniente), la “fisioterapia” (costituita dal cosiddetto “sport massage” da prenotare alla SPA).
  • Gli organizzatori sono stati costretti a trovare nuove strutture alberghiere che offrissero loro condizioni più vantaggiose, per cui dal 2017 la maggior parte dei tornei saranno svolti in una nuova location su terra battuta al posto del consueto cemento.

Insomma, per farla breve, i costi per i giocatori salgono, la qualità delle condizioni di gioco scende, tuttavia questo business si dimostra a suo modo inattaccabile.
Perché? La risposta a mio avviso è molto semplice. La qualità del servizio offerto dai tornei organizzati ad Antalya è indiscutibile. Si ha l’opportunità di pernottare in un hotel a 5 stelle, in formula All Inclusive, in stanze più che confortevoli, in una zona climaticamente abbastanza favorevole che permette quasi sempre (ma non è stato ad esempio il caso delle ultime settimane) di giocare outdoor senza patire particolarmente il freddo; si ha a disposizione una palestra (certo non la più attrezzata del mondo ma sicuramente un buono strumento per allenarsi fisicamente), si ha quasi la sicurezza di non doversi preoccupare del cibo, molto più ripetitivo che gustoso, ma certamente non “pericoloso”, ma soprattutto viene eliminato completamente, o quasi, il “problema” dell’adattamento.
Poco importa infatti che i campi non siano in buono stato, che le palle Dunlop Pro nessuno le abbia mai viste se non lì (più che palle sarebbe giusto chiamarle pietre), che il fisioterapista sia un massaggiatore della SPA scelto giornalmente a caso (generalmente anche con poca dimestichezza con la lingua inglese), che non si sia mai visto uno spettatore all’infuori di qualche sporadico turista curioso o che non esista nemmeno uno straccio di cerimonia di premiazione che faccia sentire i giocatori un minimo “protagonisti” di qualcosa; il fatto che le condizioni siano comunque costanti anche se non ottimali permette di ritrovare ogni volta, in quel luogo, le stesse sensazioni, conoscerle già, saperle “affrontare” e magari anche riuscire ad utilizzarle a proprio vantaggio. Questo basta, a tantissimi (me compreso) per scegliere di tornare, ogni anno, in un luogo che per certi versi è ormai per tanti una sorta di “seconda casa” dove le giornate scorrono, sempre uguali, in un’atmosfera che nella sua immutabilità trasmette un senso di immobilismo temporale ma che a suo modo sa anche regalare una rassicurante sicurezza che alla fine delle due, tre, quattro settimane, rientrando a casa, ti fa pensare ancora una volta “tornerò”.

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