di Sergio Pastena
Il mestiere di capitano di Coppa Davis può essere stupendo o ripugnante a seconda delle circostanze. In molti casi, infatti, al capitano è richiesta al massimo un po’ di abilità nel fare squadra e abbastanza cervello per non complicare scelte che in molti casi si fanno da sole. Almeno a volersi tenere stretto il posto.
Prendiamo Luthi l’anno scorso: a parte mandare in campo Federer e Wawrinka, cosa doveva fare? Non a caso la Davis l’ha vinta, ma la sensazione è che se avessero messo al suo posto la mucca della Milka il risultato non sarebbe cambiato. Poi, va da sè, può succedere che le scelte siano un po’ meno scontate e che Luthi, nel 2015, decida di mandare in campo un Lammer a scadenza nel primo singolare contro il Belgio, causando la fuga del suo miglior singolarista e lasciandosi dietro un Bossel per il punto decisivo. E qui la mucca della Milka forse avrebbe fatto anche meglio.
Perché è così: il capitano dà supporto morale, fa scelte ragionevoli, allunga le bottigliette d’acqua e prova a non incasinare le cose, requisito sufficiente per non dover mandare il curriculum ad Adecco. Insomma, direbbe Razzi che “Se fa li cazzi sua”. Quando prova ad inventare, il capitano, corre un rischio abnorme e per una volta che entra nella storia da eroe dieci volte ci entra da pirla. A maggior ragione, quindi, va detto senza mezzi termini che il signor Wally Masur ha le palle, e pure quadrate.
L’ex semifinalista di Australian Open e US Open, infatti, non aveva bisogno di chissà quale “art attack”: la vittoria in Repubblica Ceca del primo turno, seppur figlia di avversari a mezzo organico, valeva una stagione. E cosa puoi farci se ti ritrovi senza Tomic, mandi ovviamente in campo Kyrgios e Kokkinakis e i due sbarbatelli affondano sotto le esperte bordate del Kazakistan nel Day 1? Niente, puoi farci, se non mandare in campo il doppio più logico (Hewitt/Groth) e sperare che l’incostanza dei vent’anni giochi a tuo favore nell’ultima giornata.
Questo se non vuoi fare casini. E Masur, che in fondo sta facendo da traghettatore sulla panchina australiana, ne avrebbe ben donde: motivi per esporsi, zero.
Ma se hai le palle quadrate e di rischiare non ti interessa, allora ti limiti a constatare che Groth e Hewitt in doppio hanno giocato alla grande e rimpiazzi tutti e due i singolaristi: Groth contro Kukushkin, l’antico Hewitt contro Nedovyesov. Scelta di capitano, non di esecutore, visto che l’erede designato di Masur è proprio Hewitt e non ce lo vedrei Rusty a mandarsi in campo da solo. Fermi tutti, riflettiamo un attimo: c’è da andare ai matti, ragazzi. Groth e Hewitt. Il primo non ha mai giocato un singolare vero in Davis, il secondo comincia ad essere stanco al quinto set anche se sta giocando a Virtua Tennis. Se vuoi seguire il Razzi-pensiero non cambi una virgola e soprattutto non lasci fuori Kyrgios, uno che a vent’anni ha già due quarti Slam in saccoccia.
Groth il suo match lo gioca come se non ci fosse un domani: Kukushkin sul piano del gioco è favorito e il lungagnone di Narrandera si trova ad annullare palle break ogni set, mentre il Kuku sul suo servizio rischia quasi zero. Il kazako concederà due palle break totali, di cui una sola convertita da Groth: nel primo, lo stesso set in cui l’ex russo ne fallisce quattro perdendo il parziale. Storia simile nel secondo, con la variante del tie-break vinto a 6 da Groth: Kukushkin a quel punto è a 7 break point non convertiti e quando nel terzo, finalmente, toglie il servizio all’avversario, magari comincia timidamente a sperare. Ma il quarto set è una sentenza: Groth serve perfettamente e fa quello che deve fare, portando a casa un altro tie-break a 6 e il punto del due pari.
La parola al ragazzino, ora.
Guardi in campo Lleyton Hewitt e hai una sola certezza: quell’uomo, piuttosto che cedere un millimetro, in campo ci morirà. Ha sempre fatto così, come vuoi che non lo faccia nella sua ultima stagione? E poi, in fondo, a livello Slam non può dire la sua già da un bel po’, quindi l’ultima occasione che ha di fare la storia è qui in Davis. Qui ed ora. Tutto questo Lleyton Glynn Hewitt lo sa.
E allora neanche ti sorprendi a vederlo saltellare, rimbalzare i colpi avversari, scappare via 4-1 nel primo. Il problema è la durata: dall’altra parte hai un Nedovyesov specialista nello smontare favole, uno con la faccia, direbbe Scanzi, da KGB che manco Davydenko. E Nedovyesov recupera subito, risale, arriva al tie-break e prende subito un mini-break. Ma oggi è giornata di favole, si sente nell’aria: le rumorosissime trombette del drappello di tifosi kazaki tacciono per sette degli otto punti successivi. 1-0 Hewitt, che ad inizio secondo toglie subito il servizio a Nedovyesov e tiene il proprio annullando anche due palle break.
Wally Masur in panchina sorride, il suo omologo Dias Doskarayev, comparsa precipitata per caso sul palco del Metropolitan, dall’alto dei suoi 31 anni (stando a tutti i siti ufficiali) portati in maniera oscena osserva, determinante come Romulo nello scudetto della Juve. Mica vorran qualcosa da lui, che invece di due semifinali Slam ha in palmares due match a livello Challenger? Evidentemente no, ma per non rischiare il kazako si trincera dietro due occhiali con lente arancione fuoco perfettamente intonati alla divisa dei kazaki, di un grigioarancio immotivato. Sorry, regà: non vedevo niente.
Intanto Hewitt è volato via 5-2 e servizio e sembra un ragazzino: fino a quel momento ha prodotto un vincente in più di Nedovyesov ma fatto la metà di errori non forzati, un marchio di fabbrica. Adrenalina a fiumi da un lato, frustrazione a carrettate dall’altro.
Non c’è spazio per i fuori programma, stavolta: tutti hanno capito chi sono i buoni e chi i cattivi (metaforicamente, s’intende). Il counter dell’inutilissimo Tweet contest del sito della Davis si assesta su un pauroso 99-1 per gli australiani mentre Hewitt sale 40-0 sul servizio di Nedovyesov in apertura di terzo: la terza palla break è quella buona, il kazako mette in corridoio e dopo Lleyton non trema più Errori forzati nel terzo set: 4 contro 17, Hewitt in battuta lascia 3 punti su 19. Chiude 6-3, sul servizio dell’avversario. Un altro passo verso la storia è fatto.
Salvo che la Francia non rimonti la Gran Bretagna, per l’Australia da qui in poi ci saran solo trasferte. Ma la storia non la fai con le cose facili e comunque quest’anno in giro non sembrano esserci chissà quali corazzate.
Vedi mai che…
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