La rivelazione del torneo di Sanremo è senza dubbio Francesco Passaro. Dopo aver superato le qualificazioni, il perugino classe 2001 ha sfatato il tabù del tabellone principale vincendo la prima partita della sua carriera nel main draw di un Challenger e non solo. L’umbro si è reso protagonista di una cavalcata entusiasmante e ha staccato il pass per la semifinale, traguardo raggiunto in precedenza solo a livello ITF. Una settimana importante per Passaro, che dopo aver sprecato qualche chance riesce finalmente a dimostrare (innanzitutto a se stesso) di avere tutte le carte in regola per scalare rapidamente la classifica ATP emulando le imprese di alcuni suoi amici e coetanei.
E a tal proposito, sapete qual è l’aspetto che fa più riflettere? Che se al posto di Passaro ci fosse stato un altro dei giovani azzurri in cerca di gloria nel circuito Challenger, ci sarebbe stato poco da stupirsi.
Ci sarebbe stato poco da stupirsi se al suo posto ci fosse stato Matteo Arnaldi, che dopo un brutto inizio di stagione sta cominciando a trovare continuità e a combattere partite che sino a qualche mese fa non sarebbe stato in grado di “tenere”. Ci sarebbe stato poco da stupirsi se al suo posto ci fosse stato Edoardo Lavagno, che oramai arriva in fondo ai $15.000 con la proverbiale “pipa in bocca” e sembra pronto a dire la sua nei Challenger. Ci sarebbe stato poco da stupirsi anche se al suo posto ci fosse stato Francesco Forti, che nel 2021 ha condiviso una piccola soddisfazione con Alexander Zverev, Botic van de Zandschulp, Borna Gojo e Novak Djokovic: aver battuto Tallon Griekspoor prima che l’olandese iniziasse la spaventosa serie di vittorie consecutive che gli ha permesso di entrare nella storia come primo tennista di sempre ad aver vinto 8 Challenger in un anno.
Stesso discorso per Giulio Zeppieri, Luciano Darderi e Franco Agamenone (già tre realtà del circuito), possibile futuro discorso per l’elegante Luca Potenza, il gigantesco Samuel Vincent Ruggeri, lo scintillante Matteo Gigante, l’acuto Federico Arnaboldi, il promettente Gianmarco Ferrari e tanti altri. Perché la verità è che la generazione rappresentata dai fenomeni Jannik Sinner e Lorenzo Musetti (e Luca Nardi, che molti considerando qualitativamente simile agli ultimi due citati), e che ha scelto come portabandiera quel Flavio Cobolli pronto a lasciare la terra di mezzo, affonda le sue radici nella copresenza di fattori che hanno generato un boom senza precedenti del tennis italiano maschile.
I nostri ragazzi dominano perché hanno tantissime possibilità di fare esperienza in particolare proprio nei Challenger, di cui l’Italia è diventata centro propulsore come risultati e come bacino di tornei. E quindi di confrontarsi, battersi tra loro e con i giocatori degli altri Paesi più o meno ogni settimana della stagione. Si è creato un clima di cooperazione e di collaborazione tale che la comprensibile invidia che pervade lo sport agonistico, soprattutto quello individuale, è stata superata dalla voglia di crescere l’uno al fianco dell’altro, sia tra atleti sia tra coach (la maggior parte dei quali giovani e ancora “freschi” nei ricordi e nelle sensazioni di campo). E poi, è normale, è anche una questione di cicli. Le ragazze hanno portato in alto il tricolore nel mondo a inizio millennio, adesso tocca agli uomini.
E se allargassimo l’analisi ai giovanotti ancora fortunati a potersi sfidare solo tra loro nelle categorie giovanili, potrebbero emergere i capitolini nomi di Daniele Minighini, Niccolò Ciavarella e Giammarco Gandolfi, oppure potremmo scendere fino al sole della Sicilia, dove papà Francesco annaffia giorno per giorno “Pallicina”, il piccolo Federico Cinà che ha voglia di diventare grande in fretta. Ma in fondo, a noi, che ci importa di aver fretta se il presente brilla di luce propria?
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