di Sergio Pastena
Non tutte le cose sono semplici, sia nella vita che nel tifo. Ad esempio è facilissimo tifare per uno come Malisse: mano fatata, talento ineccepibile, abbastanza indolente, uno che dietro una faccia da spacciatore del Bronx nasconde un’eleganza assurda. Potrebbe mai essere antipatico? Anche tifare Federer è semplice… a molti non va giù perchè ha vinto troppo e non è un mostro di carisma, ma trovatemi qualcuno capace di dire che gioca male. Nadal, invece, è meno bello da vedere ma il suo tifoso può contare su una bacheca dei trofei in grado di mettere a tacere chiunque. Per altri è più complessa la storia: ad esempio mi fanno tenerezza i tifosi di Isner, che son sempre lì con l’atteggiamento di chi quasi deve giustificare la propria scelta (e in effetti, a parte il gusto brutale e molto “ammeregano” per la randellata non vedo motivi validi per sostenerlo). Eppure di Isner puoi dire che è simpatico, un bravo ragazzo che lavora seriamente. Ecco, con queste premesse potrete capire le difficoltà che ho quando dico ad altri appassionati che tifo per Wawrinka ed in risposta ricevo sguardi della serie “Era meglio se mi confessavi un omicidio”.
Il personaggio in questione non è semplice, anche perché effettivamente antipatico. Non si tratta però di un’antipatia alla Soderling o, peggio ancora, alla Koellerer, due bad boy (il primo sempre meno) ai limiti della psicosi ma che quanto meno fanno spettacolo. Non è neanche un’antipatia alla Stepanek, stile “sto-perdendo-con-Horna- quindi-rifaccio-il-grip-alla-racchetta”. Wawrinka non è che stia sempre lì a fare cose insopportabili, ma quando le fa sono particolarmente odiose: ad esempio, giocando contro quel pezzo di pane di Cipolla agli Us Open, riuscì a trattarlo malissimo, a fare la caricatura sul fatto che il povero Flavio fosse in preda ai crampi, insomma roba da prenderlo a vangate in faccia. Oppure, di recente, il caro Stan ha lasciato moglie e figlia appena nata perché vuole pensare solo al tennis, attirando l’antipatia e lo sdegno generale.
Eppure ho sempre tifato per Wawrinka. All’inizio era una questione di pancia: era il 2005 e questo svizzero saliva alla ribalta facendo finale a Gstaad contro Gaudio. Un po’ mi piaceva il nome, quasi un urlo di battaglia vichingo, un po’ mi faceva tenerezza la storia dello “svizzero sfigato” da contrapporre a sua maestà. Per inciso, non l’avevo mai visto giocare. Poi lo vedo e scopro che ha uno dei rovesci migliori del circuito: una mano, gesto pulito, autentiche saette. Lo seguo nel corso degli anni e vedo che, oltre a riuscire a stare sui maroni un po’ a tutti, ha una vena da perdente di lusso: fino al 2010 toppa sei finali e l’unica che vince, ad Umago, è per il ritiro di Djokovic. Dopo Roma 2008 entra nella Top Ten salvo uscirne dopo pochi mesi, però si mantiene intorno alla ventesima posizione o giù di lì. E poi… poi capita che Stanislas vinca un titolo a Casablanca e che poco dopo nomini coach Peter Lundgren: da quel momento si trasforma. Migliora a livello tecnico (il diritto è più consistente e il servizio maggiormente esplosivo), fisico (più asciutto) e mentale (più freddo). Il 2011 comincia con la vittoria a Chennai, poi si presenta agli Australian Open e arriva direttamente ai quarti senza perdere un set. Oggi ha devastato Roddick dandogli una lezione di tennis da ricordare, spedendogli rovesci vincenti da ogni zona del campo, rimettendo sistematicamente in campo i suoi attacchi di diritto.
Sicuramente non diventerà di colpo simpatico, perché non lo è: non vuole essere antipatico, gli riesce naturale. Tuttavia… da oggi tifare Wawrinka sarà un po’ più facile.
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