Todi, 1 luglio 2013 – “Non è un giocatore, è un artista della racchetta”. La definizione migliore per Adelchi Virgili, 23enne toscano dal talento smisurato, la dà il suo coach Fabrizio Fanucci.
È lui il vero protagonista della giornata agli Internazionali dell’Umbria. Adelchi è rimasto in campo complessivamente per 4 ore e 57 minuti e alla fine si è qualificato battendo prima il numero 1 delle qualificazioni Norbert Gombos (7-5 6-7 6-4), poi l’argentino Guillermo Duran per 6-7 6-4 6-4.
“Lo seguo da una settimana – continua l’allenatore che lavora anche con Volandri e Starace – ma lo conosco da tanto tempo. Va incanalato nei binari giusti, ma il suo valore assoluto è immenso, non ho mai visto nulla del genere in carriera”. Sa fare tutto, Adelchi, che in Umbria ricordano già una dozzina d’anni fa, quando a Foligno riuscì a battere un seconda categoria. Aveva solo undici anni all’epoca, ma si vedevano bene le stesse caratteristiche che ha mantenuto anche oggi: estro, fantasia e una rapidità di esecuzione incredibile, degna delle zone alte del ranking mondiale. Invece è numero 1824 Atp, con un best ranking che fa segnare il numero 863. Nulla, in confronto a un talento che meriterebbe almeno i top 100. La risposta all’interrogativo “Cosa è successo in questi ultimi dieci anni?” la fornisce il diretto interessato. “Non sono ancora arrivato dove potrei – spiega Adelchi – perché la vita è difficile da gestire, e quando arrivano intoppi gravi in età giovanile, recuperare terreno è difficile”. L’intoppo in questo caso si chiama schiena. Fin dai 14 anni, quando si allenava con Riccardo Piatti, Virgili ha avuto seri problemi, tanto da doversi fermare. “Per due-tre anni è stato un calvario, poi piano piano ho cercato di recuperare, ma il percorso è lungo e complicato. Ora convivo con un po’ di dolore, ma il peggio è passato. Se ci credo ancora? Certo, altrimenti non sarei qui a fare tutti i sacrifici che sto facendo”. Nella partita di secondo turno delle qualificazioni, vinta con lo slovacco Norbert Gombos, numero 288 al mondo, c’è stato tutto il mondo di Virgili. Giochi dominati, servizi vincenti, diritti e rovesci fulminanti, palle corte imprendibili giocate con una naturalezza disarmante. Ma anche sette match-point mancati, alcuni per troppa fretta. “O perché – sottolinea lui – avendo troppe scelte a disposizione, spesso mi perdo al momento di decidere”. “Poteva finire prima – chiude Fanucci – ma è stato bravo. Portarlo in alto è una bella scommessa, forse la più grande della mia carriera”.
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