di Alessandro Mastroluca
Tre tiebreak. Attacco contro difesa. Ferrer che a Doha batte Karlovic, secondo per numero di ace all time. Raonic che a Brisbane riscatta le sconfitte di Tokyo e New York contro Nishikori, con 34 ace ma solo due punti in più, 120 a 118. Due opposti che si attraggono, separati solo dall’invenzione di Van Halen, peraltro scomparso due giorni prima che Stich battesse Edberg 46 76 76 76 a Wimbledon pur avendo completato l’unico break del match.
“Non capita spesso di non perdere mai la battuta eppure di perdere il match” diceva Becker, che avrebbe poi perso da Stich la finale. “Ma è la semifinale di Wimbledon e capitano cose strane”. Capita di vedere Edberg cedere 10 punti al servizio per un set e mezzo, ma commettere due doppi falli nel primo tiebreak e sbagliare la più facile delle volée nel punto forse più importante del match, sul set point che ha chiuso il terzo parziale.
È curioso come il tiebreak, o “sudden death” come veniva inizialmente chiamato all’inizio degli anni ’70, l’invenzione che ha rivoluzionato il gioco, non ha raggiunto i due obiettivi che l’inventore James Henry Van Halen si era dato. Tra il 1955 e il 1956 brevetta un ingegnoso sistema di punteggio, vicino a quello del ping pong, da 21 punti con alternanza di servizi ogni cinque e senza seconde palle. Il VASSS (Van Alen Streamlined Scoring System), introdotto agli US Championships del 1955 e 1956, nasce per arginare il dominio al servizio di Pancho Gonzales, che però continua. E il primigenio sistema Van Halen viene subito abbandonato.
C’è sempre Pancho Gonzales all’origine del suo ritorno. Nel 1969, Van Halen pensa a un tie-break prima da nove punti totali (vince chi arriva a 5), poi trasformato nella versione attuale, dopo la rimonta a Wimbledon del 41enne, futuro primo coach di Connors, su Charlie Pasarell 22-14 1-6 16-14 6-3 11-9 nel 1969. Pensa di ridurre la durata dei match, dopo aver assistito a quella che allora era la partita più lunga nella storia del torneo. Isner e Mahut si incaricheranno di dimostrare che untiebreak non interrompe un’emozione.
Ma il tiebreak è ormai la regola, e proprio a Wimbledon diventa storia. Bastano 22 minuti, i 22 minuti più incredibili nella storia del tennis. I 34 punti che permettono a Borg di cambiare il suo destino nella finale di Wimbledon 1981: quel 18-16 segna la sua ultima doppietta Roland Garros-Wimbledon e la sua ultima vittoria su Supermac.
È a New York, però, che si rivela tutta l’anima della “sudden death”. New York che l’ha adottata subito, dal 1970, da giocare sul 6-6 con l’arbitro che il primo anno alzava una bandierina rossa per segnalare la novità al pubblico, New York che resta l’unico Slam a consentire il tie-break anche nel set decisivo. New York, che ha vissuto e regalato il più iconico dei 34 duelli tra Agassi e Sampras, completato un quarto d’ora dopo un quarto d’ora dopo la mezzanotte del 6 settembre 2001, cinque giorni prima dell’attacco alle Torri Gemelle.
“Più li guardi” scriveva Peter De Jonge sul New York Times il 27 agosto 1995, “più capisci quanto hanno in comune. Agassi e Sampras sono uno lo specchio dell’altro. Il loro gioco, le loro menti, si completano: forza per forza, debolezza per debolezza, con perfetta simmetria. Sampras ha il miglior servizio, Agassi la migliore risposta. Agassi il più devastante rovescio lungolinea, Sampras il miglior dritto in corsa. Agassi il più efficace lob in topspin, Sampras lo smash esplosivo. Le qualità di Agassi sono eccentriche, non intrinsecamente atletiche, basate sulla capacità di vedere la palla e di reagire con un’accuratezza e un velocità inarrivabili. In uno scambio da fondo, Agassi usa le mani per fare quegli aggiustamenti che altri fanno con i piedi. (…) Tutto nel gioco di Agassi è stretto, compresso. Colpisce a mezzo metro dal busto, è un crimine contron natura. Non si allunga mai, (…) anche il suo sorriso è tirato. Al contrario, Sampras è il giocatore più pulito, più fluido, con una forza tremenda nelle cosce e nelle caviglie. È un atleta puro. Gioca. La più grande differenza tra i due, tuttavia, può stare in questo: Sampras opera dall’alto di una convinzione incrollabile, quella di non aver ancora trovato qualcuno in grado di batterlo quando gioca bene, mentre Agassi sembra essere motivato, con la stessa efficacia, da sentimenti inestirpabili di insicurezza”.
Sampras è il bravo ragazzo che serve con la lingua di fuori, si presenta in completo bianco. Andre Agassi, un tempo biondo quasi come Gesù (toupé or not toupé, questo è il problema), l’anima torbida del tennis a stelle e strisce, passato attraverso esagerazioni, legami tribolati e per la “redenzione” insita nell’essere diventato il signor Graf, in completo nero.
È una rivalità epica, che si nutre di tiebreak epici. Agassi ne ha vinto uno, nel quarto set della semifinale dell’Australian Open un anno prima. Era la seconda volta che Agassi e Sampras arrivavano al quinto set. Andre, che ha perso il tiebreak del terzo 7-0, è spalle al muro,sotto 5-4 nel tiebreak del quarto, ma si salva con due servizi vincenti e un passante di dritto. Tiene poi il servizio nel primo gioco del quinto set. Nel primo punto del secondo game, Sampras cerca l’ace centrale ma si ritrova la palla tra i piedi dopo la risposta, prova la volée incrociata cui Agassi ribatte d’istinto e, dopo il passante incrociato di Sampras, chiude con la voléè in tuffo. Il pubblico impazzisce. Il match si decide qui. Sampras affossa un colpo non impossibile e sul 15-30 si lamenta perché Agassi ha salutato ad alta voce Brad Gilbert, seduto accanto a Steffi Graf. Agassi, ancora col dritto, completa l’unico break di cui ha bisogno: vince 64 36 67 76 61. Sampras perde per la prima volta in Australia al quinto set. Agassi si avvia a vincere il torneo contro Kafelnikov.
Ma sono i tiebreak di New York a trasformare la rivalità in leggenda. Tre ore e 32 di puro spettacolo, scandito dalla standing ovation dei 23.033 spettatori sull’Arthur Ashe all’inizio dell’ultimo tiebreak che quasi commuove Pete Sampras. Un match in cui nessuno ha mai perso il servizio, in cui ci sono state solo nove palle break (polarizzate nel primo e nel quarto set). Sampras chiude con 25 aces, il 70% dei punti con la prima e 170 discese a rete. Agassi è strepitoso, gioca un match fatto di risposte e anticipi impossibili eppure commette solo 19 errori gratuiti, con 55 vincenti. Ma non basta. Perde per la seconda volta in carriera a Flushing Meadows dopo aver vinto il primo set (la prima in semifinale contro Lendl nel 1988).
“È raro che nel tennis due giochino al meglio allo stesso tempo” ha spiegato Sampras a Steve Flink per il suo libro The Greatest Tennis Matches of all time. “Io facevo quello che mi riusciva meglio, ma Andre non sbagliava mai, era mentalmente eccezionale. Due grandi giocatori hanno dato il meglio quella sera e ne è venuta fuori una delle partite più incredibili cui io abbia preso parte”.
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